Antimafia Duemila – L’editoriale di Roberto Morrione.
di Roberto Morrione – 6 aprile 2009
Il segno lasciato dalle “giornate della memoria e dell’impegno” è profondo, ma proprio per questo impone ora di capire bene quale sia la reale situazione del Paese, quali le difficoltà da superare per dare una risposta concreta alle indimenticabili manifestazioni a Casal di Principe e a Napoli.Abbiamo intanto la certezza che le decine e decine di migliaia di giovani accorsi da tutt’Italia continueranno idealmente a marciare, ciascuno sui suoi sentieri, dietro le proprie organizzazioni, nella scuola o nella vita civile, con la partecipazione alla quale sono stati chiamati dai nomi scolpiti nella memoria delle vittime delle mafie. Obiettivo di fondo è estendere questa responsabilità, facendola calare nei comportamenti di ciascuno, nei modelli di vita sociale, nel lavoro, nei rapporti con le istituzioni come con i propri concittadini, rispettando piccole e grandi regole, creando nei territori dal Sud al Nord un presidio dei diritti, spezzando le cortine di omertà, di indifferenza, di individualismo, che su questi temi avvolgono ancora gran parte dell’opinione pubblica. Libera cerca di tracciare il percorso coniugandolo con le innumerevoli iniziative di tutti i settori di lavoro, moltiplicando la presenza organizzata, cercando di creare un’alternativa di cultura e di mentalità prima che di osservanza delle leggi.
Occorre però la consapevolezza almeno degli ostacoli più gravi , che stanno crescendo ogni giorno. Innanzi tutto la vocazione inguaribilmente plebiscitaria e populista che anima il premier e che ha segnato la nascita della nuova Casa della Libertà, con un reiterato richiamo alla necessità di un potere discrezionale, ciò che significa l’assedio alla Costituzione e alla divisione dei poteri che è alla base della democrazia parlamentare. E’ evidente che questo sradicherebbe quei diritti di eguaglianza, innanzi tutto di fronte alla legge, senza i quali sarebbe vano ogni tentativo di sconfiggere un sistema criminale denso di complicità che ha proprio nel corretto funzionamento del Parlamento e del potere giudiziario gli avversari da battere. Difendere a ogni costo l’assetto della Costituzione significa dunque per la società civile e responsabile la sopravvivenza stessa della propria ragion d’essere. Non possiamo non notare del resto che nei tre giorni del congresso fondativo del partito voluto da Berlusconi, fra tanti generici proclami di riforme “prossime venture”, non è mai stata pronunciata la parola mafia. In questa sede non spetta a noi entrare nel merito di come e perché il governo stia trattando ( o meglio non trattando) la gravissima crisi economica e occupazionale, con i suoi infiniti risvolti di drammi umani, familiari e sociali, ma non possiamo sottacere alcune vistose contraddizioni che influiscono direttamente sul quadro dei movimenti antimafia. Innanzi tutto sul problema della sicurezza, che ha riempito di sé prima la vittoriosa campagna elettorale della destra e poi si è trasferito in una serie di atti di governo che hanno alla base quella che i sociologi chiamano “la creazione del nemico”, identificato non solo con l’immigrato cosiddetto “clandestino”, con un’orribile luogo comune che ispira di per sé ostilità e che andrebbe bandito dal vocabolario dei media, ma via via con i cosiddetti “diversi”, dai gay agli stranieri, con particolare preferenza per i rumeni.
Dalla straripante cronaca nera sui delitti, mai peraltro trattataa in modo ragionevole su TG e giornali, si è passati alle vicende degli stupri, con l’assenza di ogni seria analisi statistica, ad esempio su quanto accade fra le italianissime mura domestiche e in generale nei confronti della donna, italiana o straniera che sia. E da questa creazione del nemico sono fioriti in modo esponenziale, mai però denunciato seriamente dai media, episodi dal forte sapore razzista e xenofobo, così da suscitare invano anche l’allarme dell’Europa. Dalla creazione di una rete di detenzione e di espulsione degli immigrati, dal sapore odioso mentre a centinaia e forse a migliaia muoiono annegati nel loro tragico viaggio verso Occidente, alla grottesca presenza di pochi sprovveduti militari nelle strade, alle ronde cittadine figlie di una sub-cultura padana, ma spesso fatte proprie anche da illuminate amministrazioni progressiste, è la propaganda, l’immagine, il falso valore del decisionismo che ha sostituito il ragionamento, il contesto, la scala naturale dei problemi. Paura e disinformazione sono andati a braccetto e il vero, durissimo nemico della democrazia e dello sviluppo, le mafie che riemergono ovunque nell’economia legale, vedi caso, continuano a restare fuori dall’agenda delle priorità nazionali. Quanti brindisi devono avvenire nelle case e nei rifugi segreti dei clan e dei loro amici insospettabili e potenti, al vedere le forze di polizia umiliate, le loro auto ferme, le risorse necessarie alle investigazioni prosciugate, così come avviene del resto per tante procure di prima linea soprattutto nelle regioni dominate dalle mafie, dove mancano i pubblici ministeri, dove giovani magistrati non vogliono più andare. In attesa peraltro di quella riforma della Giustizia e di quel disegno di legge sulle intercettazioni che minacciano di mettere definitivamente il bavaglio al contrasto preventivo contro il crimine, come alla libertà di stampa e al diritto dei cittadini di essere informati su vicende che coinvolgono il Paese e i loro diritti. Ed è ancora l’informazione che, in questa drammatica deriva civile, porta pesanti responsabilità, pur nella certezza di dover pagare presto prezzi pesanti. Ce lo ha ricordato Roberto Saviano, nel magistrale programma di Fazio su Rai 3, una lezione di giornalismo, oltrechè una testimonianza vera e dura che ha parlato alle coscienze prima ancora che alla ragione. Molti, ma certo meno di quanto quella serata avrebbe meritato, hanno rilevato che una televisione diversa è dunque possibile e che la Rai, nonostante la palude in cui è immersa dai condizionamenti politici e da una legge perversa, sarebbe in grado di garantire questa presa diretta sulla realtà. E’ anche questo un obiettivo concreto e possibile, nonostante tutto. Cerchiamo di non dimenticarcene.