Archivi del giorno: 24 aprile 2009

Blog di Beppe Grillo – Parlamento Europeo – Loretta Napoleoni

Blog di Beppe Grillo – Parlamento Europeo – Loretta Napoleoni.

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Financial Fools’ Day

Senza la cocaina il PIL di molti Paesi occidentali crollerebbe. La criminalità organizzata investe centinaia di miliardi di guadagni della coca all’anno in immobili, titoli, aziende. La coca tira l’economia, ma anche l’economia tira la coca. La mancanza di liquidità non riguarda i capitali mafiosi che possono fare shopping mondiale a basso prezzo grazie alla crisi. Chi controlla il capitale controlla la società. Ma chi controlla il controllore del capitale? Loretta Napoleoni esperta di sistemi finanziari e di terrorismo è intervenuta con me a Bruxelles al Parlamento Europeo il primo aprile scorso.
“Se fino adesso vi siete depressi, dopo il mio discorso sarete proprio a terra, lo dico subito!
Oggi è una giornata particolare perché a Londra, dove ci sono stati degli scontri tutto il giorno da parte del movimento contro il capitalismo e in particolare nella City di Londra, dove gran parte degli sconti che avete sentito hanno avuto ampio svolgimento, è stato chiamato il Financial Fools’ Day che sarebbe il pesce d’aprile finanziario.

Credo che questa sia una descrizione abbastanza divertente per descrivere la rabbia e la disperazione della gente nei confronti di una crisi economica creata dalle banche, non solamente dalle banche italiane, purtroppo, ma anche le banche mondiali, di fronte a una crisi epocale, in cui prima di tutto non si sa cosa fare, si incontrano domani questi del G20 con la speranza che risolveranno in quelle poche ore in cui si incontreranno e si faranno molte foto, risolveranno i problemi del mondo, tutto sicuramente non succederà e queste manifestazioni a Londra in un certo senso ci dicono che la gente è stanca di tutte storie e quindi non ci crede più.
Di professione faccio l’economista e vi dico che non è un bel momento per la mia professione, molti si aspettano che quando faccio questi discorsi, tiro fuori il turbante e la sfera di cristallo perché ormai il sinonimo dell’economia è la chiromanzia, questa è la situazione. Quindi oggi ho pensato, invece di parlarvi del futuro di raccontarvi una storia del passato, perché secondo me la storia è in un certo senso la nostra guida e noi molto spesso ce la dimentichiamo, infatti abbiamo completamente perso la memoria storica.
Voglio raccontare il fenomeno di interdipendenze economiche, come una legislazione introdotta in un paese, in particolare parliamo del Patriot Act, una legislazione per bloccare il finanziamento del terrorismo, in realtà poi ha creato una situazione tremenda, deleteria in un altro paese e qui parliamo dell’Europa, come questa legislazione ha trasformato l’Europa nella lavanderia del denaro sporco del mondo e tutto questo è avvenuto dall’11 settembre fino a oggi, sotto i nostri occhi e noi non ce ne siamo neanche resi conto.
Cominciamo questo racconto dalla cosiddetta deregulation di cui domani parleranno i grandi del mondo nella speranza di ridurre i danni causati dalla deregulation e gran parte delle storie che avete sentito fino adesso sulle banche, sono legati proprio alla deregulation, all’assenza di legislazioni e all’introduzione di un grande livello di libertà nelle mani delle banche, senza nessun controllo da parte dello Stato.
Cosa succede con la deregulation? Praticamente c’è l’abbattimento delle barriere finanziarie, c’è l’abbattimento anche delle legislazioni finanziarie, dei controlli tra un paese e l’altro e chi ne ha approfittato? In realtà ne ha approfittato il crimine organizzato, ma anche l’economia illegale e i gruppi armati.
Dall’inizio degli anni 90, fino al 2001 si forma quindi un nuovo sistema economico, dove confluiscono gli interessi di queste categorie, il che vuole dire che si formano joint venture, la relazione che esisteva tra le FARC colombiane e i narcotrafficanti, si formano anche delle associazioni tra vari gruppi armati e i gruppi criminali per usufruire di alcuni canali finanziari, attraverso i quali si ricicla il denaro sporco.
L’ammontare totale, il fatturato, il Pil, la produzione monetaria di questo sistema economico, ammontava prima dell’11 settembre a 1.500 miliardi di dollari il che vuole dire circa il 5% dell’economia mondiale, questo era quasi tutto in dollari, un 90% di questa produzione monetaria era in dollari, la denominazione preferita era il dollaro, il biglietto da 100 dollari. Gran parte di questo flusso di denaro sporco veniva riciclato negli Stati Uniti e quindi in dollari attraverso i paradisi fiscali delle isole dei Caraibi.
In realtà questo riciclaggio era benefico per l’economia americana, equivaleva a una iniezione di contante e questo lo scopriamo analizzando i dati della domanda e dell’offerta di moneta americana. Dalla metà degli anni 60, fino al 2001 una quantità crescente della nuova moneta, quella che viene stampata ogni anno dalla riserva federale, usciva dal circuito nazionale illegalmente, questi erano soldi che uscivano nelle valigette oppure nelle scatole di cartone portate via, facendo finta che fossero scatole necessarie per traslochi etc., quindi illegalmente e questi soldi andavano a soddisfare la domanda di moneta prodotta dall’economia criminale, ma anche dall’economia terrorista e dalla varia economia illegale.
Nel 2001 2/3 della nuova offerta di moneta americana, quindi dei soldi stampati nel 2001 è uscito dagli Stati Uniti in questo modo, ammontava a 500 miliardi di dollari l’offerta di moneta, il che vuole dire che la crescita monetaria degli Stati Uniti era più bassa, quindi la domanda di moneta dell’economia americana, di quella che proveniva invece da fuori e era sostenuta dal mondo del crimine, dal mondo del terrore e dall’economia illegale, ma c’è un altro aspetto molto interessante di questa interrelazione e è il fatto che il dollaro è la riserva monetaria mondiale, il che vuole dire che il tesoro americano può prendere in prestito soldi contro l’ammontare totale di dollari nel mondo, quindi l’indebitamento americano è pari a quanti dollari ci sono in giro per il mondo.

Il Patriot Act e il riciclaggio di denaro

E’ chiaro che se l’economia criminale domanda ogni anno una quantità crescente di dollari, gli Stati Uniti possono indebitarsi sempre di più, questo è valido solamente per gli Stati Uniti, perché fa parte del cosiddetto “signoraggio”.
In Europa tutto questo non succede, per esempio la Banca centrale europea non può emettere obbligazioni per un ammontare superiore alla quantità di Euro in circolazione nei paesi dell’Unione, anche se magari una quantità enorme di Euro è in circolazione negli Stati Uniti o addirittura in Asia o in Africa etc., quindi gli Stati Uniti sono in una posizione ideale, lo erano anzi in una posizione ideale fino all’11 settembre, perché questo? Perché la situazione cambia radicalmente l’11 settembre.
Viene introdotto il Patriot Act, quest’ultima è una legislazione antiterrorista, voi chiaramente lo conoscete benissimo, viene prodotta nell’ottobre 2001 e entra in vigore nel novembre 2001, la sezione finanziaria del Patriot Act è quella del ci interessa, il Patriot Act aveva come obiettivo la riduzione del finanziamento del terrorismo, ma questo obiettivo chiaramente non è stato raggiunto, perché in realtà è una legislazione contro il riciclaggio del denaro sporco e vediamo perché, ci sono due elementi fondamentali nel Patriot Act: 1) viene proibito alle banche americane, straniere che sono registrate negli Stati Uniti di avere qualsiasi tipo di relazione commerciale con le banche dei paradisi fiscali, quindi si chiude la porta di accesso, ma anche quella porta di uscita del denaro sporco e del denaro riciclato che erano i paradisi fiscali dei Caraibi.
L’altro elemento interessante è che si dà alle autorità monetarie la possibilità di monitorare tutte quante le transazioni di dollari nel mondo e se una banca americana, una banca che è straniera e che opera negli Stati Uniti non le allerta di transazioni sospette, questa banca viene punita penalmente e sappiamo di storie interessantissimi nella “Lloyds Bank” è l’ultima che è stata punita e che ha dovuto pagare un ingente quantità di denaro, ma anche la USB etc., quindi cosa succede? Succede che il Patriot Act viene introdotto solamente negli Stati Uniti, si riferisce solamente a un dollaro e rivoluzione completamente i flussi monetari dell’economia legale e dell’economia illegale.
Guardiamo prima i flussi legali, chiaramente alle banche internazionali questa legislazione non è piaciuta perché nessuno vuole che nel 2001 le Patriot Act di un paese vadano a vedere cosa succede tra la banca e il cliente, come abbiamo sentito poco fa, quindi cosa succede? Succede che le banche internazionali decidono di consigliare ai loro investitori, ai loro clienti di abbandonare l’area del dollaro e di muoversi verso l’Euro. L’Euro è la nuova moneta europea, è da poco che è in circolazione, offre grossissime opportunità ma soprattutto in Europa non esiste una legislazione simile al Patriot Act, in Europa ci sono i paradisi fiscali che funzionano benissimo, nessuno controlla nulla e quindi ecco che abbiamo questo flusso di uscita dal dollaro verso l’Euro e è molto interessante studiare la correlazione tra l’introduzione del Patriot Act, l’inizio della caduta del dollaro e l’inizio della rivalutazione dell’Euro e c’è un gruppo di economisti nell’OECD che ha fatto una ricerca e ha messo in correlazione tutti questi vari dati e praticamente la verità è questa, che l’inizio dell’era dell’Euro coincide con la fine dell’era del dollaro, ma questo non si riferisce solamente ai flussi legali, un elemento importantissimo nella rivalutazione dell’Euro è l’economia criminale, infatti il mondo del crimine si trova in una situazione abbastanza complessa, nel senso: cosa fare? Non si può più riciclare negli Stati Uniti, diventa difficilissimo riportare il denaro in patria perché in realtà il problema del riciclaggio non è solamente quello di pulire le monete, è soprattutto quello di mettersi in tasca i profitti dell’attività criminale, esistevano alcuni stratagemmi, per esempio c’era il black pesos money exchange che usavano i colombiani dove i narcotrafficanti agivano da veri e propri uffici di cambio, cosa succedeva? Che magari un imprenditore colombiano voleva andare negli Stati Uniti, non voleva allertare le autorità monetarie che avrebbe portato dei soldi all’estero e quindi pagare la tassazione e anche cambiare i soldi al cambio ufficiale, andava a uno di questi uffici di cambio e depositava i pesos, una volta arrivato a New York, qualcuno gli portava una valigetta piena di dollari, questi dollari chiaramente erano i proventi della vendita della cocaina da parte dei narcotrafficanti.

L’allenza tra narcotrafficanti colombiani e ‘ndrangheta

Il problema fondamentale era un altro, era che negli anni 90, grazie alla globalizzazione, i proventi del commercio della droga erano aumentati a dismisura, quindi i narcotrafficanti dovevano trovare un metodo di riciclare a livello industriale, perché le quantità monetarie erano enormi e vi dico che l’80% del riciclaggio avviene in contante, quindi il black pesos money exchange non aveva la possibilità fisica di macinare tutto quanto questo denaro e è a questo punto che un emigrato italiano, Salvatore Mancuso in Colombia, diventato capo del gruppo paramilitare delle AUC, ha indea geniale, decide che il modo migliore è di mettere in contatto i suoi compari dell’ndrangheta insieme con i narcotrafficanti colombiani e lì nasce questa alleanza fantastica, nel senso, per i colombiani è stata una svolta, è vero!
E’ una svolta perché? Perché si apre la possibilità di esportare cocaina in un altro continente, in un continente che in un certo senso era un po’ limitrofo perché fino allora la cocaina andava semplicemente dal sud al nord e quindi andava negli Stati Uniti, c’è questa possibilità, in più c’è la possibilità di sviare le restrizioni del Patriot Act, perché in Europa è facilissimo riciclare, non ci sono legislazioni che controllano e che puniscano questi tipi di attività.
Allora cosa succede? Inizia un’attività di vendita di cocaina, di esportazione di cocaina dalla Colombia, arriva inizialmente in Calabria, in Calabria, l’ndrangheta la prende e la distribuisce attraverso il suo network , rete che ha in Europa e qui ci dobbiamo fermare un attimo perché in realtà tutto questo è potuto avvenire soprattutto perché l’ndrangheta aveva una rete in Europa, Cosa nostra questa rete non ce l’aveva, la camorra non ce l’aveva, l’unica organizzazione di crimine organizzato che aveva una rete capillare, ma non solamente in Europa, nel resto del mondo è l’ndrangheta e questa rete era stata costruita attraverso la diaspora dei calabresi di milioni di milioni di calabresi che negli ultimi 30/40 anni si erano recati all’estero e quindi avevano fatto gli immigrati, quindi l’ndrangheta in realtà era al posto giusto nel momento giusto e ha usato anche il cervello perché invece di offrire un tipo di servizio a alto costo, ha fatto esattamente il contrario, ha offerto ai narcotrafficanti di fare importazione, vendita, riciclaggio attraverso la stessa rete, perché all’interno della rete c’era un gruppo di avvocati, di commercialisti, agenti immobiliari che una volta che i soldi vengono racimolati, li prende e grazie all’esistenza dell’Euro li sposta da un paese all’altro, li investe nel settore immobiliare perché questa rete lavora con alcuni agenti immobiliari e praticamente pulisce soldi, genera profitti e poi tornano normalmente attraverso il sistema bancario in patria in Colombia.
Tutto questo l’ndrangheta lo fa con un costo del 30%. Negli Stati Uniti riciclare il denaro sporco ai narcotrafficanti, costa dopo l’introduzione del Patriot Act circa il 60%, quindi l’ndrangheta offre un servizio fantastico. In più riesce a fare un marketing, questa è l’intelligenza secondo me dell’organizzazione, della cocaina sul mercato europeo vendendola a prezzi bassissimi, per cui la cocaina entra in concorrenza con le droghe leggere, non con le droghe pesanti e così vediamo che dal 2001 fino a oggi, la diffusione della cocaina come droga di divertimento della classe media è aumentata esponenzialmente, vedete com’è facile? Basta che uno ha il cervello e ha la rete, in realtà questa è la verità, non ci sono leggi, non ci sono controlli, voi immaginate che per esempio in questo tipo di riciclaggio che avviene attraverso il settore immobiliare, è difficilissimo controllarlo, perché per esempio l’ufficio del catasto della Costa del Sol, non ha possibilità di parlare con l’ufficio del catasto di Londra, non esiste nessun contatto, quindi non si può sapere se una società sta acquistando nello stesso momento o in momenti successivi in vari parti dell’Europa, in più non c’è un sistema che monitora le transazioni finanziarie e monetarie in Euro da un paese all’altro, non esiste!

Una masnada di delinquenti

Quindi la situazione europea è ideale, ecco perché l’Europa è diventata la lavanderia del mondo. Per quanto riguarda poi l’ultima evoluzione, così finiamo e andiamo a casa… l’ultima evoluzione avviene nel 2005, la domanda di cocaina chiaramente aumenta a dismisura perché costa poco, è una droga divertente, l’ndrangheta ha fatto un marketing fantastico e quindi il trasporto comincia a pesare sulla rapidità con la quale queste spedizioni avvengono, allora cosa si decide? Si decide di trasformare la Guinea Bissau in un transhpment point, quest’ultimo è un punto dove la droga generalmente si ferma e da lì viene ridistribuita e l’idea è geniale perché con i piccoli aerei, aerei da turismo dalla Colombia o dal Venezuela perché molta di questa droga passa attraverso il Venezuela, si arriva a nella Guinea Bissau in 3 o 4 ore, la Guinea Bissau diventa un narcostato e viene puntualmente colonizzato, acquistato dai narcotrafficanti, lì si organizzano dei magazzini dove la droga arriva, viene depositata, lo stesso giorno arrivano i compratori europei, la comprano, la prendono, la riportano in Europa o con piccoli aerei un con piccole imbarcazioni.
In una settimana oggi come oggi abbiamo la cocaina dal produttore colombiano al consumatore nelle discoteche europee, questa è la situazione, la maggior parte di questo commercio è controllato da organizzazioni criminali legate all’ndrangheta italiana.
Quindi qual è la lezione di questa storia? Vi vedo molto negativi. La storia è questa che bisogna accettare il fatto che esistono interdipendenze economiche tra l’economia legale e l’economia illegale, è inutile che ci facciamo queste illusioni che non è vero, molti dei prodotti che comprate in un modo o nell’altro vanno a arricchire gente che sono dei delinquenti, non è solamente la droga, è tutto, quindi se vogliamo veramente fare qualcosa, vogliamo bloccare questo commercio, se vogliamo anche risolvere il problema della crisi economica, perché in realtà questa è una crisi economica che è stata creata da una masnada di delinquenti perché questi sono i banchieri che hanno creato quello che succede oggi come oggi, dobbiamo accettare che esistono queste interdipendenze e solamente evitando la contaminazione tra l’economia criminale, illegale e la nostra economia noi potremo andare avanti, perché altrimenti la situazione che vi ho descritto diventerà una situazione sempre peggiore e noi saremo sempre più delle vittime!” Loretta Napoleoni
Ultimo libro pubblicato da Loretta Napoleoni: “La Morsa“.

Antonio Di Pietro: Processo Bassolino: bruciare tutto

Antonio Di Pietro: Processo Bassolino: bruciare tutto.

All’udienza odierna del processo Bassolino hanno deposto due teste: Arturo Rigillo, ex presidente comitato 212 che ebbe il compito di approvare i progetti della Fibe, dare idoneità ai siti di stoccaggio e l’ingegner Paolo Rabitti, perito della Procura di Napoli sui rifiuti campani, che nel suo libro Ecoballe ha denunciato il disastro ambientale per la violazione dell’ordinanza risalente al marzo ’98 dell’allora Ministro degli interni Giorgio Napolitano, che prescriveva il raggiungimento del 35% di raccolta differenziata; l’affidamento per 10 anni della gestione di tutti i rifiuti campani a valle della raccolta differenziata; la realizzazione entro il ’99 degli impianti e entro il 2000, di due inceneritori per il trattamento della frazione secca del rifiuto indifferenziato tramite il raggiungimento del potere calorifico adatto.

L’elettricità prodotta dagli inceneritori da questo processo, per 8 anni avrebbe goduto degli incentivi Cip6 ad un prezzo di 4 volte superiore al costo di produzione di un normale impianto termoelettrico.

Ebbene come già detto, il decreto Napolitano fu disattesto in toto, fin dal bando di gara indetto dalla commissione straordinaria ai rifiuti presieduta dall’allora Presidente della Campania Antonio Rastrelli.

Il bando prevedeva il trattamento di tutti i rifiuti, non solo dei residui della raccolta differenziata; le prescrizioni del capitolato d’oneri riguardavano solo l’inceneritore, senza alcun riguardo per gli impianti di selezione e trattamento a monte dell’incenerimento; nemmeno una parola sugli impianti di compostaggio, senza i quali la raccolta differenziata dei rifiuti non ha senso.

Insomma, la decisione della giunta Rastrelli di bruciare tutto, anche i materiali inerti, fu confermata anche dalle successive giunte Bassolino.

La seconda violazione è stata l’aggiudicazione del progetto a Fisia-Impregilo, nonostante la stessa commissione lo giudicò il peggiore tra quelli presentati, senza preoccuparsi del fatto che nessun compost sarebbe mai stato prodotto senza fare la raccolta differenziata della frazione organica.

Secondo Paolo Rabitti bastava una sommaria visione del progetto per bocciarlo. Invece è parso evidente che la giunta campana non abbia inteso né produrre compost, né stabilizzare – cioè rendere inoffensiva – la frazione «umida» del rifiuto indifferenziato; ma solo chiamare compost tutto lo scarto del rifiuto combustibile per l’inceneritore.

Se ci aggiungiamo che Impregilo voleva subordinare la validità della sua offerta all’accettazione tramite una nota del tutto illegale dell’Abi che «mette al bando» la raccolta differenziata di plastica e carta – gli unici materiali combustibili che possono alimentare un inceneritore – la frittata pare fatta.

I comuni avrebbero dovuto pagare a Impregilo la tariffa della raccolta differenziata anche se questa non è mai stata fatta. Il solo scopo, secondo Rabitti, era quello di massimizzare gli incassi con l’equazione più rifiuti, più guadagni.

La terza violazione del decreto Napolitano si è verificata con la cancellazione delle clausole che obbligavano Impregilo a bruciare i rifiuti in altri impianti fino al completamento dell’inceneritore e quelle che limitano il materiale da bruciare alla metà dei rifiuti prodotti in regione. Clausole che avrebbero obbligato Impregilo a pagare altri operatori, perdendo gli incentivi Cip6.

Ecco allora la soluzione di impacchettare tutto in migliaia di «ecoballe», in attesa di poterle bruciare nel proprio forno. Forno che come sapete non è mai entrato in funzione, ma che ha trasformato le ecoballe in oro, tanto che le banche dell’Abi le hanno accettate a garanzia dei prestiti concessi a Impregilo, come fossero tanti barili di petrolio.
Stoccaggi che dopo un anno, per legge, sono diventati illeciti trasformandosi in discariche, per le quali erano necessari presidi ambientali mai realizzati per gli elevati costi a carico del Commissario, cioè delle tasche degli italiani.

La quarta violazione del decreto: una porta spalancata alla camorra che ha affittato i camion per portare le ecoballe in giro per tutta la Campania e i terreni dove accumularle.

Quinta violazione: per produrre più ecoballe si sono fatti lavorare i Cdr oltre le loro capacità, sospendendo la manutenzione e mettendoli fuori uso.
Un ragionamento logico suggerirebbe che rovinando i propri impianti i titolari dell’appaltato, cioè Impregilo, abbia danneggiato se stessa; in realtà con gli impianti fuori uso e le discariche piene, i rifiuti si sono accumulati per le strade assieme all’emergenza ambientale. Che ha giustificato l’autorizzazione a produrre compost che non è compost e Cdr che non è Cdr. E nuovi impianti con enormi incentivi: non più un solo inceneritore e nemmeno 2, ma 4; e tutti con gli incentivi Cip6, aboliti nel resto dell’Italia e fuorilegge secondo la Commissione europea.

«Da diverse conversazioni intercettate – ha scritto Rabitti – emerge il sistematico ricorso al blocco della ricezione dei rifiuti come strumento di pressione per avere le autorizzazioni agli stoccaggi e per giustificare i provvedimenti». Ecco spiegata l’emergenza rifiuti secondo la deposizione dell’ingeger Rabitti.


Benny Calasanzio Borsellino: “I Disarmati”, la resa dei conti di Claudio Fava

Benny Calasanzio Borsellino: “I Disarmati”, la resa dei conti di Claudio Fava.

Questo è il Claudio Fava migliore. Un Fava indignato ma cosciente della forza del pensiero comune che lentamente capisce, si informa, si indigna ed inizia a disprezzare profondamente coloro che fino qualche tempo fa si riverivano. “I Disarmati” è un viaggio in Sicilia, a Palermo, a Catania, con qualche capatina negli uffici romani che contano, magari dei partiti della sinistra. E’ una decostruzione, una demolizione dei due più grandi quotidiani siciliani: il Giornale di Sicilia e La Sicilia. L’uno fondato e gestito dalla famiglia Ardizzone, famiglia che non ha mai disprezzato amicizie mafiose, frequentazioni massoniche e fotografie accanto ai boss come Bontate; lo stesso giornale che ha relegato la cronaca del maxiprocesso alla mafia istruito da Falcone e Borsellino a dei colonnini in cui si dava eguale peso alle accuse dei pm e alle velleità della difesa. Un viaggio che a tratti diventa attuale, e prende le sembianze di un tesserino da pubblicista. Lo stesso che diedero a Mario Francese dopo la sua morte, lo stesso “onorario” che era stato donato al giornalista antimafia Pino Maniaci, ora sotto processo per esercizio abusivo della professione di giornalista, mica di chirurgo. Fava torna agli anni 80, dopo l’eccidio di Dalla Chiesa, della moglie e dell’agente di scorta. Rivede quei corpi e ricorda gli anni del coordinamento antimafia, messo in piedi dai giovani che affrontarono Sciascia dandogli del “quaraquaquà” quando attaccò Borsellino, ricorda poi l’esperienza politica della Rete. Ricorda e non nasconde le enormi contraddizioni dei leader, da Orlando che sparò (verbalmente) contro Falcone, mirando in alto, a Carmine Mancuso, il figlio del poliziotto Lenin ammazzato da cosa nostra; il Carmine passato dall’antimafia militante alle file di Forza Italia, che forse con i soldi della mafia fu costituita. C’è in “I Disarmati” l’orrenda involuzione del Partito Comunista Italiano, che dall’intransigenza legalitaria che portò sulla croce Pio La Torre abdicò completamente alla lotta alla mafia, passando il comando a dirigenti indegni come Michelangelo Russo, che arrivò a dire, mentre Fava e altri urlavano per quella evidente commistione tra mafia e affari rappresentata dai cavalieri di Catania, Ciancio, Costanzo, Sanfilippo e Graci “mica possiamo fare gli esami del sangue ad ogni azienda!”. Quindi ben vengano quelle infette, quelle colluse. Il tutto in nome di un immotivata frenesia di progresso, un progresso fittizio e a beneficio dei mafiosi. E dei loro amici. Per non parlare della squallida ed orgogliosa confessione di uno dei fondatori del Pci siciliano, Napoleone Colajanni: “i soldi degli appalti li presi anch’io quando ero segretario della federazione di Palermo. Ma c’erano tre regole: non mettersi una lira in tasca, non dare nulla in cambio e non farsi beccare”. La Sicilia di quegli anni era tutta nel matrimonio del nipote del cavaliere dell’apocalisse Costanzo, dove, tra politici, notabili e cardinali il più riverito e fotografato era Nitto Santapaola, già all’apice del potere mafioso. Un bestiario in cui entra a pieno titolo Sergio D’Antoni, ex segretario della Cisl, candidato alle europee con il Pd: “Se lottare per i lavoratori vuol dire essere mafiosi allora viva la mafia” scandiva di fronte alla bara di cartone di Orlando che i lavoratori delle aziende colluse bloccate dal sindaco di Palermo portavano in corteo. Dietro di lui annuiva Raffaele Bonanni. Bestie come i deputati europei del Pci che bocciano la relazione presentata dai Verdi in cui chiedevano a Salvo Lima di fare chiarezza sul dossier di Umberto Santino che dimostrava mirabilmente tutte le collusioni dell’onorevole mafioso. Erano passati solo 7 mesi dalla morte di La Torre. L’attacco frontale del libro, che è anche la sua cifra stilistica, è mirato ai piedi del palazzo che domina la politica e la vita quotidiana catanese: la redazione de La Sicilia, il giornale che dalla sua fondazione è riuscito a non prounciare mai la parola mafia, lo stesso che rifiutò i necrologi a Pippo Fava e al commissario Beppe Montana perchè in essi si addebbitava la loro morte a Cosa Nostra. E poi tante, tante altre cose che spiegano perchè la lotta alla mafia unisca solo i morti e divida aspramente i vivi.

Antimafia Duemila – Dossier Abruzzo 4. 1992-93, Il biennio rosso

http://www.antimafiaduemila.com/index.php?option=com_content&task=view&id=15200&Itemid=48

di Alessio Magro – 24 aprile 2009
L’Abruzzo è investito dalla bufera giudiziaria che nel biennio ’92-’93 scuote il Paese. Mafia e politica, corruzione e affari, massoneria e infiltrazioni, al di là del dato giudiziario emergono intrecci perversi che fanno della regione un vero e proprio laboratorio politico-affaristico.

Lo rivelano le inchieste che partono da Milano, Firenze, Palermo, Palmi. Dalla Tangentopoli meneghina all’inchiestona sulle logge segrete del giudice Cordova a Palmi. Una bufera giudiziaria, quella del bienno ’92-’93, che investe in pieno l’Abruzzo.