Archivi del giorno: 7 agosto 2009

Verbo violare, participio presente

Verbo violare, participio presente – da voglioscendere

Signornò
da l’Espresso in edicola

Dieci anni fa, terrorizzati dalle prime dichiarazioni dei pentiti sui mandanti esterni delle stragi e sulle trattative Stato-mafia, centrodestra e centrosinistra smantellarono la legge sui pentiti: drastica riduzione degli incentivi e tempo massimo di sei mesi per raccontare tutto. “Basta dichiarazioni a rate, i mafiosi dicano tutto subito”, cantavano in coro berluscones e progressisti sdegnati per la “memoria a orologeria” dei collaboranti. La legge passò a maggioranza bulgara in entrambe le Camere, presiedute da Nicola Mancino e Luciano Violante. Risultato: non si pentì quasi più nessuno, anzi molti si pentirono di essersi pentiti. Ora si scopre che, per quanto lenti a ricordare, questi erano fulmini di guerra a confronto di certi politici. Tipo Mancino e Violante.

Mancino, vicepresidente del Csm, seguita a contraddirsi sul presunto incontro con Paolo Borsellino il 1° luglio ‘92 (annotato nel diario del giudice, assassinato due settimane dopo): ora lo esclude, ora non lo ricorda, ora lo riduce a fugace stretta di mano, ora – almeno a sentire Giuseppe Ayala, altra memoria a orologeria – lo conferma. Intanto, 17 anni dopo, rammenta di avere respinto possibili trattative con la mafia (senza spiegare chi gliele prospettò e perché non le denunciò). Poi fa marcia indietro. Ma Violante lo supera. L’ex campione dell’antimafia progressista – tomo tomo cacchio cacchio, direbbe Totò – si presenta alla Procura di Palermo per rivelare con 17 anni di ritardo che, dopo Capaci e via d’Amelio, il colonnello Mario Mori, allora vicecapo del Ros, gli propose di incontrare l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino, intermediario di una trattativa fra i carabinieri e il duo Riina-Provenzano. Rivelazione più spintanea che spontanea: il Corriere ha appena informato che Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, ha raccontato ai pm che suo padre chiese una “copertura politica totale” alla trattativa: da Mancino per il governo e da Violante per la sinistra. Violante dice di aver rifiutato il faccia a faccia e di aver chiesto a Mori se avesse informato la Procura. Ma, alla risposta negativa (“è cosa politica”), si guardò bene dal farlo lui.

E dire che a Palermo stava arrivando il suo amico Caselli, lasciato all’oscuro di tutto. E dire che Violante presiedeva l’Antimafia, competente sulle “cose politiche” di mafia, con i poteri della magistratura. E dire che nel ’93 Caselli interrogò Ciancimino sui suoi rapporti con l’Arma. E dire che nel ’96 Giovanni Brusca, al processo sulle stragi, svelò la trattativa Riina-Ciancimino-Ros con tanto di “papello”. E dire che Mori fu imputato di favoreggiamento mafioso per non aver perquisito il covo di Riina (assoluzione) e non aver catturato Provenzano nel ‘96 (processo in corso). Le rivelazioni di Violante sarebbero state molto utili, in quei processi. Ma Violante taceva e faceva carriera, anche a colpi di antimafia. Se i pentiti devono “dire tutto subito”, Violante ha impiegato 17 anni per ritrovare la memoria. Non è mica pentito, lui.

Il Club Bilderberg. La storia segreta dei padroni del mondo :: Arianna Editrice :: Eurasia

Libro sul gruppo bilderberg: Il Club Bilderberg. La storia segreta dei padroni del mondo :: Arianna Editrice :: Eurasia.

Il Club Bilderberg
La storia segreta dei padroni del mondo

Daniel Estulin

Arianna Editrice
Pagine 384, Prezzo € 18,50

Dal 1954 e una sola volta all’anno, un gruppo ristretto di persone si ritrova per decidere segretamente il futuro politico ed economico dell’umanità. Nessun giornalista ha mai avuto accesso alle riunioni che fino a poco tempo fa si sono svolte presso l’Hotel Bilderberg, in una piccola cittadina olandese. Nessuna notizia è mai filtrata da quelle stanze, anche se – come dimostrano le pagine di questo libro – è durante questi incontri che vengono prese le decisioni più rilevanti per il futuro di tutti noi.
Oggi arriva finalmente anche in Italia il libro che racconta la vera storia di uno dei più potenti e segreti organi decisionali del mondo: il Club Bilderberg.

Risultato di un’indagine serrata durata oltre 15 anni, la rigorosa e documentata inchiesta di Daniel Estulin, tra storia e attualità, svela per la prima volta quello che non era mai stato detto prima, rendendo noti i giochi di potere che si svolgono a nostra insaputa e a scapito della legittima volontà e autodeterminazione dei Popoli.

Dalla privacy armata che la protegge, la classe dirigente globale detta l’indirizzo su politica, economia e conseguenti implicazioni militari.

L’inchiesta di Estulin dimostra come il Club Bilderberg sia stato coinvolto nelle decisioni internazionali più rilevanti della storia recente, dal Piano Marshall allo scandalo Watergate, fino ai recenti conflitti nel Medio Oriente. E’ da questa élite che emergono le figure chiave dello scacchiere internazionale – presidenti statunitensi, direttori di agenzie come la CIA o l’FBI, i vertici dei maggiori gruppi finanziari, economici e dell’informazione – così come da questi incontri nascono le linee guida della globalizzazione.

Pubblicato in Spagna nel 2005, aggiornato al 2009 in questa prima pubblicazione italiana, Il Club BIlderberg è già stato tradotto in 48 lingue, diffondendosi in 70 paesi.

Daniel Estulin vive in Spagna ed è un prestigioso giornalista investigativo. Da quando ha realizzato ciò che nessun altro prima di lui si era mai spinto a fare, svelando i segreti del Club Bilderberg, è diventato una delle voci più rappresentative dell’informazione indipendente e anticonformista .

INDICE
PRIMA PARTE: IL “BILDERBERG GROUP”– I PADRONI DELL’UNIVERSO
CAPITOLO 1: DISCESA MORTALE
CAPITOLO 2: L’IMMORTALE, 1992 – L’HIGHLANDER (1992)
CAPITOLO 3: LA FONDAZIONE DEL BILDERBERG
CAPITOLO 4: I CONCUBINI DEL BILDERBERG
CAPITOLO 5: GLI OBIETTIVI DEL BILDERBERG
CAPITOLO 6: I PUPAZZI DEL BILDERBERG
CAPITOLO 7: IL “CASO WATERGATE”
CAPITOLO 8: IL BILDERBERG SMASCHERATO
SECONDA PARTE: IL “COUNCIL ON FOREIGN RELATIONS”
CAPITOLO 9: UN EPISODIO DEL 1999
CAPITOLO 10: INCROCIO PARTNER
CAPITOLO 11: GIORNALISTI CORTIGIANI?
CAPITOLO 12: DISARMO FORZATO
CAPITOLO 13: L’UFFICIO DI CONTROLLO DEL CFR
CAPITOLO 14: IL CFR E LE OPERAZIONI PSICO-POLITICHE
CAPITOLO 15: IL CFR E IL “PIANO MARSHALL”
CAPITOLO 16: UN ESEMPIO CONCRETO
TERZA PARTE: LA TRILATERAL COMMISSION
CAPITOLO 17: IL CONFRONTO (2003)
CAPITOLO 18: RITORNO AL FUTURO
CAPITOLO 19: UNA SOFISTICATA SOVVERSIONE
CAPITOLO 20: SCEGLIERE UN PRESIDENTE
CAPITOLO 21: IL SISTEMA DEL MONOPOLIO
CAPITOLO 22: I BENEFATTORI DEI BOLSCEVICHI
CAPITOLO 23: TRADIMENTO PER IL PROFITTO
CAPITOLO 24: SACRIFICARE UNA NAZIONE
CAPITOLO 25: LA DETENZIONE (2004)
APPENDICE: RESOCONTI DEL BILDERBERG
DIETRO LE PORTE CHIUSE: DOCUMENTI E IMMAGINI
LISTA CONFERENZE BILDERBERG DAL 1954
LA “TRILATERAL COMMISSION” FEBBRAIO 2006
CONFERENZA BILDERBERG 31 MAGGIO-3 GIUGNO 2007 ISTANBUL (TURCHIA) (TEMATICHE e LISTA DEI PARTECIPANTI)
CONFERENZA BILDERBERG 14 – 17 MAGGIO 2009 Vouliagmeni (GRECIA)
(TEMATICHE e LISTA DEI PARTECIPANTI)
CONCLUSIONE DELL’AUTORE
INDICE DEI NOMI

ESTRATTO

INTRODUZIONE

Nel 1954, gli uomini più potenti del mondo si incontrarono per la prima volta, sotto gli auspici della corona olandese e della famiglia Rockefeller, nel lussuoso Hotel Bilderberg nella cittadina di Oosterbeek. Per un intero fine settimana discussero del futuro del mondo. Al termine, decisero di incontrarsi una volta all’anno per scambiarsi delle idee e analizzare gli affari internazionali. Si definirono “Gruppo Bilderberg”. Da allora, si sono riuniti annualmente in lussuosi hotel in varie parti del mondo per tentare di decidere il futuro dell’umanità. Tra i selezionati membri di questo club troviamo Bill Clinton, Paul Wolfowitz, Henry Kissinger, David Rockefeller, Zbigniew Brzezinski, Tony Blair e molti altri capi di governo, uomini d’affari, politici, banchieri e giornalisti di tutto il mondo.
In oltre cinquanta anni di loro convegni, tuttavia, non è stato mai consentito alla stampa di assistere, non sono state rilasciate dichiarazioni sulle conclusioni dei partecipanti, né è stata resa pubblica un’agenda di un convegno Bilderberg. I leader del “Gruppo Bilderberg” sostengono che questa discrezione è necessaria per permettere a quanti partecipano ai dibattiti di parlare liberamente, senza che le proprie dichiarazioni siano registrate o riportate pubblicamente. Altrimenti, affermano i membri del Bilderberg, sarebbero costretti a parlare nel linguaggio di un comunicato stampa. Senza dubbio, questa discrezione consente al “Gruppo Bilderberg” di deliberare più liberamente, ma in questo modo non si risponde alla domanda fondamentale: di che cosa parlano, in questi convegni, le persone più potenti del mondo?
Qualunque moderno sistema democratico protegge il diritto alla privacy, ma il pubblico non ha forse il diritto di sapere di che cosa parlano i loro leader politici quando incontrano i più ricchi leaders del mondo degli affari delle loro rispettive nazioni? Quali garanzie hanno i cittadini che il “Gruppo Bilderberg” non sia semplicemente un centro che influenza il commercio ed esercita pressioni, dal momento che ad essi non è permesso sapere di che cosa parlano i loro rappresentanti alle adunanze segrete del Gruppo? Perché i Davos World Economic Forums e gli incontri del G8 sono oggetto di discussione su tutti i giornali, con ampi servizi in prima pagina e la presenza di migliaia di giornalisti, mentre non c’è alcuna copertura mediatica per gli incontri del “Gruppo Bilderberg”? Questo blackout esiste nonostante il fatto che (o perché?) siano annualmente frequentati da presidenti del Fondo Monetario Internazionale , della Banca Mondiale e della Federal Riserve; da presidenti delle 100 più potenti corporations del mondo come “Daimler Chrysler”, “Coca Cola”, “British Petroleum” (BP), “Chase Manhattan Bank”, “American Express”, “Goldman Sachs” e “Microsoft”; da Vicepresidenti degli Stati Uniti, da direttori della CIA e dell’FBI, da Segretari Generali della NATO, da senatori americani e membri del Congresso, da Primi Ministri europei, da capi dei partiti di opposizione e dai maggiori editori e direttori dei principali giornali del mondo.
È certamente curioso che nessuno dei più importanti mezzi di informazione ritenga che faccia notizia una riunione di tali personaggi, la cui ricchezza eccede di gran lunga il totale della ricchezza di tutti i cittadini degli Stati Uniti, quando un viaggio di uno di loro, da solo, conquista i titoli di testa in televisione. Questo è l’enigma su cui ho riflettuto. Quindici anni fa, esso mi ha spronato a compiere un viaggio investigativo, che è diventato l’opera della mia vita. Lentamente, ho dissolto, uno per uno, gli strati di segretezza che circondano il Gruppo Bilderberg, ma non avrei potuto farlo senza l’aiuto di “obiettori di coscienza” sia interni che esterni all’insieme dei membri del Gruppo. Ad essi, manifesto la mia più profonda gratitudine, perché la loro impagabile intelligenza ha reso possibile questo libro. È dunque comprensibile che, per proteggerli, io non citi questi veri eroi p er nome, ma li ringrazio per avermi aiutato a scoprire che cosa si diceva dietro le porte chiuse dei sontuosi hotel, in cui i soci del Bilderberg tengono i loro annuali incontri.
Prima di entrare nel regno di questo club esclusivo, è importante riconoscere che né le persone né le organizzazioni sono assolutamente “cattive”, così come nessuno è assolutamente “buono”. Nel mondo ci sono potenti mossi da alti ideali, principi e convinzioni, e potenti come quelli del club segreto manipolatore e dei suoi derivati, che ho descritto in questo libro. Gli sforzi dei membri originari per migliorare il nostro mondo erano basati su un’autocrazia “father-knows-best”[1] analoga al modello paternalistico di cristianità tipico della Chiesa Cattolica Romana. Inizialmente, il loro intento era nobile.
Purtroppo, sembra che il “Gruppo Bilderberg”, crescendo, sia andato oltre i propri idealistici propositi fino a diventare un governo ombra mondiale, che decide in totale segreto, in incontri annuali, come saranno realizzati i suoi piani. Minaccia di sottrarci i nostri diritti per dirigere i nostri destini. Ciò sta diventando più facile, perché lo sviluppo della tecnologia della telecomunicazione, assorbita con il profondo, istantaneo impatto di Internet, e i nuovi metodi di ingegneria comportamentale per manipolare la condotta individuale possono trasformare quelle che, in altre epoche storiche, erano soltanto cattive intenzioni in una scomoda realtà.
Ogni nuova misura, presa isolatamente, può sembrare soltanto una superficiale aberrazione, ma il complesso dei cambiamenti, considerato nel suo insieme, come parte di uno sviluppo continuo, costituisce un movimento verso l’asservimento totale. Per questo è giunto il momento di guardare dietro le quinte. Siamo a un bivio e le strade che imboccheremo, da adesso in poi, determineranno il futuro stesso dell’umanità. Dobbiamo essere consapevoli dei veri obiettivi e delle azioni del “Gruppo Bilderberg” e di altri gruppi simili, se vogliamo sperare di conservare la libertà per la quale i nostri nonni combatterono nella seconda guerra mondiale.
Non spetta a Dio farci uscire dalla “nuova età oscura” pianificata per noi. Spetta a noi! Se da questo secolo verremo fuori come stato di polizia elettronico globale o come esseri umani liberi, dipenderà dalle azioni che faremo ora. Se non conosciamo in profondità il contesto, non troveremo mai le risposte giuste.
La vera storia del “Gruppo Bilderberg” cerca appunto di fornirle.

NOTA
[1] “Father Knows Best” era una sitcom molto popolare negli anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo negli Stati Uniti, che metteva in scena le vicende della classe media americana imbevuta di conservatorismo, come si intuisce dal titolo del programma, che vuol dire, letteralmente, “Il padre sa che cosa è meglio” [N.d.T.].

Falcone non deve parlare « Pietro Orsatti

Falcone non deve parlare « Pietro Orsatti.

Dove sono i diari elettronici del magistrato morto a Capaci? Qualcuno potrebbe averli distrutti per cancellare le prove dell’esistenza di apparati deviati dello

di Pietro Orsatti su Left-Avvenimenti

La riapertura dell’inchiesta a e Caltanissetta sulla trattativa fra e Cosa nostra e sulle stragi del ’92 costringe a un esercizio della . Tornando, appunto, a quell’anno terribile. «Questa sera debbo astenermi rigidamente – e mi dispiace, se deluderò qualcuno di voi – dal riferire circostanze che probabilmente molti di voi si aspettano che io riferisca, a cominciare da quelle che in questi giorni sono arrivate sui giornali e che riguardano i cosiddetti diari di Giovanni . Per prima cosa ne parlerò all’autorità giudiziaria, poi – se è il caso – ne parlerò in pubblico. Posso dire soltanto, e qui mi fermo affrontando l’argomento, e per evitare che si possano anche su questo punto innestare speculazioni fuorvianti, che questi appunti che sono stati pubblicati dalla , sul Sole 24 Ore dalla giornalista Milella, li avevo letti in vita da Giovanni . Sono proprio appunti di Giovanni , perché non vorrei che su questo un giorno potessero essere avanzati dei dubbi». Così parlò Paolo nel corso di una manifestazione promossa da MicroMega presso la biblioteca di il 25 giugno 1992, poche settimane prima della sua morte. I diari di . Anche Giuseppe Ayala, altro pm del maxi processo, parla di questi scritti sempre nel giugno del 1992. «Aveva un diario, sul quale scriveva tutto. Tutto era riportato in un dischetto, perché scriveva sul computer. Che io sappia, soltanto io, forse una volta Paolo , e probabilmente la moglie di , Francesca, eravamo stati messi a conoscenza dell’esistenza del diario. Non so se il dischetto è trovato e, se è trovato, naturalmente sarà letto e conosciuto. Nel caso in cui, invece, non sia trovato o sia smarrito, si è perduta l’occasione per ricostruire dalla fonte più autorevole quel che è accaduto intorno a Giovanni , dentro e fuori il palazzo di Giustizia di ».

Il procuratore di Caltanissetta dell’epoca, Salvatore Celesti (diventato in seguito procuratore generale a ), che indagava per competenza sulla strage di Capaci, in prima battuta negò l’esistenza dei dischetti, poi ammise in parte l’esistenza dei file: «Sono stati acquisiti alcuni dischetti nell’abitazione e negli uffici di , ora affidati a tecnici per la trascrizione. Il non è completo, ed è segreto. Se nei dischetti ci sono episodi privati non saranno da noi resi pubblici». Talmente segreti che vennero addirittura cancellati, cosa che in qualche modo già temeva Ayala, come si intuisce rileggendo con attenzione le sue parole. Cancellati da un portatile Toshiba, da un’agenda elettronica Casio in via Notarbartolo a , dai computer del ministero di Giustizia in via Arenula a . Da chi? Della vicenda si occupò anche che testimoniò in seguito. Ecco cosa dice: «Dopo l’accettazione di questo incarico, in effetti, ho dovuto rilevare una serie di atteggiamenti estremamente diversi da parte del ministero dell’Interno – afferma Genchi -. (…) Tenga conto che io allora rivestivo l’incarico di direttore della Zona telecomunicazioni (…) e proprio dopo la strage mi era dato l’incarico, per coordinare meglio alcune attività anticrimine, presso la Criminalpol della occidentale di dirigente del Nucleo anticrimine. Il dirigente dell’epoca, che sicuramente non agiva da solo perché si vedeva che era portavoce di volontà e decisioni ben più alte, in effetti non mi ha certamente agevolato in questo (…); siamo ritornati con la decodifica dell’agenda, ho ricevuto varie pressioni (…) fui trasferito, per esigenze di servizio con provvedimento immediato, (…) dalla Zona telecomunicazioni all’Undicesimo reparto mobile». Tornando al procuratore Salvatore Celesti, c’è da dire che la storia, nonostante la sua carriera, lo smentì clamorosamente. Il 23 giugno 1992 il procuratore si lasciò sfuggire una dichiarazione che all’epoca fece scalpore. Affermò, infatti, che secondo lui sulla strage di Capaci «non c’è più mistero per quanto riguarda il diario». E contemporaneamente c’era chi cancellava la del Toshiba, alterava i dati sui computer al ministero e sottraeva la scheda di dell’agendina Casio. Il sospetto emerse subito, la conferma, anche grazie alla perizia di Genchi, arrivò qualche anno dopo. Ma intanto qualcuno, L’espresso, aveva rivelato parte del contenuto di questi diari, in particolare i 39 punti di conflitto e di dissidio fra Giovanni e il procuratore capo Pietro Giammanco che mise il magistrato morto a Capaci nella condizione di abbandonare la Procura e . Si andava, questo raccontava il settimanale, dalla decisione di togliere al giudice assassinato la delega per le inchieste di mafia fino alla controversia che coinvolse dopo che il nucleo speciale dei carabinieri consegnò in Procura il sulla mafia degli appalti e che il procuratore capo sottovalutò e sminuì pubblicamente.

509298151_3365b74418_oTorniamo a e a ciò che disse in quello che è il suo ultimo intervento pubblico prima della strage del a . «Ecco perché forse ripensandoci, quando Caponnetto diceva “cominciò a morire nel gennaio del 1988” aveva proprio ragione anche con riferimento all’esito di questa lotta che egli fece soprattutto per poter continuare a lavorare». Sembra quasi che oggi si presenti il conto di quanto avvenuto 17 anni fa. «Quando si parla di trattative, di presenza in di uomini dei servizi, di servitori dello infedeli, di agende rosse e di uffici del Sisde a Castel Utveggio – spiega , fratello di Paolo – in realtà si raccontano cose che già allora erano emerse ma che poi forse sono state fatte cadere». Come avvenne nel caso delle dichiarazioni del tenente Carmelo Canale, ex maresciallo dei carabinieri promosso tenente per meriti speciali e collaboratore di Paolo . Nel 1994 rilasciò dichiarazioni esplosive. Fra le tante, ecco alcune battute indicative del e del personaggio: «Il dottor era molto agitato, aveva gli occhi di fuori, parlava con . “Caro Paolo, il responsabile del fallito all’Addaura era Bruno Contrada” (…) Io rimasi sconvolto e mentre scendevamo le scale chiesi a chi fosse Bruno Contrada. mi pregò di non parlare con nessuno di quell’episodio (…). Nel corso di una conversazione telefonica mi disse che aveva appreso da dell’intenzione di Gaspare Mutolo di iniziare a collaborare. Fra le prime cose che aveva rivelato, Mutolo aveva parlato di episodi di corruzione inerenti il giudice Domenico Signorino e Bruno Contrada».

Successivamente, nel 1997, Canale, accusato da due pentiti di mafia, venne processato per associazione esterna, e poi in seguito assolto (nel 2008 la conferma). Anche sulle sue rivelazioni, e sulla sua vicenda, ci sono tante ombre, e come tante altre dichiarazioni dell’epoca tornano attuali. È sempre più evidente che, all’epoca, a due uffici dello molto particolari, i Ros del generale Mario Mori e il Sisde di Bruno Contrada, agissero al limite della legalità e, a volte – è il caso di Contrada condannato – sfociassero in vera e propria collaborazione con la criminalità, in una sorta di continuità. La domanda è, oggi, se i due uffici agissero in concorrenza e all’oscuro ciascuno di cosa stesse facendo l’altro, oppure se su distinti punti si muovessero in convergenza. È certo, però, che senza la loro azione oggi si saprebbe molto di più di quello che avvenne fra il 1992 e il 1993, anno degli attentati a Firenze, Milano e : i due anni delle stragi.

Blog di Beppe Grillo – Terra reloaded

Blog di Beppe Grillo – Terra reloaded.

I governi mondiali sono in preda a un’allegria isterica. Hanno salvato le banche, e quindi sé stessi, e si sentono in salvo. Tutto come prima. Stimulus per macchine, CO2, cemento. Per la produzione di beni inutili che alimentano un’economia priva di senso che distrugge il pianeta. La sfilata dei G8, vestiti, pranzi, cene e cotillon si è chiusa con un nulla di fatto. I partecipanti alla parata dell’Aquila sono degli irresponsabili. Hanno deciso di non decidere. Di spostare la lancetta al 2050 per contenere le emissioni di gas serra in un aumento massimo di due gradi. Per allora Obama, Merkel, lo psiconano, Brown e consorti saranno morti. Due gradi-2050, una buona abbinata. perché non un grado nel 2020 o mezzo grado nel 2015? Questi giocano ai bussolotti con la nostra pelle. Gli interessi economici guidano i governi, non gli interessi sociali. La crisi economica è stata una grande occasione (già perduta) per ridefinire le priorità. Al cambiamento ci dovremo arrivare per necessità.
L’uomo è l’unico essere vivente che distrugge l’ambiente che gli permette di vivere. Sembra un alieno venuto dallo spazio con la missione di eliminare la vita dalla Terra. Il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) e il Servizio di Monitoraggio Mondiale dei Ghiacciai (WGMS) producono dati e analisi sulla scomparsa dei ghiacci. I ghiacciai contengono i tre quarti dell’acqua dolce esistente. Se tutti si sciogliessero, il livello delle acque salirebbe di 65 metri. La sola scomparsa dei ghiacci in Groenlandia corrisponde a sette metri. I ghiacciai stanno evaporando sotto i nostri occhi impegnati ad aumentare il parco macchine del pianeta e a esultare per la Fiat e per la Ford. Le Alpi hanno perso il 22% dei ghiacciai dal 2000, due terzi di quelli dei Pirenei sono svaniti dalla prima metà del secolo scorso. Nel solo torrido 2003 i ghiacciai europei hanno perso tra il 5 e il 10% del loro volume. Le ipotesi future prevedono molti 2003.
La Cina e l’India non fanno parte del G8, ma sono molto interessate ai ghiacciai. Con l’attuale ritmo di scioglimento, entro 40 anni i ghiacciai dell’Himalaya non esisteranno più. La vita del 40% della popolazione mondiale dipende dalle riserve d’acqua dell’Himalaya da cui nascono alcuni dei fiumi più grandi del mondo come il Gange e lo Yangtze.
L’informazione è il miglior modo per arrestare la scomparsa dei ghiacciai. Siamo avvertiti da mesi della diffusione di un virus influenzale, ma i media non danno importanza alla scomparsa delle riserve di acqua dolce. Il blog ha intervistato alcune delle migliori menti del pianeta sul futuro che ci aspetta e su come affrontarlo. Le loro voci sono raccolte in un documentario realizzato con il supporto di Greenpeace che uscirà il 15 settembre dal titolo: “>Terra reloaded“. Non rimane molto tempo, ma ce la faremo.

Borsellino: “Ho visto la mafia in diretta”. Si riferiva forse a Mancino e Parisi?

Interessante osservazione sulla frase “”Ho visto la mafia in diretta” di Paolo Borsellino. Nel giorno che fece quell’affermazione, sua agenda grigia sono segnati incontri con Nicola Mancino (allora ministro dell’interno e Vincenzo Parisi, allora capo della polizia).

Giuseppe Ayala, il dibattito è aperto…


Mio Commento: Paolo Borsellino arriva al Viminale alle 18 e parla con Parisi fino alle 19. Dalle 19 alle 19,30 con Mancino, è tutto annottato nell’agenda grigia rimasta alla famiglia. La sera quando è a casa dice alla moglie Agnese “Ho visto la mafia in diretta” e la stessa sera Borsellino vomitò perchè si sentì male.

Enel e EDF all’assalto del nucleare italiano

Enel e EDF all’assalto del nucleare italiano.

Come i lettori di Altrenotizie certamente ricorderanno, lo scorso 24 febbraio, durante il summit Italia-Francia a Roma tra Silvio Berlusconi e Nicholas Sarkozy, è stato siglato un accordo per una collaborazione nella costruzione in Italia di almeno 4 centrali del tipo Epr. Proprio in seguito a quell’accordo, è nata in questi giorni una joint venture tra Enel e Edf, chiamata Sviluppo nucleare Italia srl, azienda che avrà il compito di realizzare gli studi di fattibilità per la costruzione delle quattro centrali nucleari con la tecnologia (obsoleta, anche se ultimamente si preferisce definire “avanzata) Epr.

Enel ed Edf, spiega una nota congiunta resa pubblica alla firma dell’accordo, possiederanno il 50% ciascuno della joint venture e la società, che avrà la sua sede a Roma…

dovrà avviare le necessarie attività di studio per la realizzazione delle centrali e prendere le adeguate decisioni di investimento. E’ poi prevista la costituzione di altre società per la costruzione, proprietà e messa in esercizio di ciascuna centrale Epr.

La gestione di Sviluppo nucleare Italia sarà affidata ad un consiglio di amministrazione composto da otto membri: quattro nominati da Edf, tra i quali il presidente ed il vice presidente, e gli altri quattro designati da Enel, tra i quali sarà individuato l’amministratore delegato. “Una opportunità unica”, secondo Fulvio Conti, Amministratore delegato di Enel, “per contribuire al rilancio dell’economia del nostro Paese, creando posti di lavoro specializzati e sviluppando l’occupazione”. Da parte di Edf, il presidente e direttore generale, Pierre Gadonneix, ha dichiarato che “questa partnership è in linea con la strategia del gruppo Edf finalizzata a rafforzare la propria posizione in Europa e la leadership mondiale nella rinascita dell’energia nucleare”.

Si è ormai perso il conto del numero delle volte in cui, anche da queste pagine, si è ricordato come in realtà Edf, azienda ancora sotto la stretta protezione del governo di Parigi, lanciatasi sul mercato durante i decenni del boom mondiale del nucleare, è ora in crisi per quanto riguarda il suo settore dedicato allo sviluppo e costruzione di nuovi reattori. Pertanto è all’affannosa ricerca di nuovi mercati da invadere; mercati che, per quanto riguarda il nucleare, si fanno sempre più rari a livello globale, trattandosi di una tecnologia in via di abbandono. Allora quale potenziale mercato può essere migliore dell’Italia, che abbandonato il nucleare 22 anni fa e pertanto ha anche perso le competenze tecniche per poter costruire e gestire da sola le centrali?

In questo momento l’Italia, per proseguire nel suo programma nucleare che è davvero unico al mondo (altrove infatti si chiudono le centrali), ha necessità di partners stranieri, perpetuando ed aumentando la sua dipendenza dall’estero per quanto riguarda la produzione energetica. Infatti, la collaborazione tra Enel e Edf è iniziata con la costruzione, nel 2007, del reattore Epr di Flamanville, in Normandia, che appartiene alla società francese, di cui Enel ha il 12,5% delle quote. Flamanville, anche se osannata dal ministro Claudio Scajola – che evidentemente non è molto preparato su temi tecnologici – è praticamente tra i peggiori biglietti da visita, avendo avuto una quantità elevatissima di problemi e guai già nella fase di costruzione, ancora in corso: una centrale che è riuscita ad avere incidenti, fughe radioattive, malfunzionamenti e guasti ancor prima di essere messa in esercizio.

Durante il mese di maggio 2008, l’Autorità francese per la sicurezza nucleare ha ordinato la sospensione dei lavori per irregolarità riscontrate nell’armatura in ferro dell’isolotto su cui dovrà poi poggiare il reattore nucleare e, non bastasse, sono anche state rilevate delle fessurazioni del cemento dovute alla scarsa qualità dei materiali e ad errori nella messa in opera dell’ armatura in ferro. Errori che, secondo l’Asn, manifestano una mancanza di rigore inaccettabile e che non depongono assolutamente a favore di quanto potrebbe avvenire in futuro in Italia.

Per quanto riguarda la collocazione delle 4 nuove centrali nucleari italiane, Enel e Ministero dello Sviluppo Economico mantengono uno stretto riserbo, ma numerosi centri di ricerca hanno elaborato e presentato studi di fattibilità per l’individuazione dei possibili siti. I criteri per la scelta sono stati resi pubblici più volte: la centrale Epr richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua senza però il pericolo d’inondazioni e, preferibilmente, lontano da zone densamente popolate. In pratica, richiedono una zona che in Italia non c’è.

Fra i nomi apparsi, ufficiosamente, ritornano quelli dei vecchi siti nucleari: Caorso nel Piacentino e Trino Vercellese, che ospitavano gli impianti chiusi in seguito al referendum del 1987. Sono entrambi nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico ed alta disponibilità di acqua di fiume, ma anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, potrebbe essere riesumato, dato che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell’acqua di mare. Secondo Legambiente ed il CNR, il quarto candidato ideale è Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si è fatto il nome di Porto Tolle, a Rovigo, dove c’è già una centrale a olio combustibile in processo di conversione a carbone. Gli altri nomi che ricorrono più spesso sono Monfalcone, Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia.

Non sembrano molto d’accordo i sindaci di alcuni di questi comuni. Lo conferma il sindaco di Caorso che dichiara: “Basta centrali nucleari a Caorso dopo lo smantellamento (decommissioning) effettivo entro il 2019”. Gli fa eco l’assessore regionale Duccio Campagnoli: “E’ importante che Caorso venga subito depennato dalle liste che lo vorrebbero tra i nuovi siti nucleari”. La ricerca non sarò facile, il consenso locale sarà difficilissimo.