Archivi del giorno: 11 dicembre 2009

ComeDonChisciotte – LA POVERTÀ, LA GIUSTIZIA DEL COMMERCIO GLOBALE E LE RADICI DEL TERRORISMO

ComeDonChisciotte – LA POVERTÀ, LA GIUSTIZIA DEL COMMERCIO GLOBALE E LE RADICI DEL TERRORISMO.

DI JOHN PERKINS
YES! Magazine

Il brano che segue è tratto da “Hoodwinked: un economista di successo rivela perché i mercati finanziari mondiali sono implosi, e cosa dobbiamo fare per ricostruirli”. Random House, 2009.

“Domenica, i cecchini dei Navy Seal hanno tratto in salvo un capitano illeso di una nave cargo americana e hanno ucciso tre pirati somali in un’ardita operazione nell’Oceano Indiano, mettendo fine a una situazione di stallo che durava da cinque giorni tra le forze navali degli Stati Uniti e una piccola banda di briganti in giubbotti di salvataggio arancione al largo del Corno d’Africa”.

Il New York Times ha pubblicato questo articolo nell’aprile del 2009. Le stesse parole “pirati”, “operazione ardita”, “stallo” e “briganti” erano tipiche dei media americani; hanno fatto sembrare come se gli odiati cowboy bianchi avessero cavalcato in soccorso di una città assediata da Billy the Kid e la sua banda. Avendo vissuto in quella parte del mondo come sicario dell’economia, sapevo che c’era un altro lato di ciò che era accaduto. Mi chiedevo perché nessuno si domandava nulla in merito alle cause della pirateria.

Ho ricordato le mie visite al popolo Bugi, quando sono stato inviato nell’isola indonesiana di Sulawesi nei primi anni ’70. I Bugi erano stati pirati infami sin dai tempi delle Società delle Indie Orientali nel 1600 e 1700. La loro ferocia aveva ispirato i marinai europei ritornati per disciplinare i loro figli disobbedienti con le minacce “l’uomo bugi ti si piglia”. Nel 1970, abbiamo temuto che avrebbero attaccato le nostre petroliere mentre passavano attraverso il vitale Stretto di Malacca.

Un pomeriggio, mi sedetti con uno dei loro anziani sulla riva sulawese. Guardavamo la sua gente costruire un galeone a vela, chiamato aprahu, proprio come aveva fatto per secoli. Come una gigantesca balena arenata, era alto e asciutto, sostenuto verticalmente da una fila di pali nodosi che sembravano radici che spuntavano dallo scafo. Dozzine di uomini si attivavano intorno ad esso, lavorando d’ asce, d’accette e trapani a mano. Gli ho espresso le preoccupazioni del mio governo, facendo capire che ci sarebbero state ritorsioni se le vie del petrolio venivano minacciate.


[Il recente libro di J. Perkins, a sinistra, e, a destra, il suo maggiore successo, tradotto in Italia col titolo “Confessioni di un sicario dell’economia”]

Il vecchio mi guardò. “Non eravamo pirati ai vecchi tempi”, disse, i suoi folti capelli bianchi andavano su e giù sdegnosamente. “Abbiamo solo combattuto per difendere la nostra terra contro gli europei che sono venuti a rubare le nostro spezie. Se oggi attacchiamo le vostre navi, è perché ci portano via il commercio; le vostre ‘navi puzzolenti’ inquinano le nostre acque col petrolio, distruggendo i nostri pesci e facendo morire di fame i nostri bambini”. Poi si strinse nelle spalle. “Ora, siamo in perdita”. Il suo sorriso era disarmante. “Come può una manciata di persone a bordo di navi a vela in legno combattere i sottomarini americani, gli aerei, le bombe e i missili?”

Pochi giorni dopo il salvataggio, il Times ha pubblicato un editoriale dal titolo “Lotta alla pirateria in Somalia”, che concludeva:

Ancora lasciata a se stessa, la Somalia può solo diventare più nociva, diffondendo la violenza ai propri vicini dell’Africa orientale, generando più estremismo e rendendo la navigazione nel Golfo di Aden sempre più pericolosa e costosa. Vari sono gli approcci in discussione, come cercare attraverso i potenti clan della Somalia di ricostituire prima le istituzioni locali e poi quelle regionali e nazionali. Queste soluzioni devono essere urgentemente considerate.

Da nessuna parte il Times – o uno qualsiasi degli altri media che ho letto, sentito o visto – ha fatto il tentativo di analizzare le radici del problema in Somalia. I dibattiti sull’opportunità di armare gli equipaggi delle navi e inviare più navi da guerra nella regione, abbondano. C’è stato quel vago riferimento alla ricostituzione di istituzioni regionali e nazionali, ma che cosa esattamente l’autore intende dire? Istituzioni che sarebbero davvero di aiuto, come ospedali pubblici, scuole e mense per i poveri? O milizie locali, prigioni e forze di polizia stile Gestapo?

I pirati erano pescatori la cui sussistenza era stata distrutta. Erano padri i cui figli avevano fame. Far cessare la pirateria significherebbe aiutarli a vivere in modo sostenibile, dando dignità alle loro vite. Potrebbero i giornalisti non capire questo? Qualcuno di loro ha visitato la baraccopoli di Mogadiscio?

Infine, l’edizione del mattino dell’NPR del 6 maggio ha trasmesso un rapporto di Gwen Thompkins; ella ha intervistato un pirata che andava sotto il nome Abshir Abdullahi Abdi. “Abbiamo capito che quello che stiamo facendo è sbagliato”, ha spiegato Abdi. “Ma la fame è più importante di qualsiasi altra cosa”.

Thompkins ha commentato: “I villaggi dei pescatori della zona sono stati devastati da pescherecci da traino clandestini e dallo scarico di rifiuti da parte delle nazioni industrializzate. Le barriere coralline, secondo quanto si dice, sono morte. Aragosta e tonno sono scomparsi. La malnutrizione è alta”.

Si potrebbe pensare che avessimo imparato dal Vietnam, l’Iraq, l’incidente del “Black Hawk Down” in Somalia nel 1993 e da altre incursioni simili, che le risposte militari raramente scoraggiano le insurrezioni. In realtà, spesso fanno il contrario; l’intervento straniero potrebbe far infuriare le popolazioni locali, motivarle a sostenere i ribelli e il risultato è un’escalation di attività di resistenza. Questo fu quello che successe durante la Rivoluzione Americana, le guerre in America Latina per l’indipendenza dalla Spagna, e nell’Africa coloniale, in Indocina, nell’Afghanistan occupato dai sovietici e in tanti altri luoghi.

Incolpare i pirati e altre persone disperate per i nostri problemi è una distrazione che non possiamo permetterci se vogliamo davvero trovare una soluzione alla crisi che dobbiamo affrontare. Questi incidenti sono i sintomi del fallimento del nostro modello economico. Essi sono, per la nostra società, l’equivalente di un attacco di cuore per una persona. Mandiamo i Navy Seals a salvare gli ostaggi come consentiremmo ai medici di eseguire un by-pass coronarico. Ma è indispensabile riconoscere che entrambe sono reazioni a un problema di fondo. In primo luogo, il paziente ha bisogno di capire le ragioni per cui il suo cuore si è guastato, come il fumo, la dieta e la mancanza di esercizio fisico. Lo stesso vale per la pirateria e tutte le forme di terrorismo.

Il futuro dei nostri figli è intrecciato con il futuro dei bambini nati nei villaggi di pescatori della Somalia, le montagne della Birmania (Myanmar) e le giungle della Colombia. Quando dimentichiamo questo, quando consideriamo quei bambini distanti, come un qualcosa di scollegato dalle nostre vite, o solo come i discendenti di pirati, di guerriglieri o corrieri della droga, puntiamo la pistola alla nostra stessa progenie, come pure a padri disperati e a madri in terre che sembrano così lontane, ma in realtà sono i nostri vicini della porta accanto.

Ogni volta che leggo sulle azioni adottate per proteggerci dai cosiddetti terroristi, devo stupirmi della ristrettezza di vedute della nostra strategia. Anche se ho incontrato gente simile in Bolivia, Ecuador, Egitto, Guatemala, Indonesia, Iran e Nicaragua, non ne ho mai incontrato uno che volesse davvero imbracciare un fucile. So che ci sono uomini e donne impazzite che uccidono perché non riescono a controllarsi, serial killer e assassini di massa. Sono certo che i membri di Al Qaeda, dei talebani e altri gruppi del genere sono guidati dal fanatismo, ma tali estremisti sono in grado di reclutare un numero considerevole di seguaci solo da gruppi di persone che si sentono oppressi o indigenti. I “terroristi” che ho trovato nelle grotte andine e nei villaggi del deserto sono persone le cui famiglie furono scacciate dalle società petrolifere, dalle dighe idroelettriche o dagli accordi del “libero commercio”, i cui figli muoiono di fame, e che non vogliono niente di più che tornare alle loro famiglie con cibo, sementi e accesso a terre che possano coltivare.

In Messico, molti dei guerriglieri e narcotrafficanti una volta possedevano fattorie in cui coltivavano mais. Hanno perso i loro mezzi di sussistenza quando il North American Free Trade Agreement (NAFTA) ha dato ai produttori statunitensi un vantaggio sleale sui prezzi. Ecco come l’Organic Consumers Organization, un’organizzazione no-profit che rappresenta oltre 850.000 soci, iscritti e volontari, lo descrive:

Da quando il NAFTA è entrato in vigore il 1° gennaio 1994, le esportazioni di mais degli Stati Uniti al Messico sono quasi raddoppiate a circa 6 milioni di tonnellate nel 2002. NAFTA ha eliminato le quote che limitano le importazioni di mais. . . . ma ha continuato a permettere agli Stati Uniti di sussidiare la propria produzione per rimanere competitiva sul mercato del mais messicano, essendo il costo di produzione americano minore di quello messicano . . . Il prezzo pagato agli agricoltori per il mais in Messico è sceso di oltre il 70 per cento. . .

Il passaggio di cui sopra espone il lato oscuro delle politiche del “libero commercio”. I Presidenti degli Stati Uniti e il nostro Congresso hanno applicato norme che vietavano agli altri paesi di imporre le tariffe sui prodotti americani o di sovvenzionare prodotti locali che potrebbero competere con la nostra industria agro-alimentare, mentre a noi permette di mantenere le nostre barriere d’importazione e sovvenzioni, dando così alle aziende americane un vantaggio sleale. Il “libero commercio” è un eufemismo; esso vieta agli altri di usufruire dei vantaggi offerti alle multinazionali. Non disciplina, però, l’inquinamento che sta sciogliendo i ghiacciai, l’accaparramento di terre e lo sfruttamento.

Padre Miguel d’ Escoto Brockmann, un sacerdote nicaraguense che assisteva la guerriglia sandinista ed è ora presidente dell’ Assemblea Generale dell’ONU, ha un apprezzamento diretto per tali eufemismi e il potere delle parole usato per influenzare le percezioni del pubblico. “Il terrorismo non è davvero un ‘ismo’”, mi disse. “Non c’è alcun legame tra i sandinisti che hanno combattuto i Contras e Al Qaeda, o tra la FARC colombiana e i pescatori diventati pirati in Africa e in Asia. Eppure sono tutti chiamati ‘terroristi.’ Questo è solo un modo comodo per il vostro governo di convincere il mondo che c’è un altro nemico ‘ismo’ là fuori, come lo era il comunismo. Esso distoglie l’attenzione dai problemi reali”.

La nostra mentalità ristretta e le politiche che ne conseguono fomentano la violenza, le ribellioni e le guerre. A lungo termine, quasi nessuno trae beneficio dall’attaccare le persone etichettate come “terroristi”. Con una sola eccezione eclatante: la corporatocrazia.

Coloro che possiedono e dirigono le imprese che costruiscono navi, missili e veicoli corazzati; che fanno cannoni, uniformi e giubbotti antiproiettile; che distribuiscono cibo, bevande analcoliche e munizioni; che forniscono assicurazioni, medicinali e carta igienica; che costruiscono porti, piste di atterraggio e alloggi; e ricostruiscono villaggi distrutti, fabbriche, scuole, ospedali – loro e solo loro, sono i grandi vincitori.

Il resto di noi sono ingannati da quell’unica, esagerata parola: terrorismo.

Il collasso economico attuale ha risvegliato in noi l’importanza di regolamentare e prevalere sulle persone che controllano le imprese che ricevono un vantaggio dall’abuso di parole come terrorismo e che commettono altre truffe. Ci rendiamo conto che oggi i colletti bianchi dirigenti non sono una speciale razza incorruttibile. Come il resto di noi, hanno bisogno di regole. Eppure non è sufficiente per noi ristabilire regole che separano le banche di investimento dalle banche commerciali e dalle compagnie di assicurazione, ripristinare le leggi anti-usura e imporre linee guida per garantire che i consumatori non siano gravati da un credito che non possono permettersi. Non possiamo semplicemente tornare a soluzioni che hanno funzionato prima. Solo con l’adozione di nuove strategie che promuovano a livello mondiale la responsabilità ambientale e sociale proteggeremo il futuro.

John Perkins ha adattato questo estratto di “Hoodwinked: un sicario dell’economia rivela perché i mercati finanziari mondiali sono implosi, e cosa dobbiamo fare per ricostruirli” per “YES! Magazine”, un’organizzazione informatica nazionale non-profit che combina idee potenti con azioni concrete. John è anche autore di “Confessioni di un sicario dell’economia”, “Il mondo è come tu lo sogni: Insegnamenti shamanistici del Rio delle Amazzoni e delle Ande”, e “Lo spirito del Shuar.

Titolo originale: “Poverty, Global Trade Justice, and the Roots of Terrorism “

Fonte: http://www.yesmagazine.org
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15.11.2009

Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di CONCETTA DI LORENZO

ComeDonChisciotte – IL PROGRAMMA SEGRETO DI COPENHAGEN

ComeDonChisciotte – IL PROGRAMMA SEGRETO DI COPENHAGEN.

FONTE: WASHINGTON’S BLOG

Gli artefici dei credit default swap dietro allo sviluppo dei “derivati sull’anidride carbonica”

Come avevo dimostrato in precedenza, i derivati speculativi (in special modo i credit default swap ) sono una delle cause principali. della crisi economica

E avevo sottolineato che le grandi banche realizzeranno profitti enormi sulle quote consentite delle emissioni di anidride carbonica, mentre l’illustre scienziato che sta facendo una crociata contro il riscaldamento globale sostiene che non funzioneranno e che esiste l’altissima probabilità di una gigantesca truffa e di un insider trading nei mercati delle quote delle emissioni di anidride carbonica.

Ora Bloomberg fa notare. che il programma delle quote delle emissioni di anidride carbonica sarà incentrato sui derivati:

Le banche si stanno preparando a fare con l’anidride carbonica quello che hanno fatto in precedenza: l’ideazione e la commercializzazione di contratti derivati che aiuteranno i clienti a proteggere i loro rischi sui prezzi nel lungo termine. Sono anche pronte a vendere prodotti finanziari legati all’anidride carbonica agli investitori esterni.

[Blythe] Masters sostiene che alle banche debba essere permesso di poter prendere l’iniziativa se un sistema obbligatorio di quote consentite delle emissioni di anidride carbonica è utile a salvare il pianeta al minor costo possibile. E i derivati legati all’anidride carbonica devono far parte di questo connubio, dice. I derivati sono titoli il cui valore è derivato dal valore di una merce sottostante – in questo caso, l’anidride carbonica ed altri gas serra…

Chi è Blythe Masters ?

E’ la dipendente di JP Morgan che ha inventato i credit default swap, e sta ora guidando gli sforzi di JPM sulle quote delle emissioni di anidride carbonica. Come osserva Bloomberg (questa e le altre citazioni provengono dall’articolo di Bloomberg riportato sopra):

Masters, 40 anni, sovrintende le attività ambientali della banca di New York in veste di responsabile globale dell’azienda nell’ambito delle materie prime.

Come giovane banchiere londinese all’inizio degli anni Novanta, Masters faceva parte del team di JPMorgan per sviluppare nuove idee per trasferire i rischi sui terzi. E continuò con la gestione del rischio sui crediti per la banca d’investimenti JPMorgan.

Tra i derivati sui crediti venuti alla luce dai primi sforzi della banca ci sono i credit default swap.

Alcuni membri del Congresso stanno combattendo contro i derivati sull’anidride carbonica:

“La gente taglierà i future sull’anidride carbonica e ci troveremo nei guai,” dice Maria Cantwell, senatrice democratica dello stato di Washington. “Non è possibile tenere il passo del prossimo strumento che andranno a creare.”

Cantwell, 51 anni, lo scorso novembre ha proposto che ai governi statali americani venga concesso il diritto di vietare i prodotti finanziari non regolamentati. “Il mercato dei derivati ha danneggiato pesantemente la nostra economia, non è nient’altro che un casinò dove si punta forte – tranne il fatto che i casinò devono attenersi alle regole”, ha riferito in un comunicato stampa.

Tuttavia il Congresso potrebbe cedere alle pressioni dell’industria e permettere il commercio over-the-counter dei derivati sull’anidride carbonica:

Il disegno di legge della Camera sulle quote delle emissioni di anidride carbonica vieta i derivati OTC, richiedendo che tutte le trattative sull’anidride carbonica vengano effettuate sugli scambi. I banchieri sostengono che un simile divieto sarebbe un errore… le banche e le aziende potrebbero ottenere quello che vogliono sui derivati sull’anidride carbonica in una legge separata in corso di elaborazione al Congresso…

Anche gli esperti finanziari si oppongono al mercato delle emissioni di anidride carbonica:

Persino George Soros, l’operatore miliardario di hedge fund, sostiene che i money manager dovrebbero trovare dei modi per manipolare i mercati delle emissioni di anidride carbonica. “Il sistema può essere truccato”, ha sottolineato Soros, 79 anni, in un seminario alla London School of Economics lo scorso luglio. “Per questa ragione piace ai tipi finanziari come me – perché ci sono delle opportunità finanziarie” …

Il gestore di hedge fund Michael Masters, fondatore della Masters Capital Management LLC con sede a Saint Croix nelle Isole Vergini americane [e senza alcun legame con Blythe Masters] dice che gli speculatori finiranno col controllare i prezzi dell’anidride carbonica americana, e il loro intervento potrebbe innescare lo stesso genere di cicli di espansione e recessione economica che hanno bastonato le altre materie prime…

Il gestore di hedge fund sostiene che le banche tenteranno di gonfiare il mercato dell’anidride carbonica ingaggiando investitori dagli hedge fund e dai fondi pensione.

“Wall Street lo venderà alla gente come un prodotto di investimento che non ha nulla a che vedere con l’anidride carbonica”, dice. “Poi improvvisamente i gestori degli investimenti domineranno l’asset class, e nulla sarà più collegato alla domanda e all’offerta reale. Abbiamo già visto questo film.”

Per la verità, come avevo rilevato in precedenza, anche numerosi ambientalisti si oppongono al mercato delle quote delle emissioni di anidride carbonica. Ad esempio:

Michelle Chan, un’esperta analista delle politiche a San Francisco per Friends of the Earth, non è affatto convinta.

“Dovremmo veramente creare un nuovo mercato da 2.000 miliardi di dollari quando non abbiamo ancora finito il lavoro per riorganizzare e collaudare una nuova regolamentazione finanziaria?” chiede. Chan sostiene che, vista la loro storia recente, dovrebbero essere tenute a freno le capacità delle banche di trasformare il cambiamento climatico in un nuovo mercato delle materie prime.

“Quello che ci ha fatto aprire gli occhi nella crisi del credito – ad un livello spaventoso e sconvolgente – è quello che accade nel mondo reale”, dice.

Chan di Friends of the Earth sta lavorando duramente per impedire alle banche di inserire anche l’anidride carbonica nel loro repertorio. Ha intitolato un rapporto di Friends of the Earth del marzo scorso “Anidride carbonica subprime?”. In una deposizione rilasciata a Capitol Hill, ammoniva: “Wall Street non farà solamente da intermediario nei normali derivati sull’anidride carbonica – diventeranno creativi.”

Sì, diventeranno “creativi” e abbiamo già visto questo film… un boom di derivati sull’anidride carbonica non regolamentati in modo adeguato destabilizzerà l’economia e porterà ad un altro crollo.

Fonte: http://www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=16449
8.12.2009

Traduzione a cura di JJULES per http://www.comedonchisciotte.org

ComeDonChisciotte – IL GIORNALE: QUELLA SOVRANITA’ DELLA MONETA IN MANI PRIVATE

Onore a “Il Giornale” edito dalla famiglia Berlusconi, perfino loro sono in grado di raccontare cose vere.

È chiaro che il motivo che li spinge a dare questa notizia vera è il fatto che i “ricchissimi banchieri” di cui parlano (e che sono al vertice della massoneria mondiale) vogliono adesso sbarazzarsi di Berlusconi perchè non è più utile ai loro interessi, anzi è diventato persino imprevedibile e incontrollabile. E adesso usano la mafia e gli scandali delle escort per raggiungere i loro scopi.

Che pena, ci vogliamo liberare dei politici collusi con la mafia e poi i detentori del vero potere, i banchieri e gli speculatori usano la mafia per consolidare il loro potere.

Fuori la mafia dallo stato e fuori la sovranità monetaria dalle mani private!

ComeDonChisciotte – IL GIORNALE: QUELLA SOVRANITA’ DELLA MONETA IN MANI PRIVATE.

FONTE: IL GIORNALE.IT

Oggi il Giornale ha pubblicato un pezzo autodefinito “Provocazione”, in cui ribadisce che la moneta dev’essere del popolo e non di una cricca di privati. Il Giornale di Berlusconi, sembra disposto in questa lotta all’ultimo sangue, a fare scoppiare il bubbone, con un articolo che mai e poi mai i suoi detrattori, in particolare il braccio armato Repubblica e i suoi finanzieri proglobalizzazione, avrebbero mai scritto. Da far riflettere su chi sta attaccando il Premier da oltre un anno, e sugli eventuali perché. O sul tipo di conflitto intestino che sta vivendo il nostro governo… Un intestino che puzza di interferenze straniere…
Nicoletta Forcheri (mercatoliberonews.blogspot.com)

Abbiamo ricominciato a tremare per le banche. Abbiamo ricominciato a tremare addirittura per gli Stati, a rischio di fallimento attraverso i debiti delle banche. Si è alzata anche, in questi frangenti, la voce di Mario Draghi con il suo memento ai governanti: attenzione al debito pubblico e a quello privato; dovete a tutti i costi farli diminuire. Giusto. Ma l’unico modo efficace per farli diminuire è finalmente riappropriarsene. Non è forse giunta l’ora, dopo tutto quanto abbiamo dovuto soffrire a causa delle incredibili malversazioni dei banchieri, di sottrarci al loro macroscopico potere?
Per prima cosa informando con correttezza i cittadini di ciò che in grande maggioranza non sanno, ossia che non sono gli Stati i padroni del denaro che viene messo in circolazione in quanto hanno delegato pochi privati, azionisti delle banche centrali, a crearlo. Sì, sembra perfino grottesca una cosa simile; uno scherzo surreale del quale ridere; ma è realtà.

C’è stato un momento in cui alcuni ricchissimi banchieri hanno convinto gli Stati a cedere loro il diritto di fabbricare la moneta per poi prestargliela con tanto di interesse. È così che si è formato il debito pubblico: sono i soldi che ogni cittadino deve alla banca centrale del suo paese per ogni moneta che adopera. La Banca d’Italia non è per nulla la «Banca d’Italia», ossia la nostra, degli italiani, ma una banca privata, così come le altre Banche centrali inclusa quella Europea, che sono proprietà di grandi istituti di credito, pur traendo volutamente i popoli in inganno fregiandosi del nome dello Stato per il quale fabbricano il denaro.

Ha cominciato la Federal Reserve (che si chiama così ma che non ha nulla di «federale»), banca centrale americana, i cui azionisti sono alcune delle più famose banche del mondo quali la Rothschild Bank di Londra, la Warburg Bank di Berlino, la Goldman Sachs di New York e poche altre. Queste a loro volta sono anche azioniste di molte delle Banche centrali degli Stati europei e queste infine, con il sistema delle scatole cinesi, sono proprietarie della Banca centrale europea. Insomma il patrimonio finanziario del mondo è nelle mani di pochissimi privati ai quali è stato conferito per legge un potere sovranazionale, cosa di per sé illegittima negli Stati democratici ove la Costituzione afferma, come in quella italiana, che la sovranità appartiene al popolo.

Niente è segreto di quanto detto finora, anzi: è sufficiente cercare le voci adatte in internet per ottenere senza difficoltà le informazioni fondamentali sulla fabbricazione bancaria delle monete, sul cosiddetto «signoraggio», ossia sull’interesse che gli Stati pagano per avere «in prestito» dalle banche il denaro che adoperiamo e sulla sua assurda conseguenza: l’accumulo sempre crescente del debito pubblico dei singoli Stati. Anche la bibliografia è abbastanza nutrita e sono facilmente reperibili sia le traduzioni in italiano che i volumi specialistici di nostri autori. Tuttavia queste informazioni non circolano e sembra quasi che si sia formata, senza uno specifico divieto, una specie di congiura del silenzio. È vero che le decisioni dei banchieri hanno per statuto diritto alla segretezza; ma sappiamo bene quale forza pubblicitaria di diffusione la segretezza aggiunga alle notizie. Probabilmente si tratta del timore per le terribili rappresaglie cui sono andati incontro in America quegli eroici politici che hanno tentato di far saltare l’accordo con le banche e di cui si parla come dei «caduti» per la moneta. Abraham Lincoln, John F. Kennedy, Robert Kennedy sono stati uccisi, infatti (questo collegamento causale naturalmente è senza prove) subito dopo aver firmato la legge che autorizzava lo Stato a produrre il dollaro in proprio.

Oggi, però, è indispensabile che i popoli guardino con determinazione e consapevolezza alla realtà del debito pubblico nelle sue vere cause in modo da indurre i governanti a riappropriarsi della sovranità monetaria prima che esso diventi inestinguibile. È questo il momento. Proprio perché i banchieri ci avvertono che il debito pubblico è troppo alto e deve rientrare, ma non è possibile farlo senza aumentare ancora le tasse oppure eliminare alcune delle più preziose garanzie sociali; proprio perché le banche hanno ricominciato a fallire (anche se in realtà non avevano affatto smesso) e ci portano al disastro; proprio perché è evidente che il sistema, così dichiaratamente patologico, è giunto alle sue estreme conseguenze, dobbiamo mettervi fine. In Italia non sarà difficile convincerne i governanti, visto che più volte è apparso chiaramente che la loro insofferenza per la situazione è quasi pari alla nostra.

Fonte: http://www.ilgiornale.it
Link: http://www.ilgiornale.it/economia/provocazione_quella_sovranita_moneta_mani_private/11-12-2009/articolo-id=406009-page=0-comments=1
11.12.2009

Il patto tra Dell’Utri e Cosa Nostra nella sentenza che nessuno legge

Fonte: Il patto tra Dell’Utri e Cosa Nostra nella sentenza che nessuno legge.

In aula il boss stragista Filippo Graviano difende il senatore e lui lo elogia: “Mi ha colpito la sua dignità”.

È bastata una mattina per ascoltare a Palermo i fratelli Graviano. Tra i due solo Filippo ha accettato di rispondere alle domande del procuratore generale Nino Gatto. Giuseppe si è invece avvalso della facoltà di non rispondere. Filippo, che non è un collaboratore di giustizia, ha ovviamente negato di conoscere Marcello Dell’Utri e ha sostenuto di non aver mai detto, nel 2003, al pentito Gaspare Spatuzza, “se non arriva qualcosa da dove deve arrivare, anche noi dovremo metterci a parlare con i magistrati”. Dal punto di vista processuale le sue parole, così come quelle di Cosimo Lo Nigro (uno dei condannati non pentiti per le stragi del ’93 pure interrogato in video-conferenza), valgono zero. Basti pensare che Filippo Graviano ha negato di conoscere persino una delle due persone con cui vene arrestato nel 1994, mentre ha detto che l’altra non era con lui al momento del fermo. Questo insomma è sufficiente per bollarlo come un teste assolutamente inattendibile. L’imputato Marcello Dell’Utri ha comunque spiegato di essere rimasto favorevolmente impressionato dal più giovane dei due fratelli Graviano che oggi, dopo le condanne all’ergastolo, dice di essere “impegnato in un percorso di legalità” .

Il senatore azzurro, dopo essersela presa con la trasmissione Annozero, ha avuto frasi di stima per il boss mafioso: “Sentendo la deposizione di Filippo Graviano mi è sembrato sinceramente una persona ravveduta. Mi ha colpito la dignità di questo signore, il suo mi sembra un pentimento vero, sono parole che mi hanno meravigliato”. Silvio Berlusconi, invece, non parla dei Graviano con i giornalisti: “Qui siamo alle comiche, ma come si fa?”. Di seguito pubblichiamo dunque la seconda parte della riduzione della sentenza che in primo grado ha condannato Dell’Utri a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Per il tribunale i rapporti tra i Graviano e il senatore erano “accertati”. E per sicuro veniva dato pure l’accordo politico-mafioso tra l’ideatore di Forza Italia e Cosa Nostra. Sul Il Fatto in edicola trovate invece la storia esclusiva di una società, controllata da un riciclatore del clan di Brancaccio, che lavorava per Pagine Utili, una società Fininvest capitanata da Dell’Utri.

Leggi e scarica l’articolo di Marco Travaglio e Peter Gomez da il Fatto Quotidiano del 10 dicembre (PDF 1,40 MB)


Fonte: il Fatto Quotidiano
(11 Dicembre 2009)