Antimafia Duemila – La mafia c’e’ da tempo in Parlamento

Fonte: Antimafia Duemila – La mafia c’e’ da tempo in Parlamento.

di Claudio Fava – 27 febbraio 2010
Se vogliamo dirla tutta, la mafia non è entrata in Parlamento con il senatore Di Girolamo. Le cosche, i loro uomini in Parlamento li spediscono con solerte puntualità da parecchi decenni.

Vi ricordate Gaspare Giudice, uno dei fondatori di Forza Italia in Sicilia? Nel 1998 la Procura di Palermo chiese all’aula di Montecitorio il suo arresto ritenendo che fosse a disposizione della Famiglia di Caccamo. «Gasparino! Guarda che lì dentro ti ci abbiamo messo noialtri!» gli mandavano a dire al telefono: e l’onorevole obbediva.
Alla fine Giudice è stato assolto con molti reati prescritti e una sentenza in cui si afferma di aver «verificato con assoluta certezza» l’appoggio datogli da Cosa nostra nel 1996 e «con grandissima probabilità » anche nel 2001. Tanto per non sbagliare, la Camera aveva già bocciato l’autorizzazione all’arresto decidendo di impedire anche l’utilizzo processuale dei tabulati telefonici che lo accusavano.
Disse Berlusconi in quei giorni: «Essendo Giudice vice coordinatore di Forza Italia in Sicilia e avendo avuto quindi rapporti con l’onorevole Gianfranco Miccichè, non si può neppure immaginare alcun alone di dubbio intorno a lui, perché altrimenti non avrebbe potuto avere quell’incarico». Essendo, avendo… Cogito ergo sum. È accaduto, non di rado, che qualche zelante procura abbia
chiesto di associare alle patrie galere un parlamentare della Repubblica.
Non è mai accaduto che questa richiesta sia stata accolta. Nel 2001 il mafioso Giuseppe Mangion, braccio destro di Nitto Santapaola, intercettato dai carabinieri, spiegava che la Famiglia aveva deciso di appoggiare alle elezioni Forza Italia e di puntare su un cavallo vincente: Pino Firrarello. Puledro di razza, visto che due anni prima il Senato aveva già ricevuto, e rigettato, la richiesta di autorizzare l’arresto di Firrarello per associazione a delinquere, corruzione e concorso esterno in associazione mafiosa. Uno che si fa voler bene
da tutti, Firrarello: mentre Mangion lo suggerisce come candidato della «famiglia», Forza Italia lo indica come componente dell’Antimafia. Tecnicamente, un ossimoro.
Va da sé che Firrarello, condannato in primo grado per turbativa d’asta a due anni e otto mesi, continui a fare il senatore, ricandidato d’ufficio da Berlusconi alle ultime elezioni per «una causa di verità e di libertà». Amen.
Altro giro, altra scorno. Nicola Cosentino: è uomo nostro, dice un collaboratore di giustizia parlando a nome del clan dei Casalesi. Il resto è storia nota. La procura di Napoli chiede l’arresto dell’onorevole: la giunta per le autorizzazioni respinge; Cosentino si dimette da sottosegretario: Silvio Berlusconi respinge. Fine delle trasmissioni.
E qui si sorvola, per carità istituzionale, sul senatore Dell’Utri. La sua richiesta d’arresto fu respinta all’unanimità dalla giunta per le autorizzazioni l’8 aprile 1999 (governava l’Ulivo, ci pare…). Poi ci fu il processo, poi la condanna a nove anni di carcere. Dice la sentenza: «Vi è la prova che Dell’Utri aveva promesso alla mafia precisi vantaggi in campo politico e, di contro, vi è la prova che la mafia, in esecuzione di quella promessa, si era vieppiù orientata a votare per Forza Italia». Il commento lo lasciamo all’onorevole Nicola Latorre: «Con il senatore Dell’Utri esiste un rapporto di grande cordialità e di stima reciproca. La mia impressione su di lui è estremamente positiva: penso sia una persona pacata, sensibile e di spessore».
Insomma, questo Di Girolamo, pizzetto bianco e l’aria imbambolata da ultimo banco, non è il primo a far da chaperon delle cosche in Parlamento. Personaggio a metà fra il tragico e il ridicolo, s’era fatto scoprire tre ore dopo essere stato eletto quando un cronista aveva verificato che al suo presunto indirizzo di Bruxelles c’era un negozietto di frutta e verdura. Eppure anche in quel caso il Senato gonfiò il petto e disse un no secco e sfacciato alla richiesta d’arresto. Adesso, di fronte alla sconvenienza di quelle intercettazioni, la destra prova a salvare la faccia degradando Di Girolamo a impostore, togliendogli pubblicamente i galloni di senatore ed evitando, soprattutto, il pericolosissimo precedente d’una Camera che voti l’autorizzazione all’arresto d’uno dei suoi protetti.
Tutto questo per dirvi di fare attenzione: le cosche non si stanno timidamente affacciando all’uscio del nostro Parlamento: ci sono entrate più volte in questi anni.
È vero quello che scriveva Saviano ieri: colpa grave sarebbe abituarsi.
Ma la sua è una preoccupazione vecchia almeno di quindici anni: a quelle porte spalancate a calci, ai bivacchi – per interposta persona – delle mafie nelle nostre istituzioni, questo paese s’è abituato ormai da molto tempo.v

Tratto da: l’Unita’

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