Maria Fida Moro: “Cossiga è il responsabile della morte di mio padre”.
Il senatore a vita ed ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga se ne è finalmente andato all’età di 82 anni. Assieme al corpo la morte di Cossiga seppellirà un torbido impostore, uno spietato e bieco massone, un eversore golpista corrotto nell’animo camuffato da cattolico, che ha coronato la sua arricchita vita da politico grazie a 50 anni di silenzi e omertà sulle più sanguinose stragi di Stato, culminate col suo ruolo di presidente del Consiglio durante i giorni del sequestro Moro, nel 1978.
Ero bambino, ricordo i servizi in bianco e nero che la tivù di regime trasmetteva nei telegiornali. Intravedevo nell’immagine dell’ancora giovane Cossiga una tracotante baldanza nelle sembianze di un uomo a forma di armadio blindato, dietro il quale si celavano, soffocate da una patina isolante, le urla di disperazione dei martiri della patria, quelli sì, veri servitori dello Stato, torturati e uccisi perché testimoni di un ideale politico espresso da una corposa fetta di cittadini italiani che esprimevano nell’urna tramite il voto il loro unico frammento di libertà.
Con Francesco Cossiga scompare un lurido sarcofago debordante di scheletri dalle ossa rotte a mo’ di picconate, che ha stazionato nei palazzi del potere assieme al prescritto per mafia Giulio Andreotti (qualcuno sa se sia ancora vivo?) alleati di una generazione di terroristi impegnati nel proteggere il segreto di Stato sotto le mentite spoglie di Paese democratico.
Un servitore della mafia prima che dello Stato, e della Loggia P2 prima che degli italiani onesti, Cossiga da ministro dell’Interno fu un autentico guru nel pilotare l’Italia verso il loro regime. Fu lui a guidare e nominare la cricca di piduisti nei gangli del potere e del controllo degli apparati di sicurezza dello Stato italiano, appositamente per depistare le indagini sul sequestro Moro. Dagli ex generali Giuseppe Santovito nel Sismi e Giulio Grassini nel Sisde, a Walter Pelosi nel Cesi e Raffaele Giudice al vertice della Guardia di Finanza. Da Pietro Musumeci capo dell’ufficio “Controllo e sicurezza” agli ex colonnelli Giuseppe Belmonte, Elio Cioppa, Domenico Scoppio dirigente del Sios (servizio informazioni dell’Esercito), Sergio Di Donato (addetto alla gestione fondi), Antonio Romano (addetto alla sicurezza) fino all’ex capitano dei Carabinieri Vincenzo Rizzuti, è grazie al loro operato se Aldo Moro non fu mai ritrovato vivo.
Il Viminale di Cossiga, subito dopo la strage del rapimento in Via Fani, incrementò la ragnatela della P2 ingaggiando in qualità di esperti gli iscritti Federico Umberto D’Amato e lo psichiatra Franco Ferracuti (uomini di fiducia della Cia) il prefetto Fernando Guccione (a capo della “cossighiana” Sala direzione globale) l’ammiraglio Antonio Geraci a capo del Sios Marina (la maggior infiltrata nella P2) e Steve Pieczenik, uomo di fiducia del Segretario di Stato americano Henry Kissinger che da tempo lamentava le simpatie per i comunisti da parte delle alleate Francia e Italia tramite Aldo Moro.
All’indomani del ritrovamento del cadavere di Moro, Cossiga si dimise dal Viminale con un comunicato che celava con cinica chiarezza la copertura offerta alla banda piduista vincitrice occulta sulla resa dello Stato. La P2 mantenne il controllo dei servizi segreti e pilotò le indagini sul sequestro e l’uccisione dello statista democristiano rendendole inconcludenti.
Cossiga mentì ai magistrati dicendo di aver conosciuto Gelli dopo la tragedia Moro tramite il segretario di Donat Cattin, Ilio Giasolli, ma Gelli al contrario, dichiarò di aver conosciuto Cossiga nel 1972. Per il suo contributo di alleato con la malavita piduista che ancora oggi governa l’Italia, Francesco Cossiga tornò alla ribalta a Palazzo Chigi guidando ben 2 governi, il primo nel 1980 tripartitico in cui diventarono ministri i piduisti Adolfo Sarti alla Difesa e Gaetano Stammati al commercio estero. Nel secondo governo dello stesso anno (settembre) Sarti finì all’Istruzione lasciando il posto alla Difesa al massone Lelio Lagorio, e al compagno di merende Enrico Manca il Ministero del commercio estero (successivamente nominato direttore della Rai).
E’ grazie a quelle nomine eversive di Francesco Cossiga se la Loggia P2 ha impiantato le radici in Italia e spianato la strada alla cricca di Berlusconi. Per questo Francesco Cossiga fu premiato con un settennato da presidente della Repubblica delle banane. Stimato dai piduisti Berlusconi e Cicchitto, riverito da terroristi e brigatisti per il suo impegno portato avanti fino al 2008 nel cercare di liberarli tutti con un’amnistia, assieme a spie ed eversori dell’ordine democratico commessi contro lo Stato italiano, si è recentemente speso “cercando di sistemare un parente in Rai“, ossia nominare direttruce del Tg3 sua nipote Bianca Berlinguer e tentato di convincere il direttore di Rai2 Mauro Masi ad affiancare un antagonista a Marco Travaglio in Annozero per “normalizzare” il programma. Fervente sostenitore dell’esame psicoattitudinale per i magistrati, Francesco Cossiga è morto con la pensione di Tenente colonnello a libro paga degli italioti senza aver mai svolto un giorno di servizio militare, grazie a una legge fascista di Mussolini.
Ricorderemo Cossiga per essere stato un dannoso, pericoloso e sovversivo massone che si porta nella bara i segreti delle più orrende stragi di Stato, per le quali ceninaia di famiglie italiane hanno versato litri di lacrime senza avere mai avuto giustizia: Bologna, Ustica, Italicus, delitti Pecorelli e Calvi, intrecci criminali tra Sindona e la banca vaticana, le stragi Falcone e Borsellino, con Cossiga muore uno dei più efferrati traditori della democrazia in giacca e cravatta che, tra una picconata e un invito a legnare a sangue gli studenti in piazza, è riuscito a tacere su quelle orrende pagine della storia italiana fino all’ultimo. Senza mai recarsi da un magistrato a denunciare ciò che sapeva, Cossiga contende all’eroe Vittorio Mangano il podio di icona del presidente del consiglio dei piduisti attuale, che ha prostrato in ginocchio – anche oggi – giornali e tivù in un unico coro stonato concentrato sulle 4 lettere indirizzate alle alte cariche intrise di fandonie populiste, degne da Repubblica delle banane. A prova di bombe che io ricorderò con 4 lettere di altro tenore: M.O.R.O.
Ecco, da ateo, rimpiango che non esista un inferno in cui possa ardere Francesco Cossiga assieme ai papi e ai porporati che oggi lo riveriscono