Archivi del giorno: 13 dicembre 2010

Cancún: il clima che si spezza

Fonte: Blog di Beppe Grillo – Cancún: il clima che si spezza.

Alla conferenza di Cancún si è deciso di non decidere. Forse non si poteva fare altro di fronte agli egoismi nazionali. Un accordo mondiale sul clima è oggi impossibile. Si è preferito un “fai da te” dove ogni nazione dovrà decidere se e come avviare delle azioni per salvare la Terra. E così, mentre gli Stati si occupano di incentivare la produzione e creano debito a livello insostenibile, la temperatura del pianeta aumenta. Nell’ultimo numero del “Royal Scientist’s journal” si prevede un incremento probabile di 4 gradi entro il 2060 in mancanza di una politica globale e la certezza che è quasi impossibile impedire un innalzamento di 2 gradi secondo lo studio pubblicato dallo “UN Environment Programme“.
Un promemoria sulle conseguenze (*):
+ 1° (in atto, ndr) : Fusione dell’Artico – Scomparsa dei ghiacci dal Kilimanjaro – Ritiro dei principali ghiacciai dalle Alpi al Tibet – Inizio della distruzione Grande Barriera Corallina – Estinzione di centinaia di specie – Aumento di numero e di intensità degli uragani – Innalzamento livello del mare con numerosi atolli sommersi, tra cui l’arcipelago di Kiribati con 78.000 persone
+ 2° : Riduzione dell’alcalinità dei mari con la progressiva distruzione del placton e degli organisni con i gusci di carbonato di calcio (il placton è alla base della catena alimentare oceanica) – Calo della crescita delle piante in Europa fino al 30% – Incendi su larga scala in Europa – Fusione dei ghiacciai della Groenlandia – Scomparsa dell’orso polare – Carestie in India e in Pakistan
+ 3° : Scomparsa dell’Amazzonia e delle foreste pluvilali – Desertificazione dell’Australia – Superuragani nell’America del Nord – Siccità permanente nel continente indiano a causa del cambiamento dei monsoni – Indo e Colorado in secca – New York e altre città costiere sommerse dall’acqua – Sviluppo delle epidemie in Africa
+ 4° : Scioglimento dell’Antartide – Delta del Nilo sommerso dal mare – Carestia in Cina – Migrazioni di massa verso i Paesi temperati come Russia e Europa
Il blog ha raggiunto Thomas Kleine-Brockhoff, uno dei responsabili della Conferenza sul Clima, a Cancún.

(*) dal libro: “Sei gradi” di Mark Lynas, premiato nel 2008 in Gran Bretagna con il “Royal Society Science Books Prize”

Intervista telefonica a Cancún a Thomas Kleine-Brockhoff, Direttore Generale del dipartimento di programmi politici del GMFUS. Senior Director, Policy Programs.

Da Copenhagen a Cancún
“Sono Thomas Kleine-Brockhoff e lavoro per il German Marshall Fund di Washington DC che si occupa della supervisione di programmi transatlantici riguardo alla globalizzazione, tra cui quelli climatici. Il primo punto è come il cosiddetto accordo di Copenhaghen concordato dai Paesi, o meglio da un gruppo di Paesi, alla Conferenza dello scorso anno, ora è divenuto parte degli obiettivi ufficiali e dei pacchetti ufficiali della Conferenza delle Nazioni Unite.Questo è importante perché i medi e lunghi termini degli obiettivi sono stati schematizzati e, grazie a questo accordo, potremmo riuscire a fare passi avanti sul tema del surriscaldamento globale. La prima problematica è relativa all’approfondimento dell’accordo di Copenhagen. La seconda questione riguarda il grado di intensità di verifica e supervisione della mitigazione climatica che le Nazioni Unite sarebbero in grado di combattere in diversi Paesi. Su questo punto la Cina è molto scettica. Ci sono altre grandi questioni, ma queste due sono le più importanti. Capire cosa accadrà alla prossima Conferenza Climatica è complicato. L’idea delle Nazioni è di guardare oltre, verso un accordo mondiale giuridicamente vincolante. Quest’idea, all’estero, fallirà per molti anni a venire. La negoziazione ha avuto difficoltà, come ne ha avute a Copenhagen, ma lo stile, il tono e il procedimento sono stati differenti. Le persone non vogliono essere tenute all’oscuro del fallimento, che è ciò che vorrebbero i Cinesi. Vorrebbero salvare il sistema delle belle parole che è il motivo per cui si tengono in contatto con differenti toni e modi. Comunque quando si tratta di di negoziare i dettagli minori è dura ed è molto probabile che, per molti anni a venire, non ci sarà nessun accordo globale. Da quando a Copenhagen quella visione è fallita e dall’approccio dall’alto verso il basso di regolamentazione, il mondo ha cambiato il suo metodo ad una valutazione di fondo dell’impegno volontario che è ancora la cosa più difficile per le Nazioni, specialmente per l’Europa, che è stata in prima linea per il concetto di ostilità europea, e loro amano gli approcci legalistici, dall’alto verso il basso. Il mondo ha dimostrato che Copenhagen non è pronta per ciò e sta dimostrando che anche Cancún non è ancora pronta.

Lo scioglimento delle calotte polari
E’ necessaria una transizione globale verso un’industria basata sull’energia pulita anche come stile di vita. La domanda è: “Qual è il modo migliore per raggiungere questo risultato?”. Per 20 anni dalla negoziazione di Kyoto, ci si è concentrati su un approccio dall’alto verso il basso per un accordo legalmente vincolante. Ora ci siamo resi conto che non possiamo avere questo tipo di regolamentazione, dobbiamo capire che l’impegno volontario,che i Paesi stanno avendo per i propri interessi, non sarà sufficiente per limitare il calore terrestre ad un livello che è definito scientificamente accettabile di 1,582°C di riscaldamento. Il mondo potrebbe, probabilmente, sopportare 2°C di danno. Perciò ora la questione diventa come colmare il vuoto tra quello che le persone e i Paesi sono in grado di fare in modo volontario e quello che risulta scientificamente necessario. E’ questa la questione che verrà discussa nei prossimi anni. Come possono le istituzioni internazionali finanziarie favorire progetti finalizzati a migliorare in questo senso. Le banche americane si stanno muovendo in questa direzione, anche molte banche internazionali. Per esempio la Inter-American Development Bank sta pianificando di modicare il suo tasso di interesse per favorire gli investimenti su fonti di energia rinnovabili. Quindi, Conferenze come queste sono occasioni per la Comunità Mondiale di trovare nuove idee e strumenti, ma non sono certo utili per trovare un accordo globale sull’ambiente. O quantomeno non nel breve termine.
Se avessimo trovato un accordo non necessariamente le cose sarebbero cambiate, basti ricordare che l’accordo di Kyoto si rivolgeva a circa 2-3 dozzine di Paesi di cui solo 5 hanno fatto ciò che era stabilito nell’accordo. Quindi dobbiamo fare un passo indietro dall’idea che un accordo salverà il mondo. Abbiamo visto che gli accordi sono irraggiungibili e, se sono irraggiungibili, sono troppo deboli per fare qualsiasi cosa. Le conseguenze attuali sono le più ovvie. Una è lo scioglimento delle calotte polari che sta avendo luogo soprattutto nell’Artico. Le calotte polari stanno scomparendo, non sono ancora invisibili, ma se continuano ci saranno conseguenze drammatiche. Io credo che anche se non ci fosse un accordo globale vincolante, dovremmo considerare il fatto che ci sono altre strade. Io credo che questo vertice climatico ogni anno abbia un’enorme importanza e che questi siano gli unici eventi globali dove la scienza, il business e tutta la comunità si incontrino in un processo osmotico. Questa è l’Esposizione Universale dell’Energia Climatica. Qualsiasi potenza mondiale che ha qualcosa da dire e pensa a questi problemi si ritrova in questa circostanza. Queste conferenze hanno un’enorme rilevanza per definire la capacità globale e per come cambiare il nostro modo di vivere. Quando si guarda a cosa è successo nelle ultime 5 conferenze globali di cui sono stato testimone, la questione principale è stata l’economia basata sull’energia pulita. Ogni anno l’approccio e le tematiche si sono sviluppate e si sono fatti grandi passi avanti. Qui ci sono grandi questioni al vaglio. E’ un grande generatore di idee e di progetti, a partire dalla tematica della trasformazione di energia pulita. Il secondo elemento sarà che, quando avrai un sistema volontario nel futuro (di controllo delle emissioni, ndr), avrai bisogno di sistemi di misurazione e di standard. Non posso pensare a qualcuno capace di definire questi standard se non le Nazioni Unite. C’è una netta differenza fra l’approccio di oggi e quello che del futuro. Dovremmo scendere su un livello di dettaglio maggiore e affrontare le tematiche da un punto di vista più tecnico e scientifico.
Io non sono uno scienziato nazionale. Mi limito a ripetere ciò che leggo, ciò che la gente dice, ma sembra essere un’opinione condivisa che, una volta che le calotte polari si saranno sciolte, ci vorrà molto tempo perchè si riformino. Non è come il tuo congelatore che, un giorno, lo puoi spegnere ed il giorno seguente accendere e hai di nuovo i cubetti di ghiaccio. Non è certo questo il caso. Da ciò che ho appreso dagli scienziati, è un processo che potrebbe essere sia reversibile che irreversibile.

UNA SETTA DI BANCHIERI DECIDE LE SORTI DEL MONDO

Fonte: ComeDonChisciotte – UNA SETTA DI BANCHIERI DECIDE LE SORTI DEL MONDO.

DI MURIZIO MOLINARI
lastampa.it

Sono nove, si riuniscono il terzo mercoledì del mese, controllano tutta la finanza

Nove banchieri delle più importanti istituzioni finanziarie di Wall Street si riuniscono il terzo mercoledì di ogni mese nel Distretto finanziario di Manhattan per assicurarsi il controllo e la floridezza del mercato che più preoccupa la Casa Bianca: quello dei derivati.

L’amministrazione Obama ha tentato invano di sottoporli a rigidi controlli nella recente riforma finanziaria varata dal Congresso, e Paul Volcker, l’ex presidente della Federal Reserve consigliere dello Studio Ovale, ne è il critico più aspro, indicandoli come un mercato che «sfugge a ogni regola» e continua a minare la stabilità di Wall Street dopo aver già contribuito alla crisi del settembre 2008. Ma le pressioni di Casa Bianca e Congresso hanno una debole eco nelle riunioni che vedono attorno ad un tavolo banchieri di giganti come JP Morgan Chase, Goldman Sachs, Deutsche Bank e Morgan Stanley interessati soprattutto a mantenere il controllo di scambi annuali per molti trilioni di dollari che sfuggono a ogni supervisione visto che i derivati sono prodotti finanziari in gran parte non quotati in Borsa.

A seguito,“WALL STREET, LE CENE DEL “CLUB DEI DERIVATI” COSI’ I BANCHIERI DECIDONO LA SPECULAZIONE” (Federico Rampini, repubblica.it);

Dunque vengono scambiati privatamente e spesso registrati nei bilanci in maniera così ambigua da suggerire sospetti di illeciti. E’ proprio per indagare sul possibile rischio di frodi capaci di mettere a rischio la stabilità delle maggiori banche – e dunque i risparmi di milioni di cittadini – che il ministero della Giustizia di Washington ha creato una task force investigativa, il cui titolare Robert Litan ha scoperto il segreto del «club del mercoledì» finito ieri sulla prima pagina del New York Times.

A dare corpo all’indagine sono state le testimonianze raccolte fra gli alti funzionari di Bank New York Mellon, fondata nel 1784, che hanno consentito di ricostruire come la loro richiesta di entrare nel «club del mercoledì» – che porta il nome di Ice Trust – sia stata rifiutata dai nove banchieri sulla base della convinzione che «la domanda non era sostenuta da un sufficiente volume di scambi di derivati durante l’anno».

«Si tratta di una risposta assurda perché siamo una delle banche da più tempo attive nel Distretto finanziario» ha fatto presente Sanjay Kannambadi, ceo della sussidiaria creata da Bank New York Mellon per entrare nell’Ice Trust, secondo il quale «il vero motivo per cui ci hanno tenuti fuori è la volontà di mantenere alti margini di profitto e di non condividere con altri la redazione delle regole che governano questo tipo di scambi».

Di fronte a tale ricostruzione Robert Livan non ha fatto altro che riscontrare la possibile creazione di un gruppo finanziario impegnato a gestire il mercato dei derivati con metodi non pubblici, sollevando lo scenario di qualcosa che assomiglia a una setta segreta di banchieri nel cuore di Wall Street per gestire i prodotti derivati che continuano a essere quelli capaci di garantire i maggiori profitti economici.

Da qui l’inchiesta, solamente all’inizio, che minaccia di mettere a soqquadro Wall Street. Gary Gensler, presidente della Commodity futures trading commission incaricata di regolare gli scambi della maggioranza dei derivati, suggerisce la necessità di «una maggiore supervisione sull’operato delle banche» al fine di scongiurare il rischio di intese non pubbliche destinate ad «aumentare i costi per tutti i cittadini americani». Ma i membri del «club del mercoledì» respingono tali accuse, affermando l’esatto contrario. «Il sistema creato consente di ridurre i rischi esistenti in questo mercato e fino a questo momento la cooperazione fra noi si è rivelata un successo» ha dichiarato al New York Times una portavoce di Deutsche Bank, lasciando intendere che il super-club svolge quelle mansioni di controllo che la riforma finanziaria non è riuscita ad assegnare ad alcuna istituzione.

Maurizio Molinari
Fonte: http://www.lastampa.it
Link; http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/finestrasullamerica/grubrica.asp?ID_blog=43&ID_articolo=1887&ID_sezione=58&sezione=
13.12.2010

WALL STREET, LE CENE DEL “CLUB DEI DERIVATI” COSI’ I BANCHIERI DECIDONO LA SPECULAZIONE

DI FEDERICO RAMPINI
repubblica.it

Il terzo mercoledì di ogni mese nove membri di una élite della finanza Usa fissano le strategie Il Dipartimento di Giustizia ha aperto un´inchiesta. Ma trovare le prove è quasi impossibile

NEW YORK. Di nuovo loro: i Padroni dell´Universo. Stessi nomi, stessi vizi, una storia che sembra condannata a ripetersi e col finale che rischia di essere già scritto: l´impunità. Stavolta è l´intero mondo dei titoli derivati – finanza “tossica” che ebbe un ruolo cruciale nella crisi del 2008 – l´oggetto delle loro congiure. Una vera e propria “cupola” di grandi banchieri esercita un potere esclusivo di controllo su questo mercato. Fuori da ogni trasparenza, e al riparo da ogni concorrenza. «Il terzo mercoledì di ogni mese – rivela il New York Times – nove membri di una élite di Wall Street si riuniscono a Midtown Manhattan. I dettagli delle loro riunioni sono coperti dal segreto. Rappresentano Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Deutsche Bank, Barclays, Ubs, Credit Suisse». Ufficialmente, i nove banchieri di questo potentissimo comitato d´affari hanno il compito di «salvaguardare la stabilità e l´integrità» su un mercato che muove ogni giorno migliaia di miliardi di dollari. Di fatto, il club dei nove «protegge gli interessi delle grandi banche che ne fanno parte, perpetua il loro dominio, contrasta ogni sforzo per rendere trasparenti i prezzi e le commissioni». La denuncia raccolta dal New York Times viene dal massimo organo di vigilanza. La fonte più autorevole all´origine dell´inchiesta è Gary Gensler, capo della Commodity Futures Trading Commission.

L´uomo a cui Barack Obama ha affidato il compito di fare pulizia in un mercato altamente speculativo. Ma Gensler è costretto ad ammettere la sua impotenza. «Il costo di quelle pratiche lo paga tutto il resto dell´economia, lo pagano tutti gli americani», lamenta Gensler. E naturalmente anche gli europei, visto che Wall Street è il centro della finanza globale. I derivati infatti hanno innumerevoli usi, una parte dei quali sono “virtuosi” e più vicini a noi di quanto possiamo immaginare. I fondi pensione li utilizzano per ridurre il rischio di perdite sui loro investimenti nel caso che le tendenze di mercato abbiano improvvisi rovesci (per esempio un futuro rialzo dei rendimenti sui buoni del Tesoro che deprime il valore di quelli in portafoglio). Le compagnie aeree e navali comprano derivati per attutire il colpo di un rincaro del petrolio. L´industria agroalimentare si protegge da aumenti nel costi dei raccolti. Perfino il consumatore, l´automobilista, è vittima di manovre speculative che attraverso i derivati accentuano il boom delle materie prime. Nessuno dei protagonisti dell´economia reale è veramente tutelato dalle manipolazioni su questi strumenti. Nessuno sa cosa decidono i nove membri del club esclusivo che si riunisce il terzo mercoledì del mese. Il Dipartimento di Giustizia ha aperto un´inchiesta «sulla possibilità di pratiche anti-concorrenziali nel clearing e nel trading sui derivati». I sospetti di collusione e di un vero e proprio cartello non sono nuovi. Ma trovare le prove è difficile. E´ vecchia di nove mesi la notizia di un´altra inchiesta del Dipartimento di Giustizia che aveva fatto scalpore: quella che accusava i più importanti hedge fund (Soros, Paulson, Greenlight, Sac Capital) di aver concordato un attacco simultaneo all´euro, in una cena segreta l´8 febbraio a Wall Street. Il giorno dopo, 9 febbraio, al Chicago Mercantile Exchange i contratti futures che scommettevano su un tracollo dell´euro erano schizzati oltre 54.000, un record storico. Goldman Sachs e Barclays furono coinvolte nelle cronache su quelle grandi manovre. Ma da allora l´inchiesta sulla congiura ai danni dell´euro non ha avuto sviluppi di rilievo. Estrarre prove dal club dei Padroni dell´Universo è complicato, almeno se si seguono i metodi “normali”. Di qui la grande attesa per le rivelazioni annunciate da WikiLeaks sulla Bank of America: chissà che non riesca Julian Assange dove la magistratura non arriva…

Per quanto riguarda il mercato dei derivati, paradossalmente è proprio per effetto della grande crisi del 2008 che i Padroni dell´Universo hanno assunto un ruolo ancora maggiore. Uno dei momenti più drammatici di quella crisi fu il crac dell´American International Group (Aig), la compagnia assicurativa affondata dalle perdite su un particolare tipo di titoli derivati, i credit default swaps. In quel frangente il Tesoro e le autorità di vigilanza si accorsero che nessuno riusciva a capire veramente le interconnessioni sul mercato dei derivati, esposto all´effetto-domino: una bancarotta di Aig avrebbe travolto decine di altre istituzioni e forse l´intero sistema bancario. Perciò fu il Tesoro a spingere per la creazione di una “clearing house” o camera di compensazione, affinché le grandi banche si facessero carico di garantire la stabilità del mercato dei derivati. A questo però si accompagnava la riforma Obama delle regole della finanza, che doveva aumentare i poteri delle autorità di vigilanza, e rafforzare la trasparenza. Quella riforma oggi è sotto tiro da parte della nuova maggioranza repubblicana al Congresso, vittoriosa alle elezioni di novembre e beneficiata dai generosi finanziamenti di Wall Street. Nell´applicazione della riforma i repubblicani stanno cercando di svuotarla: giovedì il Congresso ha bocciato la richiesta di Gensler per nuove regole sulla trasparenza. “I derivati – spiega il giurista Robert Litan che per il Dipartimento di Giustizia diresse un´analoga battaglia contro le collusioni al Nasdaq – sono un mercato molto concentrato, e quando il governo di una simile entità è in poche mani, possono succedere brutte cose”.

Una certezza è che i Padroni dell´Universo usano il loro potere oligopolistico per estrarre dal resto dell´economia dei profitti esorbitanti. Esempio: su un solo contratto derivato di credit default swap – che protegge l´acquirente dall´eventualità di fallimento di uno Stato sovrano come la Grecia, o di una società quotata – il banchiere intermediario incassa una commissione di 25.000 dollari. Contratti simili se ne fanno migliaia ogni giorno, rimpinguando i profitti delle varie Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley. Quando negli anni Novanta il Dipartimento di Giustizia riuscì a dimostrare che un´analoga collusione tra banchieri controllava gli scambi sul Nasdaq (la Borsa dei titoli tecnologici), in seguito al cambiamento delle regole le commissioni bancarie scesero a un ventesimo del livello precedente. Ma un rischio ancora superiore è che dentro il “club dei nove”, grazie allo scambio di informazioni quotidiane possano maturare operazioni di cartello, manovre concertate, una manipolazione dei mercati. Quelli che dovrebbero “stabilizzare” i derivati, sono i primi a poter profittare delle prossime fiammate speculative.

Federico Rampini
Fonte: http://www.repubblica.it/
Link: http://www.repubblica.it/economia/2010/12/13/news/club_banchieri-10127353/
13.12.201

Parla il procuratore di Caltanissetta Lari: “La trattativa è il movente di via D’Amelio”

Fonte: Parla il procuratore di Caltanissetta Lari: “La trattativa è il movente di via D’Amelio”.

Sergio Lari parla delle indagini sulle stragi e afferma che “inconfutabilmente Paolo Borsellino sapeva dell’esistenza di una trattativa tra Stato e mafia”. E dunque: “O fu ucciso perché si oppose o Totò Riina decise di accelerare una strage già decisa da tempo perché la trattativa languiva”. La trattativa tra Stato e mafia ci fu e certamente fu la causa della strage di via D’Amelio. Il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari mette alcuni punti fermi nelle indagini sull’eccidio dell’estate del ’92 e dice: “Le nostre indagini ci hanno consentito di accertare inconfutabilmente che Paolo Borsellino sapeva dell’esistenza di una trattativa tra Stato e mafia. Ne fu informato dalla dottoressa Ferraro il 28 giugno del ’92. Da qui a dire che fu ucciso per questo non è scontato”.

Due, secondo il procuratore, sono le ipotesi possibili: “O Borsellino fu ucciso perché si oppose alla trattativa o Totò Riina decise di accelerare una strage già decisa da tempo perché la trattativa languiva e non dava gli esiti sperati. Comunque la trattativa è il movente”. Lari ha poi confermato che a gennaio la Procura chiederà la revisione del processo per sette dei condannati nei precedenti processi e ha aggiunto: “Stiamo ancora accertando le modalità esecutive della strage. Mi sento però di potere sfatare alcuni luoghi comuni, come ad esempio quello che il pulsante della strage fu premuto da qualcuno che si trovava a Monte Pellegrino”.

Alessandra Ziniti (12 dicembre 2010, fonte: repubblica.it-ed.Palermo)

L’ISLANDA CON LA FINE DELLA RECESSIONE

Fonte: ComeDonChisciotte – L’ISLANDA CON LA FINE DELLA RECESSIONE.

DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
telegraph.co.uk

L’Islanda è finalmente emersa da una profonda recessione dopo aver consentito alla propria valuta di crollare e di essersi lavata le mani del debito delle sue banche private suscitando un intenso dibattito, ovvero se l’Irlanda potesse subire un minor danno adottando la stessa strategia

L’economia nordica è cresciuta ad un [tasso] del 1,2 per cento nel terzo semestre e pare pronta a rimbalzare il prossimo anno. Questo pone fine ad una estenuante recessione causata in gran parte dalle pagliacciate dei “Nuovi Vichinghi” Landsbanki, Glitnir e Kaupthing, il trio di banche che ha fatto cadere il sistema finanziario dell’Islanda nel settembre del 2008.

Le economie dei due stati “con un eccesso di banche” si sono entrambe contratte di circa l’11 per cento del PIL, ma l’Islanda ha ottenuto questo con un’inflazione che svaluta il debito, mentre l’Irlanda l’ha fatto secondo un regime di deflazione dell’ UEM ( Unione Monetaria Europea), che accresce l’onere del debito.

Ciò ha portato a dinamiche del debito estremamente diverse mentre [entrambi gli stati] entrano nel terzo anno del dramma. Il deficit di bilancio dell’Islanda sarà del 6,3 per cento quest’anno, e presto in surplus: quello dell’Irlanda sarà del 12 per cento (32 per cento con i salvataggi delle banche) e non molto migliore l’anno prossimo.

Il danno è stato distribuito in modo molto diverso. La disoccupazione in Irlanda ha raggiunto il 14,1 per cento, e sta ancora aumentando. Invece in Islanda ha toccato un picco del 9,7 per cento ed è poi scesa al 7,3 per cento.

Il Fondo Monetario Internazionale ha detto che l’Islanda ha svoltato l’angolo, lodando Reykjavik per aver salvaguardato il suo “apprezzato modello nordico di welfare sociale”.

“In questo caso, la recessione si è rivelata più superficiale di quanto ci si aspettasse, e il calo di crescita dell’Islanda del circa il 7 per cento nel 2009, è minore in confronto ad altri stati colpiti duramente dalla crisi” ha detto Mark Flanigan, il capo missione del FMI per il paese.

Il debito totale toccherà il picco del 115 per cento, prima di scendere all’80 per cento entro il 2015 in quella che il FMI ha chiamato “una robusta dinamica del debito”. Nel contempo il debito dell’Irlanda continuerà ad aumentare per altri tre anni fino al 120 per cento del PIL. Il contrasto sarà molto evidente entro la metà del prossimo decennio. A quel punto l’Islanda potrebbe avere un debito sovrano minore [di quello] della Germania.

Il presidente dell’Islanda, Olafur Grimsson, ha irritato i funzionari dell’UE il mese scorso dicendo che il suo paese stava riprendendo più rapidamente perché si è rifiutato di salvare i creditori – per lo più stranieri.

“La differenza è che in Islanda abbiamo lasciato che le banche fallissero. Queste erano banche private e non abbiamo pompato soldi per farle andare avanti; lo stato non dovrebbe farsi carico della responsabilità”, ha detto.

Questi commenti sono arrivati proprio mentre le autorità europee escludevano “riduzioni delle spese” degli investitori in Irlanda, facendone una condizione per il pacchetto del prestito di €85 bilioni di euro (£72 bilioni di sterline) del paese.

Dublino ha imposto riduzioni delle spese dell’80 per cento sul debito secondario della Anglo Irish Bank, ma non ha esteso questo al credito privilegiato, considerato sacrosanto.

La stampa irlandese ha riportato che i funzionari dell’UE sarebbero “andati su tutte le furie” quando i negoziatori irlandesi hanno parlato di una condivisione più ampia dell’aggravio. La Banca Centrale Europea teme che tale mossa causerebbe un contagio istantaneo attraverso i mercati del debito dell’Europa meridionale.

I raffronti tra le banche irlandesi e quelle islandesi devono essere fatti con cautela. L’Islanda è piccola. Potrebbe cavarsela con passività pari al 900 per cento del PIL senza provocare una crisi sistemica globale.

L’Irlanda è 12 volte più grande. I fogli di bilancio delle banche irlandesi sono di $ 1,3 trilioni di dollari (£ 822 bilioni di sterline). I legami combinati con le banche tedesche, olandesi, belghe e britanniche creano un nesso di vulnerabilità. Le inadempienze degli obbligazionisti rischierebbero il contagio alla Spagna e al Portogallo, dove le banche dipendono molto dai mercati esteri del capitale.

Certamente, le banche sono solo metà della questione. Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman ha detto che l’Islanda è riuscita a riprendersi prima perché non si è mai unita all’eurozona.

“L’Islanda ha svalutato massicciamente la sua moneta ed ha imposto controlli sui movimenti di capitale. Ed è successa una strana cosa: sebbene abbia subito la peggiore crisi finanziaria mai accaduta (ovunque) nella storia, la sua punizione è stata sostanzialmente minore di quella delle altre nazioni,” ha detto, riferendosi agli stati baltici legati all’euro.

Due anni dopo, la krona è scesa del 30 per cento, le fonderie di alluminio sono in piena attività per soddisfare la domanda di esportazione e la produzione locale ha soppiantato le importazioni, compresi i prodotti esotici come le verdure e i pomodori coltivati in serra.

Lars Christensen della Danske Bank ha detto che l’Islanda è uscita “relativamente indenne” data la devastazione delle sue banche, ma ha avvertito che è ancora troppo presto per dare il via libera. “L’Islanda è una crisi congelata, e sono ancora preoccupato per ciò che accadrà quando elimineranno i controlli sui movimenti del capitale,” ha affermato.

C’è un modello migliore dell’Islanda per l’Irlanda, secondo Christensen. “La gente dovrebbe guardare al Kazakhstan, che non ha salvato alcun creditore e ha lasciato che le tre maggiori banche fallissero, tuttavia ha evitato una recessione lasciando che crollasse la moneta e usando lo stimolo monetario”, ha detto.

È una questione nevralgica se l’Irlanda può o meno imparare qualcosa dalla soluzione del Kazakhstan. L’Irlanda non può ricorrere al cambio e allo stimolo monetario senza lasciare l’euro, il che sarebbe traumatico per tutta una serie di ragioni, nonché illegale, secondo la BCE.

L’appartenenza dell’Irlanda all’UME non è una politica economica. Fa parte della strategia più ampia dell’Irlanda di sfuggire all’ombra della Gran Bretagna per costruire un altro tipo di stato.

Con la sua economia estremamente aperta, ha attratto investimenti da parte di aziende statunitensi ed europee, precisamente perché è completamente impegnata nel progetto dell’UE.

Tuttavia la storia alla base dell’Irlanda e dell’Islanda, e la storia degli anni ’30, è che lo shock di una svalutazione potrebbe causare una crisi violenta – che appare terribile e che si subisce terribilmente mentre accade – ma il fuoco lento della politica di austerity e la deflazione del debito provocano danni maggiori alla fine.

Ambrose Evans-Pritchard
Fonte: http://www.telegraph.co.uk
Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/financetopics/financialcrisis/8187476/Iceland-offers-risky-temptation-for-Ireland-as-recession-ends.html
8.12.2010

Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di MICAELA MARRI

Paolo Franceschetti: Tentativo di decriptazione delle lettere di Magaldi a Berlusconi

Fonte: Paolo Franceschetti: Tentativo di decriptazione delle lettere di Magaldi a Berlusconi.

Premessa.
In molti mi hanno chiesto che ne penso delle due lettere aperte di Gioele Magaldi a Berlusconi. Voglio quindi provare a fare una sorta di decodificazione del reale messaggio mandato al presidente del Consiglio. Parlo di “messaggio reale” perché in genere il linguaggio massonico è un linguaggio velato, fatto di simboli, di non detti, di sottintesi.
Lo dice lo stesso Magaldi, riferendosi ad una frase di Raffi, che il linguaggio massonico deve essere reinterpretato. Raffi infatti, rispondendo durante un’intervista alla domanda “quante persone del PD sono iscritte al Grande oriente” risponde: “nel Grande Oriente ci saranno circa 3000 iscritti alla massoneria che sono anche membri del PD”. Apparentemente sembra che il Gran Maestro stia dicendo che ci sono molte persone di sinistra nel GOI; in verità – come ci spiega Magaldi – sta dicendo il contrario, in quanto, fatti i calcoli sul numero complessivo di iscritti (circa 21.000) significa che la maggioranza è iscritta al PDL.
E Magaldi apostrofa questo modo di comunicare come un tipico messaggio massonico dei più deteriori.

La differenza tra le lettere aperte e altri messaggi massonici è che esse, nonché le interviste che abbiamo pubblicato, sono molto più esplicite rispetto alla norma.
Tuttavia occorre capire il significato esatto.
Quello che segue è quello che ritengo di aver capito. Nei prossimi giorni magari aggiornerò la decriptazione con i suggerimenti dei lettori.

Tentativo di decriptazione.
Caro Berlusconi
Purtroppo non hai capito i messaggi massonici che ti sono stati mandati da tempo (processi, scandali, la vicenda Spatuzza, Noemi,… e di recente addirittura la vicenda di Ruby Rubacuori, che con quella doppia R rappresenta una firma evidente di chi sia il mandante dello scherzetto commissionato apposta per farti fare una figura di merda – l’ennesima – davanti a tutta la nazione).
Quindi, contrariamente alle nostre abitudini massoniche, dovrò essere un po’ più esplicito della norma, perché pare proprio che tu non voglia capire.
Te lo diciamo quindi chiaramente.
E’ ora che tu te ne vada.
Devo ricordarti, fratello Silvio, che un massone che viene posto in una posizione di potere, come la tua di presidente del Consiglio, non può decidere quando vuole e come vuole, se andarsene o meno. Tu sei stato messo li da poteri ben precisi, ovverosia la massoneria internazionale, ed è finito il tuo tempo.
Se non te ne andrai da solo e insisterai a rimanere li, farai una brutta fine. Devo ricordarti la fine che hanno fatto tutti quelli che hanno voluto fare di testa loro? Rimanendo in Italia, devo ricordarti che fine hanno fatto Moro, Berlinguer (assassinato facendo passare la cosa per un malore), Andreotti. Craxi, sol perché hanno voluto ribellarsi ai loro capi e si sono messi in testa di fare come pareva a loro, di prendere iniziative? E all’estero, c’è bisogno di ricordarti la fine che hanno fatto Kennedy, Olof Palme, Haider?
Anche io che ti dico queste cose, lo faccio perché ho un preciso mandato in tal senso, che è la massoneria Americana. Non sarei tanto folle da scrivere queste cose se qualcuno non mi appoggiasse.
E nel sito del Grande Oriente Democratico, non a caso, campeggia grande l’immagine di un’alba. L’Alba d’oro della Golden Dawn, di cui fa parte anche la Rosa Rossa, che indica chiaramente chi c’è sopra alla massoneria cosiddetta “ufficiale”.
Quindi, caro Silvio, i nostri superiori sono gli stessi.
Ed è inutile che te la prendi con Fini. Anche lui obbedisce ad ordini superiori, come te.
Certo, sei ancora potente. Infatti i tuoi mass media hanno passato la notizia della mia lettera aperta sotto silenzio. Ma è proprio questa tua potenza che ti ha dato alla testa, e ti fa pensare di non avere superiori, e di poter fare come ti pare. E forse ti sei scordato chi sei e a chi devi obbedire, e allora è bene che te lo ricordi io.

Tu sei un massone, lo sei sempre stato, e lo sarai sempre, perché lo status di massone non si perde mai.

Sei stato inziato da Gamberini, alla presenza di Gelli, alla fine degli anni settanta, ma già ti interessavi di esoterismo da tempo.
Ad un certo punto però ti sei talmente montato la testa che hai fondato una tua obbedienza massonica, di cui ovviamente ti sei autoproclamato il capo.
E ti sei circondato di gente che non può definirsi “massona” se non in quanto sia stata da te stipendiata e pagata per starti vicino; ma è gente talmente becera che fa disonore alla massoneria, e dovresti liberartene al più presto.
Anche perché, lasciamelo dire, mio diletto Silvio. Non sei un iniziato, ma un contro-iniziato. La massoneria, quella vera, è un’altra cosa.
E nonostante blateri tanto di comunisti, di rossi, ecc., sai perfettamente che questa storia del comunismo è una balla. Sai perfettamente che Cossutta, D’Alema, Veltroni, Latorre ecc., sono piduisti, ed erano nelle liste che non sono mai state consegnate alla magistratura. Cioè sai perfettamente che c’è un progetto comune della massoneria, trasversale a destra e sinistra, per cui non esistono distinzioni politiche.
Tant’è che io ti posso parlare da fratello a fratello, perché, pur essendo di sinistra, comunque in massoneria conto più di te, avendo un grado superiore al tuo.
E queste liste della P2 con i nomi di importanti personaggi della sinistra attuale, potrei tirarle fuori, se qualcuno mi fa incazzare e insiste con questa storia dei comunisti puri e lindi che non sanno cosa sia la massoneria. Cosi si scoprirebbe che alcuni dei nomi più potenti della sinistra sono anche i nomi dei più potenti piduisti.

Hai governato e utilizzato il potere che la massoneria ti ha dato in un modo talmente becero che dovresti solo chiedere scusa.

Ti circondi di gentaglia, dai pessime dimostrazioni di stile, sniffi coca, e molto altro, che tirerò fuori solo se mi costringi.
E’ tempo invece di riorganizzare il potere politico su basi diverse, più aderenti ai veri principi massonici, e che attui una politica tendenzialmente di sinistra.

Ricordo inoltre a tutti i fratelli massoni che è oramai venuto il tempo di uscire allo scoperto. La massoneria sta infatti per dichiarare apertamente i suoi fini, i suoi mezzi, e l’importanza che ha avuto nella storia, traghettando l’Europa e il mondo, dalle monarchie agli attuali stati democratici e all’attuale Trattato di Lisbona e al futuro Nuovo ordine Mondiale.
Quindi, fratelli massoni, non sfioriate il ridicolo, negando la vostra appartenenza alla massoneria, anche perché chi lo farà passerà dei guai.

In massoneria esiste la regola per cui ogni massone può decidere se dichiararsi tale, o tenere segreta la sua appartenenza.
Ma quando una persona viene scoperta, è assurdo negare l’evidenza. E non è dignitoso.
Quindi chiunque, da adesso in poi, neghi spudoratamente, mentendo, la propria appartenenza alla massoneria, verrà sbugiardato pubblicamente.
Dimettiti fratello Silvio. Oppure i prossimi avvertimenti non saranno più dei semplici scandali di donne e sciocchezze di questo tipo.
Potresti fare la fine di Berlinguer, e per te sarebbe un contrappasso perfetto, dato che ce l’hai tanto con i comunisti.
Ps. mi chiamo Gioele. E come sai caro fratello Silvio, noi massoni non lasciamo nulla al caso, neanche i nomi dei personaggi che affollano la scena italiana. Gioele nella bibbia è colui che salva il popolo di Israele dalla disfatta.
E io devo salvare la massoneria, che discende dalla stirpe di David, dallo sfascio in cui l’hai portata.
Il mio cognome, Magaldi, invece, discende da una famiglia fiorentina imparentata nientemeno che con Dante Alighieri.
Anche nella mia persona, cioè, c’è la firma di chi sta dietro a tutta l’operazione.

Paolo Franceschetti: Intervista di radio 24 a Gioele Magaldi

Fonte: Paolo Franceschetti: Intervista di radio 24 a Gioele Magaldi.

Pubblichiamo anche questa intervista di Gioele Magaldi.

Queste interviste a mio parere sono interessanti perchè in esse (e nelle lettere aperte) egli accenna o dice esplicitamente:

Che esiste una massoneria internazionale sopra a quella italiana;
che Silvio Berlusconi obbedisce ad altri ordini, superiori, e non provenienti dall’Italia.
L’iniziazione massonica di Berlusconi e il rapporto di Berlusconi con la massoneria attuale.
Si accenna inoltre al binomio inscindibile massoneria – esoterismo e ai rapporti tra massoneria e politica.

La vicenda P2, e di come la versione ufficiale raccontata fosse solo parziale.

La superficialità (io direi la falsità) dei media italiani nel riportare i rapporti tra massoneria e Berlusconi.

Si intuiscono inoltre, ascoltando attentamente alcuni passaggi di queste interviste, i rapporti tra massoneria e Cia, la rilevanza internazionale della massoneria.

A mio parere poi, è interessante, nell’intervista pubblicata nel post precedente, dove Magaldi accenna al “linguaggio massonico” (dice espressamente riferendosi ad un discorso di Raffi: “messaggio sottile e ambiguo, in stile massonico quello più deteriore”).

Lassù al Nord

Fonte: Blog di Beppe Grillo – Lassù al Nord.

“Qualche tempo fa andai in Norvegia per lavoro. Mi fermai in un paesino ridicolo vicino a Oslo, rimasi ospite per qualche giorno a casa di alcuni operai del settore ittico, lavoravano in una riserva dove si allevavano i salmoni. Rimasi colpito dallo stile di vita, erano solo 440 abitanti, si, proprio 440 abitanti in quel paesino. Ognuno aveva la casetta con il tetto a punta per facilitare lo scivolìo della neve. I giardini non avevano reti di recinzione, ognuno sapeva benissimo quale era il suo confine e non si sarebbe mai permesso di invadere l’altrui. Quando le persone finivano di lavorare si ritrovavano in una specie di “TUTTOAVERE” una sorta di bar alimentari panificio scatolificio falegnameria fruttivendolo con filodiffusione annessa. Prendevano un vomito di aperitivo e poi via, a casa a mangiare e di nuovo via, su internet “gratis”. Alle 22:00 ci si trovava sempre nel “TUTTOAVERE” che nel frattempo aveva abbassato le luci e dava birra a tutti, trasformandosi in una sorta di pub. Due palle da trauma, non si può descrivere lo smaronamento. Gente strana i Norvegesi, talmente strana che non trovavi un pezzo di carta per strada e tanto meno sulle rive dei fiordi, niente lattine niente bottiglie vuote, perchè i poliziotti erano pochi ed eccezionalmente simpatici nonché ospitali, ma se ti beccavano a sporcare strade o giardini, 45 gg. di galera e TOT soldi di multa da pagare, e TOT soldi equivalevano a 3 mesi di stipendio. La raccolta differenziata hanno cominciato a farla quando noi in italia regalavamo la banche ai privati, tanti anni fa. Mi colpì un bambino di 4 anni, Nicolas, vivace e un tantinello rompi balle, finito di mangiare il gelato però prese l’astuccio che lo conteneva ed uscì di casa, con un freddo porco, e depositò l’involucro nell’apposito contenitore per la plastica, perchè gli hanno insegnato che il mondo si può salvare solo con il rispetto e la cura dello stesso. Chi lo va a dire a Nicolas che tutto ciò che fa è inutile?” Moreno Corelli