Archivi del giorno: 23 dicembre 2010

BARNARD, IL PIU’ GRANDE CRIMINE “IL POTERE DEMOLISCE GLI STATI”

Fonte: ComeDonChisciotte – BARNARD, IL PIU’ GRANDE CRIMINE “IL POTERE DEMOLISCE GLI STATI”.

DI ROBERTO SANTILLI
abruzzoweb.it

Intervista a Paolo Barnard

LONDRA – Il ritorno schiacciante delle élite assolutiste in cabina di comando è l’argomento al centro del saggio “Il più grande crimine”, pubblicato dal giornalista e scrittore Paolo Barnard sul suo sito Internet.

Sessanta pagine di nomi, cognomi, dettagli politici, sociali ed economici su ottant’anni di storia in Occidente, con particolare attenzione all’Europa della moneta unica. Una moneta non più sovrana come quelle nazionali, ma che va presa in prestito: caratteristica che limita la capacità di investimento per opere come potrebbe essere anche la ricostruzione dell’Aquila.

Quasi un secolo durante il quale secondo Barnard sono state abbattute conquiste sociali d’ogni risma a colpi di colossali bugie e storie di fantasmi inventate da chi, in sostanza, aveva sempre dominato i destini dei popoli ma che, in seguito agli sviluppi dell’Illuminismo e ai postumi democratici della Rivoluzione francese, era stato costretto ad indietreggiare di fronte alla diffusione su larga scala di idee contrarie alle proprie.

AbruzzoWeb lo ha intervistato.

Ha da poco pubblicato “Il Più Grande Crimine”, nel quale spiega che cosa è successo in Occidente negli ultimi ottant’anni di storia. In termini sociali ed economici, un vero e proprio disastro.

Sì, un piano perfido e criminale per il ritorno al potere assolutista delle élite finanziarie e grandi industriali, in particolare in Europa. Hanno tenuto milioni di persone in povertà o precarietà per puro calcolo di dominio e mai per necessità economica reale. Sto parlando dei cittadini occidentali, non del Terzo Mondo.

Difficile riassumere tutto in poche righe, ma ci provi.

Il “Vero Potere” ha pensato a come togliere agli Stati la possibilità di spendere a deficit. Il debito pubblico era  in realtà un fantasma, gli Stati a moneta sovrana potevano gestire la propria economia semplicemente inventandosi il denaro sufficiente a ripagare il debito, ma questo era intollerabile per le élite economiche e industriali, che in tal modo avrebbero perso troppo potere. Da lì è partito tutto.

I cittadini e i lavoratori, la gente che ha perduto le più elementari garanzie, con chi deve prendersela? Chi è che ha venduto tutto e tutti? Chi non li ha difesi?

Se la devono prendere con le élite e i loro intellettuali, che descrivo nel saggio “Il più grande crimine”. Poi, in Italia, con il centrosinistra che è stato a tutti gli effetti il paggio in Italia del potere, del “Vero Potere”. Con i sindacati che non hanno capito niente di cosa il potere stava facendo e di come lo faceva, e si sono letteralmente venduti a esso. Infine con se stessi, per non voler agire con radicalismo né voler capire neppure quando gli viene detto cosa accade.

Nel saggio sottolinea che il progetto criminoso ha distrutto gli Stati sovrani e le leggi che li rendono tali e ha marginalizzato i cittadini attraverso alcuni “trucchi”. In che modo sono stati “vincenti” i vincitori e “perdenti” gli sconfitti?

I vincitori lo sono stati con una disciplina d’azione assoluta in tutto il mondo, con finanziamenti enormi, con un lavoro di creazione di cervelli omologati e messi in tutti i posti chiave della società che conta. I perdenti perché ammaliati dalla cultura della visibilità ed esistenza commerciale, incapaci di capire chi è il “Vero Potere” e come agisce, in più distratti da questo compito dai fasulli eroi dell’antisistema. In generale i perdenti hanno previlegiato le feste di piazza al lavoro serio, grigio, quotidiano che serviva per comprendere e combattere il potere.

Cosa sta realmente accadendo alla Grecia, al Portogallo, all’Irlanda, alla Spagna?

Vengono strangolati socialmente e sono obbligati a mantenere l’euro, che non possono permettersi. Questo consente a Germania e Francia, per conto di grandi industriali e gruppi finanziari, di costringere i Paesi a tagli selvaggi al settore pubblico e a una compressione dei salari da lacrime e sangue, con il fine ultimo di ottenere anche in Europa sacche di lavoratori pagati alla “cinese” per far profitti sull’export. L’Italia e tutti gli altri Stati dell’Eurozona sono destinati a questa fine.

I prossimi, quindi, siamo noi italiani? E l’Inghilterra? Gli inglesi sono a moneta sovrana, eppure i tagli alla spesa pubblica e la deregolamentazione del privato… Il primo ministro, David Cameron, usa spesso lo slogan “meno Stato, più società” sulla strada verso una “Big Society”. Quale “filosofia” si nasconde dietro?

Gli Stati dell’Eurozona hanno perduto le monete sovrane (lira, marchi eccetera) che permettevano teoricamente loro di gestire in modo sovrano la loro economia e la spesa dello Stato. Oggi l’euro non è più una moneta sovrana poiché non appartiene a nessuna nazione europea. Tutti gli Stati dell’Eurozona la devono prendere in prestito dalle banche e dai mercati privati, con conseguenza catastrofiche sui conti pubblici.

Fra l’altro, se avessimo ancora moneta sovrana, il governo potrebbe spendere tranquillamente per riedificare tutto l’Abruzzo terremotato senza limiti di budget. La Gran Bretagna ha ancora una moneta sovrana, la sterlina, ma il suo governo ha deciso per soli motivi ideologici di non usare la moneta per creare occupazione e servizi pubblici. Di fatto, stanno tagliando entrambi i settori selvaggiamente per conto degli stessi poteri industriali e finanziari di cui sopra, che sono i veri i padroni dei politici.

Lei ha vissuto per diverso tempo a Londra, una delle capitali “morali” del capitalismo mondiale. Quali momenti del progetto di cui si occupa nel saggio ha potuto vivere nella sua esperienza oltremanica?

È troppo lungo da raccontare qui, ma in sintesi ho visto con i miei occhi il risultato agghiacciante della compressione della spesa pubblica con la Thatcher, del mantenimento, su ordine delle élite finanziarie speculative, di una sterlina fortissima con bassa inflazione, che significava la morte delle aziende inglesi sui mercati dell’export e il crollo dei salari di milioni di lavoratori inglesi.

Ho visto il gonfiarsi della bolla speculativa immobiliare e la tragedia del suo crollo, con gli edili alla fame. Ma in parole povere, vedevo crescere ogni giorno per le strade i senza fissa dimora coi sacchi a pelo, ed erano tutti giovani delle periferie industriali ridotte alla fame da quelle politiche neoliberali. E con essi alcool e droga, disperazione.

Secondo un economista francese da lei intervistato, “pochissimi politici comprendono come funziona il sistema monetario e la vera natura della Banca centrale europea, per cui cascano facilmente nella trappola ideologica delle élite finanziarie. Per esempio Jean-Claude Trichet (oggi governatore della Bce, n.d.r.) quando era direttore del Tesoro francese ignorava del tutto le regole del sistema bancario moderno e dell’economia”. Com’è possibile una cosa del genere? Dove comincia l’infezione del rimbambimento sull’economia?

Non è  difficile da capire. Chi è  stato formato per tutta la vita su teorie economiche date per Vangelo, non potrà mai gettare alle ortiche tutto ciò in cui ha creduto e che gli ha dato carriera e potere per abbracciare una nuova verità. Il neoliberismo economico è divenuto il Vangelo di tutte le  docenze di economia del mondo che conta, di ogni singolo master per manager, politici, tecnocrati e loro ci credono ciecamente. Ma è una teoria aberrante e di fatto sbagliata, che ovviamente avvantaggia solo le élite che l’hanno imposta.

Il primo medico ottocentesco che intuì che erano proprio i medici a spargere infezioni mortali in corsia a causa del fatto che non si lavavano le mani dopo le autopsie, fu cacciato e rinchiuso in manicomio. Erano medici, avevano studiato, eppure non capivano un accidente di infettivologia. Lo stesso accade fra gli economisti oggi, accecati dal dogma che hanno studiato.

Una tappa fondamentale del “crimine” porta il nome di Trattato di Lisbona. Cos’è in sostanza, in quale forma è stato proposto ai cittadini europei e quali effetti reali avrà sull’autonomia delle Nazioni?

È, di fatto, una Costituzione europea introdotta subdolamente dalla porta laterale della politica dopo la bocciatura di una simile Costituzione nel 2005 da parte di Francia e Olanda, intese come cittadini, non governi. Come ho scritto in passato “il sigillo a questo tradimento dei principi democratici fu messo dallo stesso Valéry Giscard D’Estaing (ex Presidente della Repubblica Francese, n.d.r.), in una dichiarazione del 27 ottobre 2007, raccolta dalla stampa europea: ‘Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum’. I capi di Stato erano concordi questa volta: no al parere degli elettori, no ai referendum”. L’autonomia delle 27 nazioni della Ue non esiste più, poiché tutto il potere legislativo proprio dei parlamenti nazionali è oggi soggetto all’autorità superiore del potere legislativo della Commissione Europea, che nessuno di noi elegge.

Ha fatto l’esempio del leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, uno dei tanti che si batte per difendere la Costituzione italiana e poi firma il Trattato che di fatto la abolisce. Semplice ignoranza o addirittura correità?

Di Pietro, con il suo codazzo dei soliti noti, si riempie la bocca ogni santo giorno di proclami disperati in difesa della Costituzione italiana, della quale lui e i suoi senatori e deputati hanno firmato l’abolizione il 23 e il 31 luglio del 2008. In quelle date un’Italia politica di ignoranti e/o in malafede, Idv compresa, ha ratificato il Trattato di Lisbona, depositato poi l’8 agosto, che di fatto sottomentte la nostra Costituzione del 1948 poiché, come sancito da una sentenza vincolante della Corte europea di giustizia “I trattati europei sono la carta costituzionale di una comunità legale, un nuovo ordine legale di fronte al quale gli Stati hanno limitato i loro diritti sovrani”.

Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha invocato una modifica del trattato di Lisbona proprio per bloccare le Corti Costituzionali tedesche che volevano bocciare le decisioni Ue sul salvataggio delle Grecia. Significa che il trattato è più potente delle Corti Costituzionali tedesche.

I veri “padroni del vapore” come pensano di gestire un periodo indefinito di crisi e disoccupazione di questa portata? Non si sta forse esagerando?

Certo che stanno esagerando. Ma loro non hanno mai avuto e mai avranno una visione sistemica dell’economia. Significa che sono divoratori di tutto ciò che possono sbranare ora, subito, senza assolutamente pensare alle conseguenze a lungo termine. La catastrofica crisi finanziaria del 2007-2010 è la prova lampante di quanto dico, hanno distrutto le finanze di tutto il mondo occidentale in due anni e nessuno di loro si è mai preoccupato del danno sistemico.

Le banche stesse hanno speculato come squali e poi molte di loro sono affondate mentre ancora banchettavano. Ma le grandi banche e i grandi istituti di speculazione sanno che possono distruggere a piacimento, tanto poi i politici che loro comandano useranno le casse degli Stati per salvarli. Quello che è accaduto in Italia (52 miliardi di euro sborsati per loro) e nel mondo (circa 12 mila miliardi di dollari sborsati).

L’Europa è destinata a essere una zona piuttosto povera, allora. Perché? Solo per competere sul mercato con le nuove realtà come Cina ed India, che producono a costi di manodopera praticamente inesistenti?

È destinata ad avere sacche enormi di lavoro pagato alla cinese, per quello scopo. Ma anche per impoverire tutti i mercati pubblici europei che poi saranno svenduti ai privati per pochi spiccioli, in particolare i servizi essenziali come sanità, acqua, assistenza sociale, anagrafi, cimiteri, istruzione eccetera. La gente, anche se impoverita, dovrà per forza pagare quei servizi, garantendo profitti certi a chi li possiede.

Studenti in rivolta in tutta Europa per gli aumenti all’Istruzione. Per essere gestibile, la massa deve restare ignorante?

La ragione è duplice: gli ignoranti si controllano meglio, certo, ma soprattutto si pagano di meno. Vogliono comprimere i salari a livelli cinesi e si capisce che comprimerli su milioni di laureati e più difficile che su milioni di appena diplomati o addirittura non.

Prodi, D’Alema, Amato, Veltroni e altri del centrosinistra hanno contribuito ad accelerare le privatizzazioni e le internazionalizzazioni delle aziende pubbliche italiane. Un lavoro in teoria affidato alle destre economiche, come è avvenuto in Inghilterra con i laburisti, di destra, di Tony Blair. Cosa non si è capito in questo processo? Per chi ha davvero lavorato il centrosinistra italiano?

Sono gli eredi del Pci, che fin dagli anni 60-70 si era già posizionato come interlocutore privilegiato degli Usa e del grande capitale, mentre nelle piazze faceva la retorica dei lavoratori. Il centrosinistra ha ereditato il più potente partito-azienda del mondo, per cui ha subito compreso cosa si doveva fare per mantenere i legami con la grande finanza internazionale.

Ma in Italia si parla da quasi due decenni solo di Berlusconi, o con lui o contro di lui, con tutte le forze in campo per difenderlo o per farlo fuori. Lei lo ha definito “un problema biodegradabile”, lo considera un politico di serie C con un potere limitato al suo orticello.

La destra di Berlusconi è una congrega di caciaroni, affaristi da quattro soldi, improvvisati, reduci da piccoli partiti scomparsi, nani e ballerine e del “Vero Potere” non capiscono nulla.

E perché il premier non è gradito ai famosi piani alti? Chi è che davvero non lo tollera più?

È odiato dalla finanza internazionale, che ha in Italia il suo sicario in Carlo De Benedetti (e Marco Travaglio, Amato, Prodi, D’Alema eccetera). Entrò in politica col loro appoggio, quando credevano fosse un liberista puro, ma quando si rivelò disobbediente nel ’94 lo silurarono, ordinando alla Lega di uscire dal governo. Ma non avevano fatto i conti con gli italiani, che lo rieleggono sempre. Dal 2004 al 2009 tutta la stampa finanziaria internazionale maggiore lo ha demolito come “nemico del libero mercato” con una ferocia unica. Vorrà dire qualcosa, no?

Lui non ha capito gli avvisi, le sgridate. Ha continuato a fare i fattacci suoi nel suo cortiletto di casa, fregandosene degli interessi dei padroni internazionali. Il caso Alitalia ha fatto infuriare le corporate rooms europee e la sua recente lettera al G20 di Seul, dove chiede di mettere le manette alla finanza speculativa mondiale, lo ha definitivamente condannato. Non sto dicendo che Berlusconi è un bravo statista, solo che non capisce a chi deve obbedire. Prodi e D’Alema lo capirono subito, infatti negli anni ’90 fecero il record europeo delle privatizzazioni.

Salto nel passato. Tangentopoli: è contro i complottisti e le teorie del complotto in genere, ma un dubbio su quell’episodio della storia d’Italia le è venuto quando Gherardo Colombo…

Non esattamente. La coincidenza di date fra l’esplosione europea del potere dei tecnocrati neoliberisti, i fanatici delle privatizzazioni selvagge, del libero mercato senza interferenze delle leggi dello Stato eccetera e, guarda caso, la sparizione attraverso Tangentopoli di una classe politica italiana statalista e poco incline a servire gli interessi Usa, mi ha fatto sorgere domande molto tempo fa. Ne parlai dopo a Gherardo Colombo, ex del pool di Mani Pulite, ma lui non andò oltre a semplici suppposizioni.

Craxi e la vecchia classe politica italiana, brutta, sporca, cattiva e corrotta, ma statalista, non erano graditi ai piani alti. I piani alti però non li conosce nessuno, quindi è toccato a Craxi scappare. Si è trattato di un bersaglio “quasi” giusto?

Non ci sono collegamenti diretti fra la latitanza di Craxi e il potere della finanza internazionale che ha beneficiato della sparizione della Prima Repubblica. Questi ultimi probabilmente hanno ben visto le indagini come mezzo per portare in Italia una politica a loro asservita, ma Craxi scappò da ben altro.

Viene fuori che gli sforzi della società civile per cambiare le cose sono inutili, visto che gli attori sul palco, anche quelli considerati di opposizione, coprirebbero registi e personaggi principali di questa “commedia”?

In Italia abbiamo un nutrito antisistema che è composto da falsari truffatori che per ottenere fama, privilegi e denaro, stanno deviando l’attenzione di milioni di italiani su temi secondari, e anzi, uno come Travaglio attivamente promuove i valori dei poteri che ci stanno distruggendo. Questa è una vera tragedia, perché solo lo 0,2 per cento degli attivisti italiani si rende conto di cosa ci sta accadendo, della tragedia del mondo del lavoro per opera delle élite finanziarie e industriali.

Ma come? Grillo fra le altre cose si batte contro il nucleare, Travaglio parla costantemente e dettagliatamente di Mafia e la Gabanelli, che lei conosce bene per averci lavorato per anni, “resiste” su Rai 3 insieme a Santoro. Non si impegnano abbastanza?

Leggete sopra, poi aggiungo che in nessun ‘regime’, cito Travaglio, al mondo, e mai nella storia, si sono visti ‘paladini’ dell’antisistema stare in prima serata tv. Non ho detto che certe loro denunce non siano meritevli, il dramma è che nascondono cose mille volte più gravi e di cui non parlano mai. È come un ospedale che cura solo ulcere o reumatismi ma ignora tumori, infarti e coma.

Stando a quanto sostiene, mentre Roberto Saviano spiega in tv nascita ed evoluzione delle mafie in Italia, qualcuno che mafioso almeno sulla carta non è fa più danni di Riina, Buscetta, Provenzano e Schiavone? Dura da spiegare a chi ha subìto e subisce la violenza delle cosche, o no?

Fa molti, ma molti più danni. La mafia sottrae alla Sicilia un miliardo di euro all’anno di ricchezza, in due anni la crisi finanziaria ha rubato all’Italia 457 miliardi. Beh, è dura anche spiegare a uno che ha fitte bestiali da ulcera che la sigaretta che fuma lo sta ammazzando. Non dico che le denunce di Saviano non abbiano valore, dico solo che tutti veniamo indirizzati a curare l’ulcera e non il cancro.

Saviano poi è un falsario morale della peggior specie, un uomo che denuncia i 4 mila morti della Camorra in 40 anni e loda sperticatamente Israele che in un solo anno fece 19 mila morti illegalmente, che nel 2008 a Gaza ne ha fatti 1.300 in una sola azione di poche settimane. Sempre illegalmente. I morti non sono tutti uguali? I crimini non sono tutti crimini? Poi non si capisce quali rivelazioni abbia mai fatto Saviano, io non le ho viste e i napoletani che mi scrivono confermano.

Altra sua citazione. “In Italia se non sei di una parrocchia appartieni inevitabilmente a quella nemica”. Lei non vuole appartenere a nessuna delle due, ma sa bene che per certe battaglie serve visibilità. Questione amletica. Come si risolve? Esiste una cultura della “buona” visibilità?

No. L’unica è rendere protagonista ogni singolo individuo. Io ci provo senza visibilità.

I media incatenati alle esigenze dei proprietari e i giornalisti senza protezione legale per poter scrivere liberamente. Se ne uscirà? E come?

Che ciascun cittadino usi la sua testa. Non importa conoscere i dettagli dei dettagli dei dettagli, sappiamo alla nausea cosa non va, basta sapere le cose fondamentali e muoversi, agire, cose che non sappiamo più fare. Chi ha portato l’umanità dalle barbarie alla modernità lo ha saputo fare sapendo molte meno cose di noi e con mezzi primitivi. Torniamo ad agire.

Un salto in Vaticano. In percentuale quanto conta in Italia?

Poco, rispetto ai danni dei poteri di cui parlo.

Grande crimine, distruzione degli Stati e delle leggi, marginalizzazione dei cittadini, depauperamento delle forze lavoro, grandi sacche di povertà, livello di istruzione generale da abbassare fino a livelli medievali, polverizzazione di ogni concetto legato al sociale. Dove andremo a finire?

In nazioni con due terzi della popolazione che sopravvive in una forbice che va dalla ricchezza oscena a una risicata classe media in bilico, e con un terzo assolutamente alla fame come negli Usa, dove oggi 40 milioni mangiano una sola volta al giorno e altri 45 milioni devono scegliere se curarsi o mangiare. Avremo in Europa sacche enormi di lavoro pagato alla cinese e la perdita completa di ogni sevizio pubblico. A meno che non ci svegliamo e ci ribelliamo. Questo è quanto.

Fonte: http://abruzzoweb.it
Link: http://abruzzoweb.it/contenuti/barnardil-piu-grande-crimine-il-potere-demolisce-gli-stati/15114-308/
19.12.2010

DOCUMENTI CORRELATI:

LEGGI E SCARICA ”IL PIU’ GRANDE CRIMINE” DI PAOLO BARNARD

Nucleare vaffanculo (repetita iuvant…)

Fonte: Blog di Beppe Grillo – Nucleare vaffanculo (repetita iuvant…).

Che il nucleare sia anti economico, pericoloso e che sottragga risorse alla collettività è risaputo. Ripeterlo, però, fa sempre bene.
“NUCLEARE ABBONDANTE? SICURO? ECONOMICO? BALLE! 1) L’uranio non è abbondante, è probabile che finirà prima di aver realizzato le centrali nucleari. L’uranio è presente in natura in misura pari a 2,8 parti per milioni (ppm) e con l’estrazione dal sottosuolo si estraggono anche detriti radioattivi che (col falso nome di “materiale inerte”) sono fatti sparire in opere di costruzione (strade, stadi, parcheggi, fondamenta…) – vedasi su youtube gli “scandali dei detriti radioattivi in Francia”. 2) L’uranio non è sicuro, anzi, è eternamente pericoloso. In effetti, l’isotopo di uranio 238 ha un tempo di decadimento (ossia dimezzamento della radioattività) di circa 4,6 miliardi di anni (circa il tempo di vita della Terra). 3) Le centrali nucleari durano di circa 30 anni, dopo bisogna smantellarle, ma nessuno sa come smaltire le scorie radioattive. In Francia ci sono diverse centrali da smantellare (avendo oltre 30 anni di attività), ma non sapendo come smaltire le scorie è probabile che saranno costretti a tenerle in vita ancora per lunghi anni. Ma per quanto tempo? Come faranno queste centrali a resistere alle corrosioni radioattive e del tempo? E se non resistessero alle corrosioni quale flagello subirà l’umanità? 4) L’uranio non è economico, anzi, è costosissimo, lo sarà sempre di più. La sua scarsissima presenza in natura (2,8 ppm), tra l’altro in Paesi poco sicuri, farà lievitare i prezzi, per l’arricchimento di criminali senza scrupoli 5) Le centrali nucleari sono una follia già bocciata (saggiamente) nell’86. E oggi sono fuori dal tempo – visto le possibilità di produrre energia pulita e rinnovabile (solare, eolico, termico…). Il mio grido è forte e chiaro: NO AL NUCLEARE! SI ALLE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI!”. gerrjg

“Potevamo catturare Provenzano nel 2001″

Fonte: “Potevamo catturare Provenzano nel 2001″.

Da qualche giorno Vincenzo Calcara, il cosidetto Pentito di Castelvetrano, ex uomo d’onore ‘riservato’, uno di quelli la cui affiliazione è nota solo al Capo Famiglia, ha aperto un profilo ed un gruppo Facebook dove non solo riprende pezzi del memoriale pubblicato su questo sito, ma, rispondendo all’invito del presidente del antiracket di Trapani, chiede di essere accompagnato dagli iscritti al gruppo e dagli amici di Facebook proprio a Castelvetrano, regno di Matteo Messina Denaro.  Una sorta di Scorta Civica insomma.
La redazione del sito si augura che in molti lo accompagnino in questo viaggio.
Seguiremo le vicende di Vincenzo e ne daremo notizia sul sito.

Riportiamo il testo del messaggio di Vincenzo:

Carissimi, innanzitutto ringrazio tutti gli Amici che in questi giorni sono entrati a far parte del gruppo e della pagina. A tutti Loro mando un caloroso abbraccio. Vi informo che ieri ho ricevuto l’invito dal Presidente dell’antiracket di Trapani, dopo che Lui ha saputo che avverto la necessita’ di parlare ai giovani. Sta organizzando tutto in modo che io vada a Castelvetrano e Trapani fra qualche settimana. Mi fareste molto felice se tutti Voi poteste accompagnarmi in questa impresa importantissima, e questo serve ancora di piu’ per dimostrare e mettere alla prova il nostro coraggio!!!

Tutti noi messi insieme possiamo combattere il nemico e vincerlo. Voi sapete che non ho nessuna scorta, desidero che siate Voi la mia scorta, senza armi, ma con l’arma della VERITA’ che e’ accompagnata dall’Anima del Dr. Paolo Borsellino. Io credo in Voi profondamente !!! Voi per me siete la CREMA della Societa’ Civile, quella Societa’ Civile in cui il Dr. Paolo Borsellino credeva e per cui e’ morto. Sono trascorsi quasi 19 anni e ancora il sangue innocente del Dr. Paolo Emanuele Borsellino grida Giustizia e Verita. Ma non solo. Anche il sangue innocente di altri Uomini uccisi da questi infami uomini grida Giustizia e Verita’. La Societa’ Civile non puo’ permettere che Verita’ ignobili e infami siano nascoste sotto la nostra Nobile bandiera Italiana. Una verita’ ignobile non puo’ stare sotto la bandiera accanto alla Verita’ Nobile. Solamente una Verita’ Nobile puo’ essere nascosta sotto la bandiera, poiche’ e’ Lei stessa la bandiera nobile, per la quale nobile sangue e’ stato versato. Viceversa, una verita’ ignobile puo’ solo stare sotto e a fianco della bandiera ignobile di ” cosa nostra e di tutte quelle entita’ collegate a cosa nostra “. Solo chi e’ vigliacco e ha paura e’ degno di stare a fianco di una verita’ ignobile e una bandiera ignobile. Verita’ e bandiera ignobili non possono sventolare sotto il sole come se fossero nobili, cosi’ come uomini di potere e uomini delle istituzioni, se sono ignobili, non possono e non devono stare a fianco di Uomini puliti che servono e garantiscono lo Stato e la Societa’ Civile. Io vado a Castelvetrano che e’ il regno di Matteo Messina Denaro, e voglio dire a cuore aperto che nessuno puo’ uccidere la Verita’, soprattutto quando la Verita’ e’ legata al proprio Animo. Che me ne faccio di questa vita che io amo, se non onoro la verita’ che appartiene alla vita ? Il Dr. Borsellino con il Suo esempio mi ha insegnato che un’Uomo deve amare la vita dopo che ha imparato ad amare cio’ che sta oltre la vita. Se la mia vita, dovesse essere schiava di questa forza del male, cosa me ne faccio di questa vita ??? Amici miei io sono sicuro e fermamente convinto, che quando un’Uomo e una Donna dicono la Verita’ il mondo si muove in Loro favore. La Societa’ Civile ha il diritto-dovere di conquistare cio’ che gli appartiene.  Amici del mio cuore, mi avete dimostrato coraggio e Amore per la verita’ e la Giustizia. A tutti Voi io mi inchino Umilmente e mi sento  di far parte di quella Societa’ Civile in cui Voi credete. Concludo dicendo: che dopo la morte del Dr. Falcone il Dr. Borsellino mi viene a trovare e inizia a parlarmi con queste parole : Pagherei qualunque cosa pur di poter dire in faccia a questi cosiddetti uomini d’onore, che la decisione che hanno preso di uccidere il mio Amico Giovanni Falcone non e’ altro che una decisione ignobile, partorita da una mente ancora piu’ ignobile ! Non hanno nemmeno rispettato l’unica regola d’onore che gli era rimasta, quella di non uccidere le Donne. Non le femmine, le Donne ! meritano veramente disprezzo. Questi uomini, se cosi’ si possono definire, non rappresentano e non sono figli di una potente e nobile Idea, ma rappresentato e sono figli di una debole, ignobile e malata idea del male, racchiusa nell’illusione di valori ignobili, che entrano nella loro mente malata di uomini infami. Essi non riconoscono ne’ l’onore ne quei grandi valori che stavano dietro al mio Amico Giovanni Falcone e alla sua Donna, che ha avuto solo la colpa di seguire il suo Uomo. Amici miei, le parole del Dr. Borsellino erano cosi’ potenti e pieni di vibrazioni che facevano tremare il pavimento. In onore di questa Grande Anima del Dr, Paolo Borsellino, tutti noi dobbiamo andare a Castelvetrano.
Un abbraccio fortissimo dal vostro Amico Vincenzo Calcara.

Vincenzo Calcara: “Tutti noi dobbiamo andare a Castelvetrano in onore del Dr. Paolo Borsellino”

Fonte: Vincenzo Calcara: “Tutti noi dobbiamo andare a Castelvetrano in onore del Dr. Paolo Borsellino”.

Da qualche giorno Vincenzo Calcara, il cosidetto Pentito di Castelvetrano, ex uomo d’onore ‘riservato’, uno di quelli la cui affiliazione è nota solo al Capo Famiglia, ha aperto un profilo ed un gruppo Facebook dove non solo riprende pezzi del memoriale pubblicato su questo sito, ma, rispondendo all’invito del presidente del antiracket di Trapani, chiede di essere accompagnato dagli iscritti al gruppo e dagli amici di Facebook proprio a Castelvetrano, regno di Matteo Messina Denaro.  Una sorta di Scorta Civica insomma.
La redazione del sito si augura che in molti lo accompagnino in questo viaggio.
Seguiremo le vicende di Vincenzo e ne daremo notizia sul sito.

Riportiamo il testo del messaggio di Vincenzo:

Carissimi, innanzitutto ringrazio tutti gli Amici che in questi giorni sono entrati a far parte del gruppo e della pagina. A tutti Loro mando un caloroso abbraccio. Vi informo che ieri ho ricevuto l’invito dal Presidente dell’antiracket di Trapani, dopo che Lui ha saputo che avverto la necessita’ di parlare ai giovani. Sta organizzando tutto in modo che io vada a Castelvetrano e Trapani fra qualche settimana. Mi fareste molto felice se tutti Voi poteste accompagnarmi in questa impresa importantissima, e questo serve ancora di piu’ per dimostrare e mettere alla prova il nostro coraggio!!!

Tutti noi messi insieme possiamo combattere il nemico e vincerlo. Voi sapete che non ho nessuna scorta, desidero che siate Voi la mia scorta, senza armi, ma con l’arma della VERITA’ che e’ accompagnata dall’Anima del Dr. Paolo Borsellino. Io credo in Voi profondamente !!! Voi per me siete la CREMA della Societa’ Civile, quella Societa’ Civile in cui il Dr. Paolo Borsellino credeva e per cui e’ morto. Sono trascorsi quasi 19 anni e ancora il sangue innocente del Dr. Paolo Emanuele Borsellino grida Giustizia e Verita. Ma non solo. Anche il sangue innocente di altri Uomini uccisi da questi infami uomini grida Giustizia e Verita’. La Societa’ Civile non puo’ permettere che Verita’ ignobili e infami siano nascoste sotto la nostra Nobile bandiera Italiana. Una verita’ ignobile non puo’ stare sotto la bandiera accanto alla Verita’ Nobile. Solamente una Verita’ Nobile puo’ essere nascosta sotto la bandiera, poiche’ e’ Lei stessa la bandiera nobile, per la quale nobile sangue e’ stato versato. Viceversa, una verita’ ignobile puo’ solo stare sotto e a fianco della bandiera ignobile di ” cosa nostra e di tutte quelle entita’ collegate a cosa nostra “. Solo chi e’ vigliacco e ha paura e’ degno di stare a fianco di una verita’ ignobile e una bandiera ignobile. Verita’ e bandiera ignobili non possono sventolare sotto il sole come se fossero nobili, cosi’ come uomini di potere e uomini delle istituzioni, se sono ignobili, non possono e non devono stare a fianco di Uomini puliti che servono e garantiscono lo Stato e la Societa’ Civile. Io vado a Castelvetrano che e’ il regno di Matteo Messina Denaro, e voglio dire a cuore aperto che nessuno puo’ uccidere la Verita’, soprattutto quando la Verita’ e’ legata al proprio Animo. Che me ne faccio di questa vita che io amo, se non onoro la verita’ che appartiene alla vita ? Il Dr. Borsellino con il Suo esempio mi ha insegnato che un’Uomo deve amare la vita dopo che ha imparato ad amare cio’ che sta oltre la vita. Se la mia vita, dovesse essere schiava di questa forza del male, cosa me ne faccio di questa vita ??? Amici miei io sono sicuro e fermamente convinto, che quando un’Uomo e una Donna dicono la Verita’ il mondo si muove in Loro favore. La Societa’ Civile ha il diritto-dovere di conquistare cio’ che gli appartiene.  Amici del mio cuore, mi avete dimostrato coraggio e Amore per la verita’ e la Giustizia. A tutti Voi io mi inchino Umilmente e mi sento  di far parte di quella Societa’ Civile in cui Voi credete. Concludo dicendo: che dopo la morte del Dr. Falcone il Dr. Borsellino mi viene a trovare e inizia a parlarmi con queste parole : Pagherei qualunque cosa pur di poter dire in faccia a questi cosiddetti uomini d’onore, che la decisione che hanno preso di uccidere il mio Amico Giovanni Falcone non e’ altro che una decisione ignobile, partorita da una mente ancora piu’ ignobile ! Non hanno nemmeno rispettato l’unica regola d’onore che gli era rimasta, quella di non uccidere le Donne. Non le femmine, le Donne ! meritano veramente disprezzo. Questi uomini, se cosi’ si possono definire, non rappresentano e non sono figli di una potente e nobile Idea, ma rappresentato e sono figli di una debole, ignobile e malata idea del male, racchiusa nell’illusione di valori ignobili, che entrano nella loro mente malata di uomini infami. Essi non riconoscono ne’ l’onore ne quei grandi valori che stavano dietro al mio Amico Giovanni Falcone e alla sua Donna, che ha avuto solo la colpa di seguire il suo Uomo. Amici miei, le parole del Dr. Borsellino erano cosi’ potenti e pieni di vibrazioni che facevano tremare il pavimento. In onore di questa Grande Anima del Dr, Paolo Borsellino, tutti noi dobbiamo andare a Castelvetrano.
Un abbraccio fortissimo dal vostro Amico Vincenzo Calcara.

”Nel 2005 impedirono il sequestro del papello”

Fonte: Antimafia Duemila – ”Nel 2005 impedirono il sequestro del papello”.

Al processo Mori-Obinu le testimonianze dei carabinieri Masi e Lecca, e del giornalista Lodato
di Aaron Pettinari – 21 dicembre 2010
Già nel febbraio 2005, diverso tempo prima della consegna del cosiddetto “papello” alle autorità giudiziarie effettuata da Massimo Ciancimino (2009), durante la perquisizione in casa del figlio dell’ex sindaco di Palermo…
…i carabinieri trovarono il documento di Riina ma non lo sequestrarono, su ordine di un colonnello, poichè l’Arma ne sarebbe stata già in possesso.
A dichiararlo in aula al processo che vede imputati il generale dell’Arma Mario Mori ed il collonello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano, è stato il maresciallo dei carabinieri, Saverio Masi.

La deposizione di Masi

Il sottoufficiale ha raccontato, confermando quanto già detto ai pm nell’interrogatorio di luglio, di aver appreso i particolari del mancato sequestro dall’allora capitano Antonello Angeli, presente alla perquisizione nella casa al mare di Ciancimino ed indagato nell’ambito dell’indagine sulla cosiddetta trattativa tra lo Stato e Cosa nostra. “Il capitano Angeli trovò il ‘papello’ a casa di Massimo Ciancimino, disse che era in un controsoffitto – ha raccontato durante il dibattimento – chiamò subito il suo superiore, il colonnello Sottili, informandolo del rinvenimento della documentazione e gli chiese se fosse il caso che Sottili venisse e partecipasse alla perquisizione. Sottili gli rispose invece che non era il caso di procedere al sequestro perchè il ‘papellò ce l’avevano già. Angeli rimase esterrefato del contenuto di quella telefonata”.
Angeli, nonostante l’ordine di Sottili, “fece fotocopiare il ‘papello’. Disse che incaricò una persona fidata”.
Masi avrebbe appreso questa circostanza soltanto molto tempo dopo. “Il capitano Angeli me lo disse molti mesi dopo l’arresto di Bernardo Provenzano. Egli mi disse che attribuiva a Riina il documento che aveva trovato nell’abitazione di Massimo Ciancimino e mi disse che conteneva le richieste riferibili a Cosa nostra e che poteva ritenersi una trattativa proprio di interesse di Cosa nostra – ha proseguito ancora il maresciallo nell’interrogatorio condotto dai pm Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo – Angeli era molto intimorito da questa situazione. Conservò una fotocopia del ‘papello’ mentre rimise a posto il documento originale, ma non disse dove”.
Sull’incontro con Angeli il maresciallo Masi, ha spiegato al tribunale che doveva restare “una cosa riservata”, quindi ha riferito che Angeli avrebbe avuto dei “grossi conflitti” con i suoi superiori, il comandante del nucleo operativo di allora, Francesco Gosciu e il comandante del reparto operativo Giammarco Sottili. “Mi disse che era in enorme conflitto con i due ufficiali, ci furono degli alterchi molto pesanti e addirittura stavano venendo in un’occasione anche alle mani. Ma Gosciu lasciò le cose come stavano. Angeli voleva togliersi questo peso dalla coscienza ma Gosciu non lo ascoltò”.
Conflitti che anche lo stesso Masi aveva avuto con i due superiori. “Era una cosa nota a tutto il reparto operativo dei carabinieri. Angeli sapeva delle mie controversie, sia con Gosciu che con Sottili. Noi parlammo in diverse occasioni. Eravamo impauriti per la situazione che stavamo vivendo. Angeli era sconcertato e intimorito. Venne perfino mandato dai suoi superiori a un controllo medico perché volevano farlo passare per pazzo, per screditarlo”.
Dopo poco tempo l’allora capitano Angeli venne trasferito a Roma “ma noi ci siamo incontrati a Palermo. Mi chiamò su una delle mie utenze telefoniche e mi chiese di incontrarci” ha proseguito nel racconto Masi. Secondo il maresciallo, Angeli sarebbe stato trasferito a Roma “a causa dei suoi contrasti sulle indagini su Massimo Ciancimino. Giravano altre voci che anche altri colleghi avevano subito ripercussioni sempre sulla vicenda Ciancimino e avevano subito trasferimenti. Nel nostro incontro decidemmo che ci volevamo rivolgere ad un quotidiano nazionale per fare filtrare la notizia in modo che poi l’autorità giudiziaria ci convocasse”.
Così nel giugno del 2006 Masi, insieme a un altro sottufficiale, contattò il giornalista dell’Unità Saverio Lodato proponendogli un appuntamento con un collega, ma non facendogli il nome di Angeli, e dicendogli di essere intenzionati a dargli una notizia importante. Al cronista chiesero però la garanzia della pubblicazione del pezzo.
“Angeli mi disse che voleva essere sicuro che la notizia venisse pubblicata – ha detto Masi – Ritenevamo Lodato una persona seria e affidabile. Così ci incontrammo nella sua abitazione. Io ero in compagnia del mio collega Carmelo Barbaria”. Tuttavia non se ne fece niente perché dopo qualche tempo Lodato avrebbe spiegato al maresciallo di aver parlato con il suo direttore e che gli era stato detto che “sarebbe stato meglio che del caso si occupassero i redattori locali di ‘Repubblica’. Per noi fu una cosa scoraggiante e capimmo che non se ne voleva occupare”. In merito alla decisione presa di presentarsi spontaneamente alla Procura di Palermo per essere ascoltato ha detto: “L’ho deciso dopo avere appreso delle notizie di stampa riguardanti Massimo Ciancimino”.
”Potevamo arrestare Provenzano nel 2001”
Il sottoufficiale dell’arma in aula ha anche riferito di un episodio che somiglia molto a quello di Michele Riccio che nel 1995 stava per mettere le mani su Bernardo Provenzano se, questa l’accusa sostenuta dai pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo, i suoi superiori non gli avessero messo il classico bastone fra le ruote.
Saverio Masi ha testimoniato delle difficoltà avute all’interno nel suo corpo nelle indagini protese alla cattura del boss corleonese.
Le indagini, infatti, l’avevano portato a un casolare sperduto nei pressi di Ciminna. Il giorno dopo la cattura di Benedetto Spera, uno dei principali fiancheggiatori di Provenzano, era stata allacciata l’energia elettrica e l’intestatario del contratto apparteneva alla stessa famiglia che aveva firmato il contratto per la luce nel covo di Spera.
Abbastanza per indagare su chi vi abitasse all’interno. “Mi fu imposto di coordinarmi col Ros. Mi ero attrezzato per la preparazione tecnica. Volevo piazzare una telecamera, installare delle cimici all’interno era troppo pericoloso, rischiavamo certamente di essere visti. Il colonnello Sottili mi chiese quale ditta mi avrebbe fornito il materiale e, saputolo, mi ha detto di non lavorare mai con una ditta di Palermo, anche se, negli anni a seguire, abbiamo sempre lavorato con un’azienda cittadina”. Quindi, “la telecamera non viene montata”, si preferisce agire con delle cimici. “Avviene un lungo empasse, tutto era in mano al capitano Valeri del Ros, poi, addirittura, ci passano sopra con un elicottero… io avevo passato le notti a scalare le montagne per fare qualche ripresa, evitavo di passare dal paese e quando iniziò il breafing per capire come intervenire, c’erano auto del Ros nei pressi del casolare”.
“Abbiamo tentato di entrare nel casolare per piazzare le cimici – ha continuato Masi innanzi ai giudici – ma non ci siamo riusciti né la prima, né la seconda volta. Mi sembravano scuse: una volta si era rotta l’apparecchiatura, un’altra volta non c’era la chiave adatta. L’ho esternato ai miei superiori e loro mi hanno detto: ‘è un caso’”. Qualche tempo dopo i militari riuscirono ad entrare nel casolare ma le cimici non erano state piazzate poiché non era stata trovata la fonte di alimentazione, ha raccontato sempre il maresciallo, “mentre io mi ero premunito di batterie. Quindi andai da Sottili perché l’accordo era che dovevo esserci io o un uomo della mia squadra. C’è stato un alterco e subì l’ordine di chiudere l’indagine”. Secondo quanto poi ha aggiunto il testimone, la polizia poco dopo aveva intercettato due fiancheggiatori di Provenzano trovando riferimenti proprio a quel casolare. La rabbia del sottufficiale sarebbe scoppiata proprio in occasione dell’arresto del padrino corleonese, quando è stato convocato con molti suoi colleghi per ricevere i complimenti del colonnello Sottili e del maggiore Francesco Gosciu, per il contributo dato nell’attività finalizzata alla cattura del latitante.
Masi avrebbe poi avuto anche una buona pista per arrivare al boss Matteo Messina Denaro: “Sono stato trasferito alla prima sezione, mi avevano detto che sarei stato qualche giorno lì, prima di rimettermi a lavoro con la mia squadra e, invece, è passato un anno e mezzo”.
Controinterrogato da Basilio Milio, il sottoufficiale dei carabinieri ha anche spiegato il motivo delle denunce per  falso ideologico e materiale e truffa, per via di una multa presa con un’auto privata mentre si trovava in servizio. “Usavamo sempre macchine di amici e parenti per fare i pedinamenti. I fiancheggiatori annotavano le targhe delle auto che usavamo. Così se, ad esempio, dovevamo entrare a Bagheria, ricorrevamo ad auto intestate a nostri conoscenti del posto, in modo da non destare alcun sospetto. E di multe ne abbiamo ricevute diverse. Era una procedura che i miei superiori conoscevano”.
Dopo la testimonianza del maresciallo vi è stata la deposizione del giornalista Saverio Lodato che ha confermato di avere effettivamente ricevuto la visita di due carabinieri che, nella “primavera-estate del 2006”, andarono a trovarlo nella sua abitazione. “Non riuscii a capire, per quanto mi fossi sforzato, di cosa mi volessero parlare – ha spiegato – Continuavano a comportarsi come se fossimo in una fiction, a dire di non poter parlare a casa mia perchè temevano ci fossero microfoni e telecamere. Io ero andato ad abitare lì da poco, e solo perchè mia madre stava male. Secondo me non era possibile che quella abitazione potesse essere tenuta sotto controllo”. Lodato ha quindi spiegato che i due carabinieri “fecero riferimento a fatti gravissimi e alla mancata cattura del boss latitante Matteo Messina Denaro. Io dopo averli ascoltati e non avere capito di cosa parlassero li congedai consigliando loro di rivolgersi a magistrati, più che a giornalisti. Mi hanno scritto i loro nomi e numeri di telefono in un foglio di carta e mi hanno dato appuntamento tre giorni dopo. Ma non sono andato, la discussione non mi aveva convinto”. Quindi ha smentito Masi anche su quanto il cronista avrebbe detto al telefono dopo il primo incontro: “Non ho mai parlato con il mio direttore né ho mai millantato di averlo fatto”.

La deposizione dell’appuntato Lecca

Ancora più rilevante la testimonianza dell’appuntato Samuele Lecca, che oggi presta servizio al Nucleo Radiomobile di Palermo e che all’epoca partecipò direttamente alla perquisizione nella casa di Ciancimino. Questi ha raccontato di aver rinvenuto in uno scatolo che si trovava in un magazzino di pertinenza di Massimo Ciancimino, a poche centinaia di metri dalla casa all’Addaura, in un controsoffitto “una sorta di libro rilegato al cui interno c’erano diversi fogli, alcuni erano manoscritti e altri dattiloscritti. Li portai al mio Comandante Angeli che dopo averli sfogliati fece una telefonata. Subito dopo mi disse ‘Conosci da queste parti una fotocopisteria? Vai a fare subito, da solo, una fotocopia di questi documenti. Ci vediamo in Caserma’. Così andai a fare le fotocopie e le pagai 19 euro. Mentre andavo a fare le fotocopie il capitano Angeli mi telefonò per dirmi ‘Sbrigati, a che punto sei? Le hai fatte le fotocopie?’. Ma io ancora ero per strada perché il posto era lontano. Dopo poco tempo mi richiamò per dirmi ‘Spiacciati, qui abbiamo quasi finito’. Poi, dopo avere fatto le fotocopie, portai tutta la documentazione in Caserma, nel suo ufficio. Lasciai sia gli originali che le fotocopie sulla scrivania del capitano Angeli”. Lecca ha quindi sottolineato che “Era la prima volta che mi venisse chiesto di fare delle fotocopie fuori dalla Caserma non mi era mai successo. Durante le operazioni di catalogazione non ho più visto la documentazione che avevo consegnato”.

Nuove analisi sui documenti di Ciancimino

La procura di Palermo ha quindi presentato una nuova attività integrativa su indagini relative a ulteriori analisi tecniche sui documenti presentati da Massimo Ciancimino.
Secondo quanto spiegato dal pm Antonino Di Matteo si tratta di “esami tecnici su documenti presentati da Ciancimino e analisi comparative”.
Oltre a questi documenti i pm hanno depositato anche un verbale di interrogatorio reso da Edoardo Fazioli, ex vicedirettore del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ed oggi magistrato di Cassazione, sentito il 14 dicembre nell’ambito dell’indagine sulla trattativa tra Stato e mafia.
Nel corso dell’esame il giudice, che fu braccio destro di Nicolò Amato, ha raccontato ai pm che tra luglio e dicembre del ’92 al Dipartimento si discusse della possibile applicazione di un regime carcerario differenziato ai mafiosi che si fossero dissociati da Cosa nostra. Una circostanza ritenuta interessante dai magistrati che indagano sulla trattativa perché al quinto punto del papello, l’elenco con le richieste di Riina allo Stato, si faceva esplicito riferimento alla concessione ai mafiosi dissociati dei benefici dati ai brigatisti rossi che avevano preso le distanze dall’ organizzazione. Per la Procura l’indicazione del papello potrebbe essere messa in connessione con il dibattito che, nello stesso periodo – l’elenco di Riina sarebbe stato dato da Massimo Ciancimino ai carabinieri del Ros a giugno 92 – si svolgeva al Dap e pertanto hanno chiesto la citazione a deporre di Fazioli.
Chiesta inoltre, per la seconda volta, l’audizione del giudice Alfonso Sabella che nella scorsa udienza il tribunale aveva rigettato. Questa volta, il tribunale presieduto da Mario Fontana ha accolto la richiesta di sentire l’ex pm di Palermo dopo l’intervista rilasciata recentemente alla trasmissione ‘Annozero’.
Verrà sentito alla prossima udienza, l’11 gennaio 2011, assieme al magistrato Stefano Manduzio, la cui audizione è stata richiesta dalla difesa.

Cosa nostra, vista da dentro

Fonte: Cosa nostra, vista da dentro.

Vorrei rivolgermi al Popolo delle Agende Rosse e a tutti gli altri non addetti ai lavori, per far comprendere, che se Cosa nostra esiste è perché la “politica” ha voluto che esistesse. Cosa nostra è figlia putativa di taluni uomini politici che almeno prima dell’avvento di uomini onesti, hanno tratto benefici di ogni sorta, compreso quello elettorale. Gli uomini che hanno realizzato l’epocale svolta di lotta contro Cosa nostra, vanno identificati in Rocco Chinnici, Ninni Cassarà, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Loro, con tutti gli altri che si sono immolati, l’elenco è lunghissimo, ci hanno lasciato una eredità di valori e sentimenti a cui ognuno di noi deve fare riferimento.
Tuttavia, mentre loro in ossequio ad un patto d’onore stipulato con lo Stato e non tenendo conto del mito di Er, ove Platone afferma, “ognuno sarebbe artefice della propria vita, poiché sceglie lui che vita vivere”, hanno continuato imperterriti la lotta alla mafia. Di converso. c’era uno Stato e persino la Chiesa, che nei decenni scorsi, chiusero gli occhi per non vedere il fiume di sangue lastricare il cuore dei Siciliani onesti.

Oggi, abbiamo un Governo che ad ogni cattura di mafiosi si pavoneggia e si arrocca il diritto d’essere il fautore sbandierando orgogliosamente il primato di lotta contro le consorterie mafiose. Ma si dimentica e quindi disconosce che in seno al Parlamento, sono presenti personaggi in odor di mafia ed alcuni finanche condannati. Se, in questo momento il gotha di Cosa nostra e “l’ala militare” risulta essere decimata, dobbiamo ringraziare, per assurdo, Totò Riina che ci ha permesso di ottenere il risultato che è sotto gli occhi di tutti. Se Totò Riina, invece della sua megalomania e sete di potere acquisito con violenza, fosse stato un “Padrino” vecchio stile, la mafia siciliana di oggi, sarebbe come quella dell’inizio e la metà del secolo scorso. U Curtu di Corleone ha voluto strafare, innescando una tale violenza da scompaginare la pax mafiosa che regnava nelle “famigghie”: pace che anch’io da picciutteddu ebbi modo di vivere, giacchè allora frequentavo alcuni esponenti di Cosa nostra.
Cos’è che ha innescato il declino dei “corleonesi”? In primis, occorre dire che la presa manu militare di Cosa nostra da parte di Totò Riina, conquistata con violenza e raggiri, ha visto Cosa nostra ampliarsi a dismisura. In sostanza, per ottenere il potere assoluto, Totò Riina ha portato a termine un’operazione degna di un navigato politicante, giacché è riuscito a mettere gli uni contro gli altri, per guadagnarsi la totale fedeltà. Le eliminazioni tipo “purghe” di uomini d’onore dissenzienti, ordinate da Riina, hanno provocato defezioni, dando la stura al pentitismo: fenomeno assolutamente sconosciuto nelle file di Cosa nostra.
Ed ecco che qui entrano in ballo Chinnici, Falcone e Borsellino e per certi versi chi scrive, insieme a Cassarà ed altri. Ci troviamo, inaspettatamente, in mano il grimaldello per entrare dalla porta principale in quel mondo sino allora omertoso di Cosa nostra. Arrivano, Totuccio Contorno, Tommaso Buscetta, Francesco Marino Mannoia e a seguire tanti emuli, che finalmente ci “raccontano” la mafia siciliana e quella americana. E, durante il nostro cammino, purtroppo, alcuni di noi “sognatori di una Sicilia libera dalla mafia” pagano con la vita e tutto avviene con un silenzio assordante di un imbelle Stato e non solo, visto che ancora la lotta a Cosa nostra si deve “scrivere” con le verità mancanti.
E’ di questi giorni l’ipotesi non tanto astrusa che vi sia stata una “trattativa” tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Io, da romantico patriota che della legalità ha fatto una ragione di vita, rimarrei colpito se fosse vero. Ma, io sono vivo e posso dolermene, ma penso a tutti i miei amici che sono stati assassinati e che non potranno mai sapere d’essere stati vigliaccamente traditi. Ed è per loro che dobbiamo ripercorrere “trentanni” di lotta alla mafia, affinchè venga riscritta la pagina della verità. Dobbiamo dare risposte alle vittime delle stragi di Capaci, Via D’Amelio, Firenze, Roma e Milano. Lottare, lottare, lottare, non si può dimenticare.

Pippo Giordano

GENERAZIONE RABBIA

Fonte: ComeDonChisciotte – GENERAZIONE RABBIA.

DI MAURIZIO MAGGIANI
ilsecoloxix.it

Ho manifestato i miei sdegni e i miei aneliti per le strade d’Italia dal 1968 al 1977. Ho smesso di farlo a Bologna, una bella mattina di fine estate quando, arrivato in ritardo al corteo delle “mitiche” giornate contro la repressione, lo lasciai sfilare da cima a fondo senza trovare dove inserirmi, senza riconoscermi in nessuno dei gruppi, delle facce, degli slogan, degli abbigliamenti. Ero diventato troppo vecchio per quella roba, o troppo prudente, o troppo saggio, o troppo codardo; non so, ma ero davvero e definitivamente da un’altra parte.

Un quarto di secolo dopo mi sono trovato a Genova, residente della Zona Rossa con cartellino, inutile, di giornalista accreditato appeso al collo. Ho assistito a tutte le manifestazioni a cui mi è stato possibile, cercando di vedere e capire, e ho partecipato a quella del sabato, la grande manifestazione pacifica finita nei grandi pestaggi; ho salvato dalle manganellate due signore che portavano una maglietta con su scritto “un unico Padre, cinque miliardi di fratelli”, e sono io stesso stato salvato da una giovane famiglia che mi ha aperto la porta di casa.

Tornando al Secolo XIX, quella sera vidi all’Acquasola giovani togliersi le loro tute nere e rimettersi a modino sotto lo sguardo spensierato di un gruppo di poliziotti. Quella notte i “fatti” della Diaz, ed ebbi la certezza che il movimento pacifista internazionale era stato distrutto, intenzionalmente annientato. A parte l’affermazione di un principio di imperio – «l’abbiamo fatta finita con quei rompicoglioni!» fu l’articolata analisi che ascoltai dalla bocca di un alto dirigente del governo di allora – a parte la quasi fantascientifica supposizione che si volesse limitare con salda brutalità i limiti spaziali e di principio della partecipazione democratica, ancora oggi mi sfugge la lungimiranza di quell’opera demolitoria.
v Sono passati dieci anni e assisto, non più di persona ma attraverso i canali di informazione internazionali ufficiali e no, ad altre manifestazioni; ad Atene, a Parigi, a Londra, a Roma. Forse dovrei essere lì, e vedere e toccare con mano per capire davvero, ma se posso azzardare un giudizio su una realtà che percepisco solo virtualmente, allora mi sento di dire che quello che i giovani manifestanti, i loro volti e le loro azioni, le loro parole, io non le conosco, e men che meno le riconosco. Sideralmente lontani da quell’ultima mia manifestazione di Bologna e da quel sabato di Genova.

Giovani, e ancor più che giovani, ragazzi. Non sono marziani, sono i miei figli, sono la nuova generazione. Non parlano lingue sconosciute, ma la mia. Non chiedono cose a me ignote, ma cose che posso comprendere bene. Solo che dicono e fanno ogni cosa in modo diverso, nuovo. E la novità, la grande novità, è la rabbia. Non che io non conoscessi questo sentimento, ma la loro e una rabbia, un profondo, interiore, assoluto scontento, e un’energia nel manifestarlo, una forza che io non ho avuto, né visto, da ragazzo, giovane uomo, adulto. E con quella loro rabbia, che gli vedi insorgente come un geyser, intrattenibile nelle parole, hanno cominciato a rompere, a spaccare.

Vedendo i filmati dalle stupefatte capitali d’Europa, non è così difficile riconoscere i professionisti, quelli che lavorano con metodo a sfasciare e picchiare, quelli che da secoli fanno il lavoretto sporco degli infiltrati, ma è facile vedere che non ci sono solo loro, che il gesto di violenza è diffuso. Credo che lo sarà sempre di più. Perché è nella natura delle cose che sia così, irreparabilmente intrinseco allo stato delle nazioni. E lo sappiamo bene, non c’è nessuna analisi speciale da fare, nessun dibattito che non sia una ipocrita pappina consolatoria.

Non si può spedire un’intera generazione nel vuoto pneumatico pensando che non cerchi di tornare sulla terra, non la si può comprimere all’infinito nel nulla cosmico senza sapere che prima o poi esploderà. Questa generazione non ha niente di quello che hanno avuto i loro padri e che si sono ingegnati a dissipare, il pensiero per primo e la previdenza sociale per ultima. I loro padri che si sono mangiati il modo intero e ora li prendono anche in giro andandogli a spiegare che la festa è finita. Questa generazione non ha parole perché è da quando andava all’asilo che non trova un cane che la stia a sentire, che le dica qualcosa che valga la pena di essere ascoltato, buono o cattivo maestro che sia.

Questa generazione è frutto del ventre nostro, una pancia gonfia di supponenza e inverosimile egotismo. È come se non fossero mai nati quei ragazzi, tenuti nello stato inoffensivo di feti, ad avvizzire nella vita. E vorremmo che fossero ragionevoli. Portatori di una ragione tollerabile agli occhi di padri che si titillano nel sogno perverso di durare in eterno da eterni adolescenti, impotenti innamorati del potere. Ne abbiamo allevato qualcuno perché ci facesse da ventriloquo con toni più convincenti delle nostre voci screditate, ma non funzionerà, non ha mai funzionato.

Non sono tanti, al momento, quelli che ci stanno preoccupando; possiamo ancora illuderci che i più possiamo ancora tenerli a bada continuando a rifornirli di gadget e snack moderatamente aggiunti di anfetamine e narcotici. Ma se non fossimo dimentichi della storia, compresa la nostra, ricorderemmo che bastano pochi a renderci la vita scomoda, a tenerci in angosciante sgomento e paura per tutti i giorni che Iddio manda in terra, e alla fine sono i pochi quelli che fanno saltare in aria tutta la baracca.

Maurizio Maggiani
Fonte: http://www.ilsecoloxix.it/
19.12.2010

via http://www.libreidee.org

L’Ungheria non può stare in Europa | PierGiorgio Gawronski | Il Fatto Quotidiano

Fonte: L’Ungheria non può stare in Europa | PierGiorgio Gawronski | Il Fatto Quotidiano.

Questa volta non è uno scherzo. In Ungheria da sei mesi governa il centro-destra. Ha il 70% dei seggi in Parlamento: la Costituzione non è più un problema! “Il popolo ha parlato: è la democrazia, bellezza!

E così, il governo ha fatto una nuova legge sull’informazione.

  • Ha soppresso tutte le redazioni che producono o diffondono informazione nelle radio e nelle televisioni: resta solo l’Agenzia di stampa governativa, che centralizzerà tutte le informazioni e le distribuirà personalmente ai media.
  • Sono previste multe salate per chi scrive articoli “non equilibrati politicamente”. L’equilibrio sarà valutato dal Garante per l’informazione. Il Garante per l’informazione sarà nominato dal Governo, sì.
  • E poi ci saranno altre multe per chi pubblica “informazioni contrarie agli interessi nazionali” (non si dice quali sono), o “lesive della dignità umana” (idem). Decide il Garante di cui sopra.
  • I giornalisti hanno, da ora in poi, l’obbligo di rivelare le loro fonti, pena sanzioni penali, quando ci sono “questioni legate alla sicurezza nazionale”, devono consegnare tutti i loro documenti e supporti elettronici su semplice richiesta del potere esecutivo. Anche se nessuno là fuori ha commesso un reato.

Mi fermo qui. Avete capito. Noto solo che da noi c’è un’arietta… come di gente che avrebbe tanto voluto fare come gli ungheresi… Andiamo al dunque.

Signor Ambasciatore della Repubblica Ungherese. Immagino che ci spiegherà che non abbiamo capito… Che è tutto un equivoco… Che il Suo Governo vuole solo razionalizzare, prevenire il terrorismo, garantire l’ordine pubblico… Ci spieghi! Qualche volta è duro persino fare il diplomatico. Qualche volta è duro essere Uomini.

Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana, on. Frattini. Lei crede che un paese che si dà queste leggi sulla stampa e l’informazione possa rimanere in Europa? E assumerne addirittura la Presidenza nel primo semestre 2011? Pensa che i cittadini Europei possano accettare di essere rappresentati da un governo del genere, che ha dimostrato chiaramente in patria che cosa ha in mente per loro? Intende prendere una posizione dignitosa e ferma, a parole e nei fatti? Oppure non trova poi così male il nuovo modello ungherese di “libertà di stampa”?

Onorevole Bossi: Lei crede che la gente del posto (molto incazzata per la crisi economica e per i comportamenti della “casta” dei politici ungheresi) abbia fatto bene a mandare al governo con una valanga di voti uno che aveva dichiarato: “Preferisco fare gli interessi del popolo ungherese piuttosto che quelli dei rom, e degli ebrei che cospirano per mandare a fondo tutto il mondo e anche il mio paese”, e “Anche oggi, a Gerusalemme, si insegna l’ungherese ai bambini, dicendogli che è la lingua della loro prossima patria!”. Non è che per caso, per questi signori che si apprestano a guidare l’Europa, ha in serbo una delle Sue colorite espressioni?

Aspettiamo di sapere.

‘Ndrangheta: 11 anni a ex consigliere regionale della Calabria Domenico Crea

Fonte: Antimafia Duemila – ‘Ndrangheta: 11 anni a ex consigliere regionale della Calabria Domenico Crea.

Undici anni e tre mesi di reclusione: è la condanna inflitta dal Tribunale di Reggio Calabria all’ex consigliere regionale della Calabria Domenico Crea, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito del procedimento chiamato «Onorata sanità». Il processo è scaturito da un’inchiesta riguardante presunti intrecci tra politica e ‘ndrangheta nella gestione del settore della sanità nel reggino che, nel gennaio del 2008, portò ad una serie di arresti tra cui quello di Crea. Nella passata legislatura Domenico Crea era entrato in Consiglio regionale subentrando, come primo dei non eletti, a Francesco Fortugno, il vice presidente dell’Assemblea ucciso in un agguato a Locri il 16 ottobre del 2005. Il Tribunale ha poi condannato a tre anni e tre mesi di reclusione il figlio di Crea, Antonio, attualmente detenuto, e a nove mesi la moglie di Domenico Crea, Angela Familiari, accusata di truffa. Nove mesi di reclusione sono stati inflitti all’ex direttore dell’Azienda sanitaria di Reggio Calabria poi divenuto collaboratore di Domenico Crea, Antonino Iacopino. Assolti da ogni addebito la figlia di Crea, Annunziata, due suoi collaboratori, Paolo Attinà e Giuseppe Scordo, per i quali era stata chiesta la condanna a sette anni di reclusione, ed il dirigente dell’Azienda sanitaria Mario Neri. Il Tribunale ha disposto anche l’interdizione dai pubblici uffici per Crea e la confisca del patrimonio sequestrato tra cui la clinica della famiglia Crea, Villa Anya. Per Domenico Crea l’accusa, sostenuta dai pm Mario Andrigo e Marco Colamonici, avevano chiesto la condanna a 16 anni di reclusione, mentre per il figlio erano stati chiesti 11 anni.

Le mani morte

Fonte: Blog di Beppe Grillo – Le mani morte.

Quando leggo i titoli dei giornali, di carta o on line, penso, non so perché, alla “mano morta“. Quella pratica di lasciar ciondolare la propria mano nei luoghi affollati alla “dove prendo prendo” il cui bersaglio è il culo di una signora (o di una “signorina“, come si usava dire un tempo). L’informazione è molesta, lasciva, disgustosa, come la bava di un vecchio porco. Infatti, non a caso, un vecchio porco è oggi la panacea dei quotidiani, che riempiono i fogli inchiostrati con le sue foto. Alcuni, i più devoti, gli dedicano 10/15 titoli al giorno. Un’informazione che mette una nullità assoluta come Gasparri in prima pagina e che dedica le sue inchieste a un pacco bomba nella metropolitana di Roma rivelatosi “materiale inerte“.
Una volta, negli anni ’70, c’era un grande giornale di satira politica. Si chiamava: “Il Male“. Sono rimaste celebri una foto di Aldo Moro prigioniero delle BR, trasandato, la barba incolta, con la frase “Scusate, abitualmente vesto Marzotto” e una vignetta dove una donna vietnamita in fuga tra le onde, come tanti boat people, alla domanda del figlio: “Cos’è il comunismo, mamma?“, risponde “Zitto e nuota“. In seguito venne “Cuore” con una rubrica dal titolo “E chi se ne frega” che riportava titoli come: “Un gattone di Treviglio forse rapito in cortile. La Notte” e “Facevo politica nell’Unione goliardica. Claudio Martelli. L’Espresso“. I giornalisti di quell’epoca scrivono ora sui giornali più importanti. Il “E chi se ne frega” si è trasferito con loro nelle redazioni, è diventato la notizia principale, quella di cui non ci può fregare di meno. In compenso i fatti si sono trasferiti nei trafiletti in ventesima pagina. E’ un travaso avvenuto sotto i nostri occhi. La merda è venuta a galla piano piano e li si è fermata. Nelle edicole, nei siti on line, nella lettura dei quotidiani alla radio, nella sottolineatura con il pennarello dei titoli dei quotidiani nelle trasmissioni televisive, l’informazione è morta.
In ordine sparso sulle testate nazionali odierne: “Barbara Berlusconi attacca la Carfagna: ‘Almeno abbia il pudore di tacere‘.” “Bondi pianista” “Cinema, aumento biglietti“. Un circuito chiuso dove si ricicla l’ovvio e si addormentano le coscienze al servizio dei partiti, della Confindustria e della propria fazione. L’opinione che sostituiva e manipolava i fatti è roba ormai di un’altra epoca. I fatti non esistono più, sono stati sostituiti dal gossip. Dagospia è meglio di qualunque giornale. I 329 milioni di euro regalati all’editoria nella Finanziaria e sottratti alla scuola e alla sanità sono uno spreco ormai intollerabile per produrre rifiuti tossici non riciclabili.