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Blog che non servono a niente

Fonte: Blog che non servono a niente.

Qualcuno dice che  i blog non servono a niente. Non la pensano così alla Procura dell’Aquila, che oggi ha formalizzato l’iscrizione nel registro degli indagati di 9 nove persone collocate ai più alti vertici della Protezione Civile e dell’INGV – l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – con l’accusa di omicidio colposo. Durante le indagini, come mi è stato confermato dal coordinatore delle stesse, sono state consultate anche molte delle inchieste di Byoblu.Com.  Tra queste La videocassetta che uccide, la testimonianza della censura che alti profili istituzionali legati alla Commissione Grandi Rischi del 31 marzo 2009 hanno imposto a una troupe Rai che aveva appena realizzato, nello stesso giorno, un’intervista a Giampaolo Giuliani.
Mentre Bernardo De Berardinis, il vicecapo della Protezione Civile che sarebbe anche coinvolto nell’accusa di procurato allarme piovuta su Giuliani per gli inesistenti fatti di Sulmona, durante la conferenza stampa che si tenne alla fine dei lavori della Commissione Grandi Rischi diceva “La comunità scientifica conferma che non c’è pericolo, perché c’è uno scarico continuo di energia; la situazione è favorevole“, nella sala di rilevamento allestita da Giuliani per volontà del sindaco Cialente, sotto alla scuola De Amicis, nonostante l’avviso di garanzia il tecnico aquilano diceva a una troupe Rai che si aspettava altri forti terremoti, ed addirittura un evento molto forte in meno di una settimana. Sei giorni dopo, la catastrofe.

Dovevano passare otto mesi perché Giuliani venisse completamente prosciolto dall’accusa di procurato allarme, e ancora adesso la leggenda metropolitana alimentata da uno dei più grandi tentativi di mobbing su vasta scala che il degrado politico, scientifico e morale di questo paese potesse mai partorire stenta a soffocare la sua eco, con un duplice incalcolabile danno. Il primo sofferto dalla popolazione abruzzese che, in conseguenza dell’avviso di garanzia, non ha potuto essere allarmata da Giuliani quando i suoi sistemi gridavano di abbandonare la nave; il secondo inflitto all’immagine stessa della ricerca sulla prevedibilità dei terremoti che ancora oggi, complice la disinformazione dei media, sconta i famigerati fatti di Sulmona, anche se nel fascicolo accompagnatorio al proscioglimento totale il gip di Sulmona si spinge addirittura a riconoscere i legami tra le emissioni di radon e il verificarsi dei terremoti.
Altri sei mesi, dopo il decadimento di ogni accusa nei confronti di Giampaolo Giuliani, e gli stessi nomi accusati dal documento La videocassetta che uccide vengono ora indagati dalla Procura dell’Aquila per omicidio colposo. Tra le prove raccolte figura proprio l’intervista a Cristiano, l’operatore Rai che ho incontrato lo scorso settembre a Bologna, e il materiale su Giuliani girato dalla Rai alla De Amicis, che l’assalto dei pirati dell’informazione in acque internazionali, ovvero nel tratto autostradale tra L’Aquila e Roma, ha sequestrato perché non andasse in onda. Tutto materiale disponibile come extra nel doppio dvd INTERNET for GIULIANI, che si può acquistare per sostenere l’informazione libera del blog.

Adesso, dopo che perfino schegge impazzite dell’INGV scoprono il radon e si mettono al lavoro per mettere in relazione, quantitativamente, le emissioni di questo gas con la probabilità che si verifichino forti sismi – con l’obiettivo dichiarato di brevettare il sistema – per coloro che alla fine della Commissione Grandi Rischi si telefonavano per ridere alle spalle di quello scemo di Giuliani i tempi si fanno decisamente duri.

Del resto, non può mica piovere per sempre.

Antimafia Duemila – Sabina Guzzanti: la mia Aquila

Antimafia Duemila – Sabina Guzzanti: la mia Aquila.

di Sabina Guzzanti – 5 maggio 2010
Il documentario sul sisma parteciperà al festival di Cannes fuori concorso. “Bertolaso dice che il film è solo un mio punto di vista: dovrebbe dare un’occhiata ai commenti sul blog”

Cari lettori del Fatto – come si dice target del mio stesso target – scrivo qui per annunciarvi personalmente che Draquila è pronto e vi attende nelle sale. Dura un’ora e mezza ed è la sintesi di un anno di lavoro iniziato a maggio dell’anno scorso, quando mi sono arrivate all’orecchio strane voci su quello che stava succedendo nella zona terremotata. Ho fatto un po’ di ricerche, ho aspettato che passasse il G8 e sono partita. Dopo aver parlato con tanti cittadini mi è sembrato che L’Aquila fosse una porzione di realtà ideale per raccontare l’Italia di oggi. C’erano tutti gli elementi: la speculazione più cinica, l’assenza della politica, la propaganda sempre più spudorata, l’autoritarismo, la corruzione e l’alito della criminalità organizzata. Ho mollato quello che stavo facendo e ho cominciato a girare con una piccola troupe fatta di cinque persone, me compresa. Siamo stati a L’Aquila tantissime volte da luglio a marzo e abbiamo girato più di 700 ore di materiale. Il film è la sintesi dei racconti e dei ragionamenti che ho ascoltato e tutti gli incontri fatti sono serviti al progetto anche se non li ho montati. Quindi ringrazio ancora una volta tutti quelli che ci hanno concesso il loro tempo e le loro documentazioni.

Mentre scrivo apprendo che Bertolaso ha dichiarato che portiamo a Cannes un’immagine sbagliata dell’Italia e che il mio è solo un punto di vista. Un punto di vista comunque abbastanza condiviso visto che quando ho chiesto agli utenti del blog di aiutarmi a trovare il titolo del film sono arrivate centinaia di proposte tutte dallo stesso punto di vista: Dove osano gli sciacalli, Lo specchio del reame, Anteprima dell’inferno, The marchigian candidate, I cacciatori di aquilani, Sciacalli in attesa di giudizio, Sciacallo pubblico, Qualcuno rubò sul nido de L’Aquila, Iene ridens a L’Aquila, Aquilopoli, Transilviania, Delinquo ergo sum, Le macerie della democrazia, In campeggio con Silvio, Sciacalli S.p.a., Protezione incivile, Sesso senza protezione, Feccia in libertà, Il conato della terra, Sanguisuga party, Grosso guaio a new town, Miraculo. E naturalmente Draquila il titolo che poi abbiamo scelto fra quelli proposti.

Per il resto che dire dell’inchiesta? Per scoprire cos’è diventata la Protezione civile c’è voluta una buona dose di intuito e talento investigativo. In pratica ho chiesto alla prima persona che ho incontrato e me lo ha spiegato. Ho chiesto conferme a destra e a manca e ne ho trovate a destra e a manca. Ho chiesto a quelli della Protezione civile e mi hanno risposto in modo da far cadere ogni sospetto, che me ne avrebbero parlato volentieri ma che se lo avessero fatto sarebbero stati licenziati in tronco o spediti in qualche magazzino fuori dal raccordo anulare a osservare il soffitto fino alla fine dei loro giorni. Immagino che il motivo per cui nessuno parlava della faccenda, nemmeno a sinistra dove un paio di senatori solitari si dibattevano nel vuoto, fosse la presenza nel Pd di Rutelli e il fatto che il partito fosse commissariato da Ruini. La difficoltà più importante che ho fronteggiato è stata riuscire a credere che quello che vedevo stesse succedendo veramente; credere che ci sia in giro tanta gente così spietata e tanta gente così semplice , che così tanti siano disposti a vendere quello che non si deve e che lo vendano per così poco; tanta gente così fanatica, gente così eroica gente così acrobatica. Gli italiani sono cambiati, sono cambiati tanto e questo nel film si vede. Se dovessi descrivere come siamo cambiati con le parole non saprei da dove cominciare.

Allora scrivendo per voi del Fatto non trovando una conclusione sono scesa al bar di sotto dove era accesa la televisione. Sgrano gli occhi per lo sgomento vedo i politici, uno ad uno, che sullo sfondo del Parlamento fanno un sermone sul pallone. Ho chiesto agli avventori se avevo un’allucinazione, se era Halloween o uno scherzo o che diavolo fosse successo. Mi hanno risposto coi volti scuri e il mio sorriso allora si è spento, mi sono messa ad ascoltare il signore che per primo ha iniziato a parlare: dice è successa una cosa mai vista, mai a memoria d’uomo, una cosa sconvolgente per quanto è meschina, per quanto è fetente. Fin da quando il mondo è mondo sempre si è combattuto: gli zenoti contro i romani, i semiti con gli indorai, i franchi contro i provenzali, i longobardi e i bizantini, i comuni italiani contro i comuni italiani, la Spagna cattolica contro figli dell’islam, gli indiani della prateria contro gli indiani dei grandi laghi, i francesi contro gli inglesi, i bretoni contro i sassoni, riforma e controriforma, Stanlio & Ollio, bionde contro more, gatto e topo, indù e musulmani, Annibale e Fabio Massimo, muto e sonoro, Apollo e Dioniso, Napoleone e gli aristocratici. Figurativi ed astrattisti e potrei andare avanti e lo sapete. Ma un popolo contro se stesso – continuava l’uomo del bar – questo non è mai avvenuto. Mai era accaduta una cosa del genere. Un fatto epocale, apocalittico senza precedenti: I tifosi laziali facevano la ola quando l’Inter segnava contro loro medesimi.

Senza casa né amore né poesia ahimè non si è più niente. Nessun sunnita applaude se uno sciita fa un discorso anche valido. E continuavano: non si è mai visto! Gli Shogun contro i cinesi; i Mongoli contro Kiev e Mosca, I Gesuiti contro i Francescani, i Suicidi e gli omicidi, non s’è mai visto. Di battaglie, di guerre se ne sono viste tante ma non si è mai visto qualcuno andare apertamente contro se stesso. E così sia pure con una grossa semplificazione ho trovato le parole per la conclusione. Come spiegare in poche parole questo declino totale? È come se un intero popolo di colpo fosse diventato laziale.

Tratto da: antefatto.ilcannocchiale.it

http://www.byoblu.com/post/2010/02/19/La-Rai-e-quellintervista-censurata-a-Giuliani-approdano-sul-Fatto-Quotidiano.aspx

Fonte: http://www.byoblu.com/post/2010/02/19/La-Rai-e-quellintervista-censurata-a-Giuliani-approdano-sul-Fatto-Quotidiano.aspx.

Rai, censurata intervista al sismologo
6 giorni prima del disastro

« Giampaolo Giuliani rilasciò un’intervista a una troupe Rai sei giorni prima del sisma che ha distrutto L’Aquila e mezzo Abruzzo, ma la messa in onda fu bloccata dalla telefonata di un membro della commissione grandi rischi. Su Byoblu.Com, blog di Claudio Messora, compare la testimonianza di Cristiano D., operatore di ripresa della Rai, componente della troupe che si recò a L’Aquila una settimana prima del devastante terremoto, dopo una scossa di entità inferiore che aveva causato comunque danni ad alcune abitazioni e scuole.
La troupe incontra Giampaolo Giuliani, non molto propenso a rilasciare un’intervista, prima di rivelare che una nuova forte scossa ci sarebbe stata da lì a sei giorni. “Non gli credevo, – afferma Cristiano D. – pensavo si trattasse di un mitomane, anche se ci faceva vedere dei dati“.
Mentre la troupe era di ritorno verso Roma “abbiamo ricevuto diverse telefonate da persone di alto profilo istituzionale, legate alla Commissione Grandi Rischi“, di cui fa parte lo stesso Bertolaso. “Ci diffidavano dal mandare in onda il servizio, che poteva provocare allarme sociale. Succede spesso in Rai, ma forse senza quelle telefonate qualcuno in più poteva essere salvato.” »

“7 giorni: la videocassetta che uccide”, sarà anche disponibile tra gli extra del doppio DVD INTERNET FOR GIULIANI, in imminente uscita.

ComeDonChisciotte – HAITI: VERSO UNA OCCUPAZIONE UMANITARIA ?

ComeDonChisciotte – HAITI: VERSO UNA OCCUPAZIONE UMANITARIA ?.

DI ROLPHE PAPILLON

Il crollo fisico di tutti gli edifici simbolici del potere in Haiti il 12 gennaio 2010, non è che una metafora. In realtà è da tempo che il palazzo nazionale non è più la vera sede del potere esecutivo e che le grandi decisioni politiche si prendono altrove e spesso anche al di fuori delle frontiere haitiane. L’esiguo numero di vittime registrate sotto le macerie del palazzo crollato mostra che lì dentro non c’era molto da fare alle 4,53 del pomeriggio di un paese in crisi (meno di una dozzina di morti contro i 300 dell’ufficio delle Nazioni Unite in Haiti).

Classificata come 146° su 177 nazioni secondo l’UNDP (United Nations Development Programme), la Repubblica di Haiti figura tra i 28 paesi più indigenti del pianeta. Su questa terra dove l’aspettativa di vita è inferiore ai 60 anni, la mortalità infantile supera il 130 per 1000 contro il 15 per 1000 dei vicini cubani, l’80% dei bambini soffre di malnutrizione e il tasso d’analfabetismo supera il 70%. Con queste cifre Haiti batte tutti i record di povertà in America. Dopo parecchi decenni, una ventina di famiglie si spartisce gelosamente e impietosamente l’80% della ricchezza nazionale mentre il popolo si batte ancora per ottenere i diritti elementari come ad esempio il diritto alla salute e alla sicurezza alimentare.

Quello che gli animali hanno già conquistato presso i nostri vicini Stati Uniti. In questa situazione già drammatica, il terremoto arriva come il colpo di grazia per la popolazione. Il mondo sembra infine colpito dalla nostra lenta agonia e la solidarietà internazionale si mobilita. Il discorso di Obama così come l’intervento di Kouchner sono stati confortanti, non avendo noi avuto la possibilità di ascoltare il capo di stato haitiano. Nelle prime ore che hanno seguito la catastrofe i dominicani, i messicani, i cubani, i venezuelani e tutti quelli che, per delle ragioni politiche evidenti, non sono stati visti alla televisione erano già sul posto. “La solidarietà è la tenerezza dei popoli”, si dice.

In questo affollamento di intenzioni nobili, i nostri aguzzini di ieri si sono trasformati davanti le telecamere in angeli redentori e volano in nostro soccorso al punto che certi haitiani ci vedono perfino una “chance” grazie alla quale le cose ad Haiti potranno finalmente cambiare.

Nella Storia, diceva Césaire, più importanti dei fatti sono i legami che li uniscono, le legge che li governa e la dialettica che li suscita. Si tratta qui di andare al di là delle immagini fast-food della televisione e delle idee preconcette per capire la complessità dei meccanismi che tendono a mantenere Haiti in questa situazione di povertà assoluta e di smantellarli, approfittando di questo nuovo slancio di solidarietà dei popoli verso gli haitiani, affinché tale slancio non sia votato al fallimento.

La lunga tragedia degli haitiani non è cominciata con la dittatura di Duvalier (1957-1986). Noi facciamo risalire questo pesante fardello molto più indietro, ai circa 3 secoli di schiavitù e ai 200 anni di disprezzo e incomprensione subiti per aver osato essere la prima repubblica nera nel mondo razzista e schiavista del 19° secolo. Come rappresaglia a questa doppia rivoluzione, allo stesso tempo antischiavista e anticolonialista, una umiliazione per la potentissima armata napoleonica, il paese ha dovuto pagare un riscatto colossale alla Francia corrispondente a 150 milioni di franchi d’oro (equivalenti all’incirca al bilancio annuale della Francia dell’epoca). Durante il 19° secolo, persino la lontana Germania è venuta a reclamare i suoi tributi ed esigere una fortuna a condizioni umilianti. Le loro navi da guerra ripartirono come rapinatori arroganti con il loro bottino di guerra. Noi gettiamo via il denaro, ci dicono i poeti, a fronte alta, l’animo fiero come quando si getta un osso al cane.
Nel 1915, la coesistenza pacifica in una nazione costituita da proprietari di schiavi e un’altra da schiavi ribelli, era inconcepibile. In conformità alla dottrina di Monroe e per impedire che dei nazionalisti come Rosalvo Bobo si impossessassero del potere, gli americani invasero Haiti. Come premessa a questa aggressione, la loro prima azione a Port-au-Prince fu di impossessarsi manu militari il 17 dicembre 1914 della riserva in oro del paese; un atto di banditismo internazionale (all’epoca, gli americani non avevano ancora inventato il concetto di stato canaglia).
L’occidente ha la memoria corta, ci dice Michel-Rolph Trouillot. Come quella di chi scrive la storia, la propria e quella degli altri, la Storia dei popoli è breve. E (noi) fieri della nostra memoria presa a prestito, ci dimentichiamo il ruolo stesso dell’Occidente.

Alla partenza degli americani nel 1934, il pregiudizio razziale dell’era coloniale viene restaurato. Essi hanno personalmente redatto una nuova costituzione per il paese e messo in piedi “le forze armate moderne”. Sono quelle che nel 1957 hanno insediato François Duvalier “uno dei dittatori più deliranti della Storia dell’America Latina, edificatore di quella che lo scrittore Graham Greene chiama una repubblica da incubo”.
Tra il 1957 e il 1986 (gli anni di Duvalier) il debito con l’estero si è moltiplicato di un fattore 17,5 raggiungendo i 750 milioni di dollari nel 1986. Con il gioco degli interessi e delle penalità delle istituzioni finanziarie internazionali, ha raggiunto la somma astronomica di 1884 milioni di dollari nel 2008, secondo il CADTM (Comitato per l’Annullamento del Debito del Terzo Mondo).
L’embrione dello stato moderno haitiano è stato costantemente e coscienziosamente distrutto dai nostri regimi autoritari, è un’evidenza. Ma, nel fare un bilancio, siamo obbligati a constatare che il dramma haitiano trova delle ragioni ancor più evidenti nell’aiuto internazionale inadatto, spesso incompetente e corrotto che in più impone scelte economiche e politiche al paese.

Le Nazioni Unite, solo per citare un esempio visibile, giustificano la loro presenza ad Haiti con la necessità di vincere la cosiddetta insicurezza anche se il paese presenta un tasso di criminalità inferiore a quello del Brasile (paese capofila della MINUSTAH, Missione di Stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti), inferiore a quello della Giamaica, della Repubblica Dominicana e della maggioranza dei paesi vicini. Il 3 novembre 2007, 111 soldati dell’ONU sono stati rimpatriati nei loro paesi dopo che un rapporto di inchiesta dei servizi di controllo interni alle Nazioni Unite (OIOS) aveva stabilito che le accuse di sfruttamento sessuale che li riguardavano erano fondate. Questi militari avrebbero ottenuto dei favori sessuali in cambio di denaro, da parte di ragazze minorenni. Avevate parlato di sicurezza? In 6 anni di presenza ONU ad Haiti, nessuna struttura seria è stata messa in atto e la speranza di un domani migliore non trova alcuna giustificazione se non nei loro discorsi di autolegittimazione e di autosoddisfazione arroganti e menzogneri.

All’indomani della catastrofe del 12 gennaio 2010, la MINUSTAH non ha mobilitato verso la capitale disperata nessuna delle sue truppe che sono in maggioranza dislocate sulle spiagge della provincia. Nella stessa Port-au-Prince, durante le prime dolorose 72 ore subito dopo il sisma, non ho visto nessun poliziotto o soldato della MINUSTAH all’opera. Sono rimasti con le braccia incrociate mentre in questa corsa contro la morte bisognava velocemente scavare e salvare vite umane. Questa occupazione travestita da missione umanitaria non costa meno di 600 milioni di dollari all’anno. Si può facilmente immaginare quanti ospedali, scuole, strade e acquedotti si potrebbero fare con un tale budget se noi, haitiani, avessimo il potere di sostituire questi “esperti internazionali” e questi generali con ingegneri e medici.

Contrariamente a una opinione generalmente accettata, in materia di corruzione, di progetti insensati e di dirottamento di fondi, gli haitiani non sono che dei pessimi apprendisti. La maggioranza di questi prestigiosi organismi internazionali sono nostri maestri e le lezioni sono dolorosamente care.

Se una soluzione haitiana alla crisi non viene messa in atto, il futuro di Haiti rischia di giocarsi nei prossimi giorni, fuori da Haiti e contro gli interessi degli haitiani invece che di venire stabilito con e per noi. Questa soluzione consiste innanzitutto nell’assicurarsi che le forze internazionali rispettino i propri limiti di intervento. Anche nella disperazione, la sovranità nazionale non è negoziabile.

Il massiccio aiuto internazionale dovrà essere sottomesso ad una leadership haitiana responsabile, che debba render conto ai donatori ed essere punibile davanti alla legge. L’aiuto dovrà essere adattato e rispondere ai bisogni e alle domande locali. Gli haitiani devono poter decidere se hanno bisogno di 12000 marines US o di 12000 medici e soccorritori all’indomani di un terremoto. A metà strada tra i paesi di Monroe e il Sudamerica che si definisce ormai bolivariano, il paese può ritrovarsi ancora una volta in mezzo ai conflitti geostrategici e la catastrofe haitiana rischia di servire alle potenze «amiche» di Haiti e alle loro dubbie ambizioni.

La carità, anche se disinteressata e generosa spesso causa degli effetti perversi. Gli haitiani non devono perdere di vista il fatto che a lungo termine, l’aiuto ci deve «aiutare a superare l’aiuto».

L’aiuto umanitario, se è serio e onesto questa volta, deve cominciare dall’annullamento incondizionato del debito di Haiti. Si tratta di mettere la parola fine alla spirale infernale dell’indebitamento e di arrivare a stabilire dei modelli di sviluppo sociale giusti ed ecologicamente durevoli (CADMT, Comitato per l’Annullamento del Debito del Terzo Mondo). Certe costrizioni imposte al popolo haitiano dalle istituzioni finanziarie internazionali nella loro implacabile logica del profitto nel lungo termine fanno tanti danni quanti quelli di un terremoto di magnitudo 7.3. Bisogna considerare il ritiro dei piani criminali di aggiustamento strutturale che consistono tra l’altro nel rendere lo stato ancora più vulnerabile e aprono la porta alle società transnazionali private. O ancora, abolire l’accordo di partenariato economico (APE) imposto dall’Unione Europea ad Haiti nel 2008 che instaura tra l’altro la totale liberalizzazione dei movimenti di capitale e delle merci. Insomma, ci assicurino che tutti questi biglietti promessi, se si concretizzano per una volta, non siano dei biglietti andata e ritorno.
Allora, infine, si potrà cominciare a parlare di ricostruzione. La prima cosa che bisognerà forse cominciare a ricostruire è l’immagine del paese che ci si accanisce a distruggere facendolo passare per un paese violento, oltre ad altre redditizie leggende. Non è con simili immagini false che attireremo dei turisti o degli investitori. Avete mai visto un paese che si sviluppa grazie all’aiuto umanitario?

Inoltre, se questa catastrofe ci insegna qualcosa è senza dubbio la necessità di decentralizzare il paese. Cominciamo a decentralizzare l’aiuto perché le province non toccate direttamente dal sisma ne hanno subito comunque le conseguenze. I donatori stranieri di buona volontà devono identificare e stabilire un ponte con le istituzioni locali e le organizzazioni di base che, prima della crisi, si interessavano già alle sorti di Haiti e hanno già dimostrato serietà ed efficacia sul campo, al fine di sostenerli nei loro sforzi di sviluppo in completa dignità.

In caso contrario, tutto porta a credere che in dieci anni, le gigantesche somme di danaro che stanno per essere raccolte saranno disperse invano, tra corruzione locale ed internazionale, progetti inutili e salari degli «esperti internazionali». Verremo allora incolpati di nuovo, noi haitiani, per la nostra «incompetenza».

Rolphe Papillon ( Giornalista, ex sindaco di Corail)
20.02.2010

Traduzione a cura di LUCOLI

Lettera a Michele Santoro – Marco Travaglio – Voglio Scendere

Fonte: Lettera a Michele Santoro – Marco Travaglio – Voglio Scendere.

Da il Fatto Quotidiano del 20 febbraio

Caro Michele,

ho riflettuto su quanto è accaduto giovedì ad Annozero. E, siccome è accaduto davanti a 4 milioni di persone, te ne parlo in forma pubblica. Parto da una tua frase dell’altra sera: “Parliamo di fatti”. Il punto è proprio questo. Si può ancora parlare di fatti in tv? Sì, a giudicare dagli splendidi servizi di Formigli, Bertazzoni e Bosetti. No, a giudicare dal cosiddetto dibattito in studio, che non è più (da un bel pezzo) un dibattito, ma una battaglia snervante e disperante fra chi tenta di raccontare, analizzare, commentare quel che accade e chi viene apposta per impedirci di farlo e costringerci a parlar d’altro.

La maledizione della par condicio, dovuta alla maledizione di Berlusconi, impone la presenza simmetrica di ospiti di destra e di sinistra. E, quando si tratta di politici, pazienza: la loro allergia ai fatti è talmente evidente che il loro gioco lo capiscono tutti.
Ma quando, come l’altra sera, ci si confronta fra giornalisti, anzi fra iscritti all’albo dei giornalisti, ogni simmetria è impossibile: quelli “di destra” parlano addosso agli altri e – quando non sanno più che dire – tirano fuori le mie condanne penali (inesistenti) o le mie vacanze con mafiosi o a spese di mafiosi (inesistenti). Da una parte ci sono giornalisti normali, come l’altra sera Gomez e Rangeri, che non fanno sconti né alla destra né alla sinistra; e dall’altra i trombettieri. Che non sono di destra: sono di Berlusconi. E non fanno i giornalisti: recitano un copione, frequentano corsi specialistici in cui s’impara a fare le faccine e a ripetere ossessivamente le stesse diffamazioni.

Invece di contestare i fatti che racconti, tentano di squalificarti come persona. Poi, a missione compiuta, passano alla cassa a ritirare la paghetta. E, se non si abbassano a sufficienza, vengono redarguiti o scaricati dal padrone. Non hanno una faccia e dunque non temono di perderla.
Partono avvantaggiati, possono permettersi qualunque cosa. Non hanno alcun obbligo di verità, serietà, coerenza, buonafede, deontologia. Non temono denunce perchè il padrone mette ogni anno a bilancio un fondo spese per risarcire i danni che i suoi sparafucile cagionano a tizio e caio dicendo e scrivendo cose che mai scriverebbero o direbbero se non avessero le spalle coperte. Come diceva Ricucci, che al loro confronto pare Lord Brummel, fanno i froci col culo degli altri.

Sguazzano nella merda e godono a trascinarvi le persone pulite per dimostrare che tutto è merda. E ci tocca pure chiamarli colleghi perchè il nostro Ordine non s’è mai accorto che fanno un altro mestiere. Ci vorrebbe del tempo per spiegare ogni volta ai telespettatori chi sono questi signori, chi li manda, quali nefandezze perpetrano i loro “giornali”, perchè quando si parla di Bertolaso rispondono sulle mie ferie e soprattutto che cos’è davvero accaduto a proposito delle mie ferie: e cioè che ho documentato su voglioscendere.it di aver pagato il conto fino all’ultimo centesimo e di aver conosciuto un sottufficiale dell’Antimafia prima che fosse arrestato e condannato per favoreggiamento, interrompendo ogni rapporto appena emerse ciò che aveva fatto (i due trombettieri invece dirigono e vicedirigono i giornali di due editori – Giampaolo Angelucci e Paolo Berlusconi, già arrestati due volte ciascuno, il secondo pregiudicato – e non fanno una piega).

Ma in tv non c’è tempo per spiegare le cose con calma. E, siccome io una reputazione ce l’ho e vi sono affezionato, non posso più accettare che venga infangata ogni giovedì da simili gentiluomini. Gli amici mi consigliano di infischiarmene, di rispondere con una risata o un’alzata di spalle. Nei primi tempi ci riuscivo. Ora non più: non sai la fatica che ho fatto giovedì a restarmene seduto lì fino alla fine. Forse la mia presenza, per il clima creato da questi signori, sta diventando ingombrante e dunque dannosa per Annozero. Che faccio? Mi appendo al collo le ricevute delle ferie e il casellario giudiziale? Esco dallo studio a fumare una sigaretta ogni volta che mi calunniano? O ti viene un’idea migliore?

La caduta – Pino Corrias – Voglio Scendere

Fonte: La caduta – Pino Corrias – Voglio Scendere.

C’è pure il caso che dopo aver scalato le vette della propaganda carismatica, issandosi sulle macerie de L’Aquila, sui morti, sulle tragedie dell’emergenza, incassando dirette televisive, carezze con telecamere, dichiarazioni commosse, funerali, spacciando promesse, lacrime e cantieri, il Cavaliere rotoli a testa in giù dentro ai burroni di queste nuove intercettazioni telefoniche e rivelazioni. Al fondo delle quali – oltre alle risate dei costruttori sciacalli – si rivela un sistema orizzontale di clientele che se ne frega di qualunque regola, si muove macinando appalti, promettendo ricompense, usando amicizie, appartenenze politiche, regali. Una rete che lega i costruttori ai politici, i politici agli spiccia faccende, gli spiccia faccende alle massaggiatrici. E’ l’Italia berlusconiana rivelata in bianco e nero, depurata dalle luccicanze della propaganda, dal servilismo dell’informazione, dalle reciproche omertà di un sistema politico – maggioranza e opposizione intrecciate – che usa in gran parte le stesse agende, le stesse cene, le stesse modalità inclusive di casta, o cricca, o filibusta. Per spartirsi il denaro prima di tutto e poi il potere. Per assumere i figli, i cognati, le mogli, le amanti. Per scambiarsi favori. Per regalarsi automobili e orologi, week end e mobilia, passaggi in elicottero, prostitute. Divorando tutto il commestibile a cominciare dalle aragoste.

Può pure non piacere, ma i nerissimi scenari di mafia che si intravedono sul palcoscenico dei processi – l’origine dei soldi, la nascita di Forza Italia, le trame della trattativa, eccetera – indignano fino a un certo punto l’opinione pubblica, avvalorano convinzioni, ma anche sospetti, sono permeabili alle più stravaganti teorie del complotto, generano scandalo, ma anche incredulità. Ma se è la pelle dei terremotati a entrare in scena – attraverso gli appalti concordati, gonfiati, spartiti dentro a uno scambio fraudolento di incassi economici e vantaggi politici – allora la musica potrebbe cambiare in fretta. E radicalmente. Trasformando uno volta per tutte l’indignazione in furore.

Il terremoto delle bugie – Pino Corrias – Voglio Scendere

Il terremoto delle bugie – Pino Corrias – Voglio Scendere.

Aveva detto che avrebbe passato agosto a L’Aquila, tra i terremotati, e non era vero. Aveva detto che il 4 settembre avrebbe consegnato le prime case a Cese di Preturo, e non è accaduto. Aveva persino detto (il giorno dei funerali con gli occhi lucidi, carezzando orfani) che avrebbe ospitato famiglie di terremotati nelle sue ville, ma nessuno ha mai ricevuto un simile invito.

Tutte le promesse che Silvio Berlusconi affida ai suoi molti telegiornali sono bugie con gambe talmente lunghe e veloci che si fa fatica a inseguirle per verificarle. Fanfare e riflettori le mettono in circolazione (“prima dell’inverno tutti avranno un tetto”) ma finiscono per accumularsi sul palcoscenico della perpetua commedia che ci governa.

Dice Stefania Pezzopane, presidente della Provincia: “C’è un grande malessere in giro. Ci sentiamo ingannati e compressi. Assediati dal tempo. Dispersi. Senza certezze”. Ora che a L’Aquila sono cominciate le piogge, 17 mila terremotati vivono ancora nelle tende e 30 mila sono sparpagliati negli alberghi. Non si sa quante scuole riapriranno. Mancano ancora le graduatorie per l’assegnazione delle nuove case. In compenso i cassintegrati sono saliti a 16.500 e un piano di rilancio produttivo non si è fatto. Tensioni crescono. Solidarietà evaporano. Burocrazie impediscono piccoli lavori e accesso ai rimborsi. Si dismettono le tendopoli, ma le nuove case restano un miraggio. I container utilizzati in Umbria potevano essere una soluzione per il primo anno, ma non sono mai arrivati per non offuscare il record della ricostruzione. Ora arriverà l’inverno e con la neve pure il buio delle telecamere.

Pietro Orsatti » Blog Archive » G8 e terremoto – Il Califfo, la Presidentessa e gli sfollati. Il trionfo delle facce toste al convegno dei giovani di Confindustria

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Definiamoli “dotati di faccia tosta”, e saremmo stati pietosi. Lo show di Silvio Berlusconi, il califfo della Certosa, al convegno dei giovani di Confindustria, a Santa Margherita Ligure in provincia di Genova, ha raggiunto il grottesco quando ha iniziato a parlare del prossimo G8 de L’Aquila di luglio. Ecco le sue dichiarazioni a proposito. Coinvolgendo “i migliori mobilieri italiani”, all’Aquila per il G8 “abbiamo completato 30 appartamenti secondo richieste dei singoli capi di governo. Sono venute le delegazioni ed hanno fatto richieste anche molto particolari”. “Abbiamo fatto tutto e saranno accolti in modo eccellente”, ha aggiunto: “Poi li porteremo in giro per i luoghi del terremoto”. Ecco spiegato perché è stato bloccato l’accesso all’area di Onna (il set preferito del nostro premier) sia ai giornalisti sia a molti lavoratori che stavano lavorando a piccoli cantieri privati. Che nessuno veda il set creato per i Grandi. Che nessuno si stupisca se comparirà un inizio di presunta ricostruzione in carta pesta, e mentre lui coinvolge i migliori mobilieri italiani perché non pensa all’accelerazione delle morti di anziani costretti nelle tende da un decreto confuso, che non prende atto della situazione confondendo emergenza con ricostruzione, come denunciato da un’inchiesta del mensile “Liberetà” che apre uno squarcio sconcertante sulla condizione della popolazione anziana abruzzese, colpita dal terremoto del 6 Aprile scorso e ancora accampata nelle tendopoli allestite dalla Protezione Civile. Caro premier, pensi meno agli stucchi e ai controsoffitti e faccia i conti con la sua scelta di tenere decine di migliaia di persone per mesi all’interno di tende, non tenendo conto di molti fattori ambientali, della composizione anagrafica dei senza casa. Le istituzioni sanitarie, quel poco che è stato messo in piedi dopo il sisma,  stanno facendo fronte ad emergenze inattese con scarsità di personale, mezzi e dotazioni sanitarie.
La  popolazione anziana, secondo “Liberetà”, rappresenta la grande maggioranza delle persone senza casa. Polmoniti, bronchiti, confusione mentale, disidratazione, sono alcune delle patologie che interessano gli anziani nelle zone del terremoto. E il premier ha continuato con alcune battute del teatro dell’assordo: “Entro fine novembre completeremo la consegna delle case agli sfollati.Un miracolo. Siamo sicuri che riusciremo a farlo è una sfida che abbiamo voluto lanciare”. La consegna delle case inizierà “a partire dal 15 settembre”. Prima di tutto si parla non di tutti gli sfollati ma di solo 10.000. Sempre che ci riesca prima delle nevicate e delle gelate, 20.000 persone almeno rimarrebbero senza un tetto sulla testa. E quindi in tenda. La dica tutta, caro Cavaliere. Gli aquilani lo hanno capito benissimo che cosa sta combinando, quale pasticcio mediatico-politico-pecoreccio ha delegato a un pezzo di questo Stato, la Protezione civile, che da “civile” si è trasformata in strumento e macchina di controllo e propaganda e erogazione (in deroga a ogni regola e controllo) di denaro pubblico. Certo, passando quasi indenne (vedremo fino a che punto) dalla congiuntura del voto europeo,lei, caro Cavaliere, si sente abbastanza tranquillo da sparare spacconate (oggi mi sento davvero pietoso e beneducato) sulla tragedia che stanno passando decina di migliaia di suoi concittadini. Ma si sa, un Califfo, un monarca assoluto, simpatico e “birichino” si può permettere tutto, vero? La pensa davvero così?
E andiamo alla seconda faccia tosta della giornata. La celebratissima presidente di Confindustria. Sul vertice all’Aquila del G8 la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che ha preso in gestione il centro della Maddalena destinato originariamente ad ospitare il vertice internazionale, denuncia un grave danno, rispondendo quasi con amarezza al premier Berlusconi che poco prima di lei, dal palco di Santa Margherita Ligure ha sottolineato le qualità della nuova struttura sull’isola sarda. Ed ecco la chicca della giornata. ”Abbiamo fatto i miracoli in Sardegna – ha detto Berlusconi – e abbiamo gia’ un impegno per otto manifestazioni internazionali nel 2010 di cui la prima sara’ un incontro con la Spagna”. La presidente di Confindustria, ha replicato che lo spostamento all’Aquila del G8 seppur importante dal punto di vista simbolico, le ha procurato ”un grave danno economico”. Cara Mercegaglia, detto fra noi chi se ne frega. Si è fatta abbindolare dal venditore di Arcore? Ora si tenga, in silenzio, la fregatura. Farà sicuramente più bella figura.

Tornano le New town E gli appalti sono solo per le aziende del Nord : Pietro Orsatti

Tornano le New town E gli appalti sono solo per le aziende del Nord : Pietro Orsatti.

La Protezione civile attiva le gare per le nuove case. I tempi di consegna, però, ritarderanno
di Angelo Venti su Terra
A quasi due mesi dalla scossa del 6 aprile, la Protezione civile ha avviato le procedure per costruire le prime case per i terremotati abruzzesi. «Entro il 15 settembre – aveva promesso – troveranno un tetto 13mila aquilani». Difficilmente, però, questa ennesima promessa potrà essere rispettata.

Terremoto – «La ricostruzione è già iniziata», nessuno sa dove – Pietro Orsatti

Terremoto – «La ricostruzione è già iniziata», nessuno sa dove – Pietro Orsatti.

Silvio e le sue tante versioni sulla rinascita de L’Aquila. Intanto alcune indiscrezioni mostrano un quadro tutt’altro che rassicurante sull’attuazione del piano Case
di Pietro Orsatti e Angelo Venti su Terra

Il blog di Alessandro Tauro: La bomba “Abruzzo” nel paese dove gli ordigni non esplodono

Il blog di Alessandro Tauro: La bomba “Abruzzo” nel paese dove gli ordigni non esplodono.


Il video delle contestazioni contro il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nelle zone del terremoto.

In un paese normale, un paese fatto di individui interessati a qualcosa che non sia soltanto gossip o reality, un paese caratterizzato da una classe politica che, seppure spesso corrotta, sappia come scrivere una legge, in un paese di questo tipo le notizie che sto per riportare avrebbero dato vita ad un terremoto politico di dimensioni quasi irreali.

E curiosità vuole che sia un terremoto, il terremoto, quello vero, ad essere la causa dei fatti che seguiranno.

Ma questo terremoto, come i cittadini abruzzesi temevano sin dal 6 aprile scorso, ha già lasciato il passo ad argomenti reputati “molto più importanti” (il caso Noemi Letizia, i sondaggi di Re Silvio, le finti crisi del governo siciliano di Lombardo, gli scazzi tra Franceschini e i Piersilvio d’Italia e l’aereo di Schifani) e ha portato, ancora una volta, le popolazioni terremotate d’Italia verso l’oblio.

Un oblio che potrebbe essere giustificato se tutta l’emergenza terremoto venisse combattuta e risolta in modo coerente. Sappiamo bene che non è così e lo sapremo meglio nelle prossime righe.

FONDI PER LA RICOSTRUZIONE

I fondi messi a disposizione dal governo per la ricostruzione dell’edilizia privata consistono in 3,1 miliardi di euro disponibili per il periodo che va dal 2010 al 2032 e 2,9 miliardi (aggiunti al decreto solo dopo il passaggio al Senato) disponibili solo dal 2033.
Escludendo questo secondo fattore di spesa (perché è alquanto stupido nonché offensivo immaginare famiglie che rientrino in possesso delle proprie abitazioni nel 2050), i fondi realmente previsti per la ricostruzione ammontano a 3,1 miliardi spalmati in 24 anni.

Per fare un paragone operativo, prendiamo in considerazione il terremoto dell’Umbria e delle Marche dell’autunno 1997. Il governo Prodi stanziò allora per l’edilizia privata 3,5 miliardi per il solo periodo 1998-2008.

3,5 miliardi in 10 anni per 22604 sfollati nel 1998, secondo quanto deciso dal primo governo Prodi.
3,1 miliardi in 24 anni per oltre 65000 sfollati nel 2009, secondo quanto deciso dal quarto governo Berlusconi.

A questo punto dubito che sia necessario un economista per spiegare la profonda diversità di trattamento riservata alle due martoriate popolazioni.


LA REGIONE ABRUZZO SAPEVA

La frase che si è sentita ripetere più spesso in queste settimane è stata: “I terremoti non si possono prevedere“.
E’ una frase che ha un suo senso, una sua spiegazione scientifica finora mai rovesciata con certezza. Ma è una frase che ha una sua importanza se si stabilisce che sia colpa del terremoto se oltre 300 persone hanno perso la vita nel capoluogo abruzzese e dintorni.
Ma non è così. Il terremoto non uccide, non nel 2009. Con le conoscenze edilizie di oggi, ad uccidere è l’incuria, la dabbenaggine e l’affarismo dell’uomo.

Ad uccidere, tra i tanti, sono stati i vertici della Regione Abruzzo che si sono susseguiti dal 2003 al 2009.
Nel 2003 la Regione Abruzzo commissionò alla Collabora Engineering SpA (una società con capitale misto pubblico-privato, finita sotto inchiesta per presunti interessi illeciti da parte della classe politica regionale abruzzese) un lavoro di censimento di tutti gli edifici pubblici d’Abruzzo allo scopo di valutare i costi di verifica ed adeguamento strutturale degli edifici.
Si temeva che diversi edifici non avrebbero potuto sopportare calamità gravi come un terremoto e si fece quindi una valutazione dei costi per la messa in sicurezza degli edifici, che terminò nel 2006.
Nel 2006 era già pronta la lista: 135 edifici nel solo Comune dell’Aquila che necessitavano di un immediato lavoro di messa in sicurezza. 3 anni fa.

La lista è inquietante: si va dal Terminal ARPA al Teatro Stabile, dall’Asilo Nido alla Prefettura, dall’Ospedale San Salvatore alla Casa dello Studente (in particolare questi ultimi due edifici in lista dimostrano come le autorità sapessero tutto fino in fondo).
Si sapeva tutto. Era tutto scritto nero su bianco. La cosa più buffa? Non è un documento segreto. E’ reperibile pubblicamente sul sito del SIGEOIS (Sistema Informativo per la Gestione degli Edifici e delle Opere Infrastrutturali Strategiche), accessibile dal sito della regione Abruzzo.
Basta iscriversi, fare una query di ricerca sui vari comuni abruzzesi ed ecco pronti date, cifre, proprietà e elenco dei problemi strutturali. E sono in mano alla regione Abruzzo da oltre 3 anni.

Le cifre sono spaventose. Per la messa in sicurezza dell’Ospedale San Salvatore servivano oltre 48 milioni di euro. 48 milioni per un edificio il cui costo finale si è assestato sui 100 milioni e che doveva essere, secondo le varie normative, rispondente ai requisiti anti-sisma.
Basterebbe questo per capire la quantità di reati edilizi compiuti nella costruzione dello stabile.

Ma se andiamo ad analizzare un edificio che aveva la stessa priorità di messa in sicurezza, qui l’indignazione si trasforma in incredulità. Sconcerto.
Perché se le cifre richieste per “assicurare” l’ospedale comunale erano, effettivamente, insostenibili in poco tempo, la storia cambia se si parla della Casa dello Studente, ristrutturata ben 3 volte sotto la direzione della Regione di Giovanni Pace (PDL), e rimasta comunque pericolante.
Ma qui il costo per la messa in sicurezza era di 1,470 milioni di euro. Un milione e mezzo di euro è il prezzo della vita di 11 ragazzi, studenti universitari.

La regione sapeva tutto. La regione di Giovanni Pace (PDL) e quella di Ottaviano Del Turco (ex PD). E probabilmente anche quella di Gianni Chiodi (PDL).

IL PIANO C.A.S.E.

Uno degli argomenti più controversi sulla gestione “terremoto” è rappresentato dalle casette d’emergenza, da costruire nei prossimi mesi, il cosiddetto piano C.A.S.E.
L’elenco delle promesse fatte e disfatte su questo tema mettono in luce la assoluta inesistenza di piani concreti e l’insicurezza costituita dai due protagonisti della ricostruzione: il premier Silvio Berlusconi e il Direttore del Dipartimento Protezione Civile Guido Bertolaso.
Basta dare una semplice occhiata al seguente elenco.

1 maggio 2009 – Guido Bertolaso: “3 mila case pronte entro settembre o ottobre“.
1 maggio 2009 – Silvio Berlusconi: “Le case saranno pronte entro l’inverno
2 maggio 2009 – Silvio Berlusconi: “Disponibili per i primi di dicembre, ma mettiamo in conto dei ritardi
6 maggio 2009 – Sito della Protezione Civile: “Le case saranno pronte prima dell’inverno
6 maggio 2009 – Silvio Berlusconi: “A settembre le prime case. Per dicembre disponibili tutte per 12 mila persone
8 maggio 2009 – Guido Bertolaso: “Entro il 30 ottobre contiamo di dare una sistemazione a chi non ha una casa
14 maggio 2009 – Silvio Berlusconi: “Entro il primo novembre case per 13 mila persone
29 maggio 2009 – Silvio Berlusconi: “La speranza è che entro la fine di novembre non ci siano più tende“.

La speranza. Benvenuti in Italia, dove il governo non utilizza il potere esecutivo quando serve. Ma si limita a sperare.
E a proporre vacanze in crociera per gli sfollati. Per quanti? 65 mila persone? O solo quelli in tendopoli? Con quali risorse economiche, visto che il decreto sui fondi in Abruzzo non prevede nemmeno una sicura copertura finanziaria?
Mancano i soldi per la ricostruzione, ma per un viaggio con Costa Crociere quelli ci sono sempre.

IL MANCATO CONTROLLO SU FONDI E APPALTI

Il 20 aprile il ministro Renato Brunetta, tronfio e fiero del maxi-sostegno popolare, dichiarava:
La ricostruzione in Abruzzo dovrà obbedire a criteri di efficienza e trasparenza e tutto questo sarà possibile se verrà messo tutto il sistema on line. Se tutti i beneficiari, le ditte, se tutti gli appalti e le spese saranno on line noi avremo 60 milioni di controllori. Un controllo vero e reale, non burocratico, fatto di carte attraverso le carte“.

Ancora oggi, però, sui siti internet del governo non c’è alcuna traccia, riferimento o resoconto dei 45 milioni raccolti con le donazioni. Non c’è un’indicazione delle destinazioni e né, tantomeno, di chi si occuperà dell’assegnazione. Per non parlare dei criteri.

I controllori non saranno 60 milioni, come annunciava entusiasta Ministro Insulto, ma saranno un po’ di meno. Cinque.
Una commissione di cinque elementi scelti dal governo controllerà la destinazione dei fondi. Una commissione che vede la presenza di spicco del senatore democratico abruzzese Franco Marini, l’uomo che non fu capace nemmeno di controllare cosa stava facendo il suo partito nella sua regione.

Per dimostrare però l’attaccamento ai principi di trasparenza, il premier Berlusconi ha annunciato che la prima gara tra le 13 finora lanciate è stata vinta da un’azienda abruzzese con sede a 5 chilometri da L’Aquila.
Fine delle informazioni. Fine della trasparenza.
L’annuncio è stato fatto, ma l’ufficialità ancora non c’è.
Chissà cosa ci aspetterà per le altre 12, quando anche la stampa si stancherà di riferire le varie assegnazioni. E chissà a cosa andremo incontro quando le ditte si divertiranno a subappaltare il 50% dei lavori (secondo quanto permesso dal governo in via eccezionale per l’Abruzzo, quando invece la normativa nazionale fissa un tetto del 30%).

LO SCIOPERO SEGRETO

In questi giorni tante e tante sono le testimonianze in rete di chi vive in prima persona, da triste protagonista, la vita nelle tendopoli, e parla del regime militare imposto, della Protezione Civile che stabilisce norme e regole nel dominio più assoluto, della mancanza di servizi e del rigido controllo su riprese, foto, incontri e visite di parenti ed amici.

In rete è possibile reperire una quantità stratosferica di queste informazioni. In TV un po’ meno. In TV si mostra solo ciò che è consentito mostrare. E nulla che vada al di là della tendopoli di Piazza D’Armi.

E così, assieme alla vita regolare di gruppo in tenda, si ignorano anche notizie come la protesta dei familiari degli studenti vittime del terremoto contro l’assegnazione “honoris causa” delle lauree alla presenza trionfante pre-elettorale del premier o lo sciopero annunciato dai Vigili del Fuoco contro la mancata assistenza del governo in termini di uomini e risorse.
Promesse, quelle del ministro Maroni, fatte settimane fa e completamente dimenticate nel corso dei giorni, secondo le accuse di tutti gli organi sindacali dei VdF.
Ma se chi lavora e dedica anima e corpo da mesi all’aiuto alla popolazione di migliaia di senza tetto arriva a scioperare contro il decreto del governo, possiamo immaginare quale possa essere il sentimento della popolazione abruzzese.

Ma Mr. 75% non se ne preoccupa. Chissà se avrà ragione…

FONTI:
Osservatorio Costruzione della Regione Umbria
Legge 61 del 30 marzo 1998
Le inchieste su Abruzzo Engineering

La lista degli edifici da mettere in sicurezza

L’Abruzzo dimenticato. Si lavora solo per il G8 – Pietro Orsatti

L’Abruzzo dimenticato. Si lavora solo per il G8 – Pietro Orsatti.

A cinque minuti da Onna lavora un’azienda di prefabbricati antisismici. Ma non ha ordini, per un conflitto tra amministrazioni locali e Bertolaso
di Pietro Orsatti da L’Aquila su
Terra

NAUTILUS: LETTERE DAL TERREMOTO – “HO VISTO L’AQUILA”

NAUTILUS: LETTERE DAL TERREMOTO – “HO VISTO L’AQUILA”.

A un mese e mezzo dal terremoto che ha devastato la provincia de L’Aquila, la situazione è tesa, drammatica e irrisolta.

Questa lettera è stata scritta da Andrea Gattinoni, un attore che si trovava a L’Aquila per presentare un film. Le parole sono dirette a sua moglie ma rappresentano un’efficace testimonianza per tutti quelli che a L’Aquila non ci sono ancora stati.

Voglio partire da qui per far luce su cosa sta accadendo in Abruzzo. Ho contattato volontari e abitanti affinchè ci fosse un supporto alle parole di Andrea o (magari) una smentita, perciò man mano che mi arriveranno altri riscontri aggiornerò questo blog.
Oggetto: HO VISTO L’AQUILA

Lettera a mia moglie scritta ieri notte
Ho visto l’Aquila. Un silenzio spettrale, una pace irreale, le case distrutte, il gelo fra le rovine. Cani randagi abbandonati al loro destino. Un militare a fare da guardia ciascuno agli accessi alla zona rossa, quella off limits. Camionette, ruspe, case sventrate. Tendopoli. Ho mangiato nell’unico posto aperto, dove vanno tutti, la gente, dai militari alla protezione civile. Bellissimo. Ho mangiato gli arrosticini e la mozzarella e i pomodori e gli affettati. Siamo andati mentre in una tenda duecento persone stavano guardando “Si Può Fare” . Eravamo io, Pietro, Michele, Natasha, Cecilia, AnnaMaria, Franco e la sua donna.
Poi siamo tornati quando il film stava per finire. La gente piangeva. Avevo il microfono e mi hanno chiesto come si fa a non impazzire, cosa ho imparato da Robby e dalla follia di Robby, se non avevo paura di diventare pazzo quando recitavo.

Ho parlato con i ragazzi, tutti trentenni da fitta al cuore. Chi ha perso la fidanzata, chi i genitori, chi il vicino di casa. Francesca stanno malissimo. Sono riusciti ad ottenere solo ieri che quelli della protezione civile non potessero piombargli nelle tende all’improvviso, anche nel cuore della notte, per CONTROLLARE. Gli anziani stanno impazzendo. Hanno vietato internet nelle tendopoli perché dicono che non gli serve. Gli hanno vietato persino di distribuire volantini nei campi, con la scusa che nel testo di quello che avevano scritto c’era la parola ‘cazzeggio’. A venti chilometri dall’Aquila il tom tom è oscurato. La città è completamente militarizzata. Sono schiacciati da tutto, nelle tendopoli ogni giorno dilagano episodi di follia e di violenza inauditi, ieri hanno accoltellato uno. Nel frattempo tutte le zone e i boschi sopra la città sono sempre più gremiti di militari, che controllano ogni albero e ogni roccia in previsione del G8. Ti rendi conto di cosa succederà a questa gente quando quei pezzi di ***** arriveranno coi loro elicotteri e le loro auto blindate? Lì???? Per entrare in ciascuna delle tendopoli bisogna subire una serie di perquisizioni umilianti, un terzo grado sconcertante, manco fossero delinquenti, anche solo per poter salutare un amico o un parente. Non hanno niente, gli serve tutto. (Hanno) rifiutato ogni aiuto internazionale e loro hanno bisogno anche solo di tute, di scarpe da ginnastica. Per far fare la messa a Ratzinger, il governo ha speso duecentomila euro per trasportare una chiesa di legno da Cinecittà a L’Aquila.

Poi c’è il tempo che non passa mai, gli anziani che impazziscono. Le tendopoli sono imbottite di droga. I militari hanno fatto entrare qualunque cosa, eroina, ecstasy, cannabis, tutto. E’ come se avessero voluto isolarli da tutto e da tutti, e preferiscano lasciarli a stordirsi di qualunque cosa, l’importante è che all’esterno non trapeli nulla. Berlusconi si è presentato, GIURO, con il banchetto della Presidenza del Consiglio. Il ragazzo che me l’ha raccontato mi ha detto che sembrava un venditore di pentole. Qua i media dicono che lì va tutto benissimo. Quel ragazzo che mi ha raccontato le cose che ti ho detto, insieme ad altri ragazzi adulti, a qualche anziano, mi ha detto che “quello che il Governo sta facendo sulla loro pelle è un gigantesco banco di prova per vedere come si fa a tenere prigioniera l’intera popolazione di una città, senza che al di fuori possa trapelare niente”. Mi ha anche spiegato che la lotta più grande per tutti lì è proprio non impazzire. In tutto questo ci sono i lutti, le case che non ci sono più, il lavoro che non c’è più, tutto perduto.

Prima di mangiare in quel posto abbiamo fatto a piedi più di tre chilometri in cerca di un ristorante, ma erano tutti già chiusi perché i proprietari devono rientrare nelle tendopoli per la sera. C’era un silenzio terrificante, sembrava una città di zombie in un film di zombie. E poi quest’umanità all’improvviso di cuori palpitanti e di persone non dignitose, di più, che ti ringraziano piangendo per essere andato lì. Ci voglio tornare. Con quella luna gigantesca che mi guardava nella notte in fondo alla strada quando siamo partiti e io pensavo a te e a quanto avrei voluto buttarmi al tuo collo per dirti che non ti lascerò mai, mai, mai.
Dentro al ristoro privato (una specie di rosticceria) in cui abbiamo mangiato, mentre ci preparavano la roba e ci facevano lo scontrino e fuori c’erano i tavoli nel vento della sera, un commesso dietro al bancone ha porto un arrosticino a Michele, dicendogli ‘Assaggi, assaggi’. Michele gli ha detto di no, che li stavamo già comprando insieme alle altre cose, ma quello ha insistito finché Michele non l’ha preso, e quello gli ha detto sorridendogli: “Non bisogna perdere le buone abitudini”.
Domani scriverò cose su internet a proposito di questo, la gente deve sapere.
Anzi metto in rete questa mia lettera per te.

Andrea Gattinoni, 11 maggio notte.

Terremoto – Ricostruzione, una farsa – Pietro Orsatti

Terremoto – Ricostruzione, una farsa – Pietro Orsatti.

Fondi scarsi e ancora scontri tra Protezione civile e amministrazioni locali. Le nuove costruzioni, pronte in 7 giorni, vengono bloccate. A farne le spese gli sfollati
di Pietro Orsatti da L’Aquila per Terra

L’Aquila e nella valle dell’Aterno, epicentro del sisma, l’atmosfera sembra congelata. Si gestisce, forzatamente, la vita nei campi. I lavori, in particolare nel centro storico, sono più o meno fermi. Di ricostruzione o meglio di pre ricostruzione, nemmeno l’ombra. Ma la militarizzazione del territorio rimane comunque invariata. «Siamo tanti, troppi e siamo inutili – racconta un agente di a un posto di blocco sulla statale 17 che segue la valle incassata fra Gran Sasso e Sirente e Maiella -. Abbiamo l’ordine di fare un tot di controlli ogni giorno, che servano o meno. Fra noi e le altre forze dell’ordine non c’è affatto coordinamento. Ieri abbiamo fermato un locale ed era la quarta volta in meno di mezz’ora. Era giustamente esasperato. Dopo il , di sicuro, diminuiranno il nostro numero. Ora l’ordine è farci vedere». Ma è vero che stanno smantellando i campi e molta gente sta rientrando in casa? «Ma dove?». Già, dove?


I trucchi del “decreto abracadabra” | BananaBis

I trucchi del “decreto abracadabra” | BananaBis.

IL RETROSCENA. Il contributo statale effettivo per ogni famiglia non sarà di 150 mila euro, ma di un terzo
Fondi “virtuali” e stanziamenti basati su previsioni di incassi crescenti delle lotterie

I trucchi del “decreto abracadabra”
ricostruzione diluita in 23 anni

di MASSIMO GIANNINI

Impegni solenni, progetti altisonanti. Garantiti dalle solide certezze del presidente del Consiglio. Ma se scorri il testo del provvedimento, ti accorgi che lì dentro di veramente solido c’è poco e niente.

Tutto balla, in quello che è già stato ribattezzato il “Decreto Abracadabra”. Le cifre, innanzitutto. Dopo il Consiglio dei ministri straordinario del 23 aprile, Berlusconi e Tremonti avevano annunciato uno stanziamento di 8 miliardi per la ricostruzione dell’Abruzzo: 1,5 per le spese correnti e 6,5 in conto capitale. A leggere il decreto 39, si scopre che lo stanziamento è molto inferiore, 5,8 miliardi, ed è spalmato tra il 2009 e il 2032. Di questi fondi, 1,152 miliardi sarebbero disponibili quest’anno, 539 milioni nel 2010, 331 nel 2011, 468 nel 2012, e via decrescendo, con pochi spiccioli, per i prossimi 23 anni. Da dove arrivano queste soldi? Il governo ha spiegato poco. Il premier, ancora una volta, ha rivendicato il merito di “non aver messo le mani nelle tasche degli italiani”. Il ministro dell’Economia si è fregiato di aver reperito le risorse “senza aumentare le accise su benzina e sigarette, senza aumenti di tasse, ma spostando i fondi da una voce all’altra del bilancio”.

Il “Decreto Abracadabra” non aiuta a capire. Il capitolo “Disposizioni di carattere fiscale e di copertura finanziaria” dice ancora meno. Una prima, inquietante cosa certa (come recita l’articolo 12, intitolato “Norme di carattere fiscale in materia di giochi”) è che la ricostruzione in Abruzzo sarà davvero un terno al lotto: 500 milioni di fondi dovranno arrivare, entro 60 giorni dal varo del decreto, dall’indizione di “nuove lotterie ad estrazione istantanea”, “ulteriori modalità di gioco del Lotto”, nuove forme di “scommesse a distanza a quota fissa”. E così via, giocando sulla pelle dei terremotati. Un “gioco” che non piace nemmeno agli esperti del Servizio Studi del Senato: “La previsione di una crescita del volume di entrate per l’anno in corso identica (500 milioni di euro) a quella prevista a regime per gli anni successivi – si legge nella relazione tecnica al decreto – potrebbe risultare in qualche modo problematica”.

Una seconda, inquietante cosa certa (come recita l’articolo 14, intitolato “Ulteriori disposizioni finanziarie”) è che altre risorse, tra i 2 e i 4 miliardi di qui al 2013, dovranno essere attinte al Fas, il Fondo per le aree sottoutilizzate, che dalla Finanziaria in poi è diventato un vero Pozzo di San Patrizio, dal quale il governo pompa denaro per ogni emergenza, senza che si capisca più qual è la sua vera dotazione strutturale.
E questo è tutto. Per il resto, la copertura finanziaria disposta dal decreto è affidata a fonti generiche e fondi imprecisati: dai soldi dell’Istituto per la promozione industriale (trasferiti alla Protezione civile per “garantire l’acquisto da parte delle famiglie di mobili ad uso civile, di elettrodomestici ad alta efficienza energetica, nonché di apparecchi televisivi e computer”) al trasferimento agli enti locali dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti.

A completare il gioco di prestigio contabile, non poteva mancare il solito, audace colpo a effetto, caro ai governi di questi ultimi anni: altri fondi (lo dice enfaticamente il comma 4 dell’articolo 14) potranno essere reperiti grazie alle “maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale, anche internazionale, derivanti da futuri provvedimenti legislativi”. Insomma, entrate scritte sull’acqua. A futura memoria. E a sicura amnesia.

Ma non è solo l’erraticità dei numeri, che spaventa e preoccupa nel “Pacchetto Ricostruzione”. A parte gli interventi d’emergenza, ci sono altri due fronti aperti e dolenti per le popolazioni locali. Un fronte riguarda l’edificazione delle case provvisorie (“a durevole utilizzazione”, secondo la stravagante formula del decreto) che dovrebbero garantire un tetto ad almeno 13 mila famiglie, pari a un totale di 73 mila senza tetto attualmente accampati nelle tendopoli. I fondi previsti per questi alloggi (nessuno ancora sa se di lamiera, di legno o muratura) ammonterebbero a circa 700 milioni. Ma 400 risultano spendibili quest’anno, 300 l’anno prossimo.

Questo, a dispetto del giuramento solenne rinnovato dal Cavaliere a “Porta a Porta” di due giorni fa, fa pensare che l’impegno di una “casetta” a tutti gli sfollati entro ottobre, o comunque prima del gelo invernale, andrà inevaso. Quasi la metà di loro (secondo il timing implicito nella ripartizione biennale dei fondi) avrà un tetto non prima della primavera del prossimo anno.

Un altro fronte, persino più allarmante, riguarda la ricostruzione delle case distrutte. Il governo ha annunciato “un contributo pubblico fino a 150 mila euro (80 mila per la ristrutturazione di immobili già esistenti), a condizione che le opere siano realizzate nel rispetto della normativa antisismica”.

Basterà presentare le fatture relative all’opera da realizzare, e a tutto il resto penserà Fintecna, società pubblica controllata dal Tesoro, che regolerà i rapporti con le banche. Detta così sembra facilissima. Il problema è che quei 150 mila euro nel decreto non ci sono affatto. Risultano solo dalle schede tecniche che accompagnano il provvedimento. E dunque, sul piano legislativo, ancora non esistono. Non basta. Sul totale dei 150 mila euro, il contributo statale effettivo sarà pari solo a 50 mila euro. Altri 50 mila saranno concessi sotto forma di credito d’imposta (dunque sarà un risparmio su somme da versare in futuro, non una somma incassata oggi da chi ne ha bisogno) e altri 50 mila saranno erogati attraverso un mutuo agevolato, sempre a carico della famiglia che deve ricostruire, che dunque potrà farlo solo se ha già risparmi pre-esistenti. Se questo è lo schema, al contrario di quanto è accaduto per i terremoti dell’Umbria e del Friuli, i terremotati d’Abruzzo non avranno nessuna nuova casa ricostruita con contributo a fondo perduto. Anche perché nelle schede tecniche del decreto quei 150 mila euro sono intesi come “limite massimo” dell’erogazione. Ciò significa che lo Stato declina l’impegno a finanziare la copertura al 100% del valore dell’appartamento da riedificare.

Nel “Decreto Abracadabra”, per ora, niente è ciò che appare. Man mano che si squarcia la cortina fumogena della propaganda, se ne cominciano ad accorgere non solo i “soliti comunisti-sfascisti” dell’opposizione come Pierluigi Bersani (che accusa l’esecutivo di trattare gli aquilani come “terremotati di serie B”), ma anche amministratori locali come Stefania Pezzopane, o perfino presidenti di Confindustria come Emma Marcegaglia, che l’altro ieri a L’Aquila ha ripetuto “qui servono soldi veri”. C’è un obbligo morale, di verità e di responsabilità, al quale il governo non può sfuggire. Lo deve agli abruzzesi che soffrono, e a tutti gli italiani che giudicano. L’epicentro di una tragedia umana non può essere solo il palcoscenico di una commedia politica.

Repubblica del 7.5.2009

La lista dei crolli annunciati | BananaBis

La lista dei crolli annunciati | BananaBis.

L’Aquila, ecco la lista dei crolli annunciati Uno studio del 2006: 137 palazzi a rischio


«Il Centro» recupera l’elenco dei palazzi con «criticità strutturali», molti dei quali sono stati rasi al suolo dalla scossa del 6 aprile. E’ l’elenco del rischio previsto già da uno studio del 2006. La Casa dello studente ad esempio aveva criticità strutturali del cemento. La Regione lo ha oscurato sul proprio sito, il Centro lo ha recuperato, la procura lo acquisisce per l’inchiesta sull’allarme prima ignorato e poi insabbiato

di Lorenzo Colantonio

L’AQUILA. Ecco la lista dei crolli annunciati, ecco l’elenco dei 137 palazzi pubblici dell’Aquila con «criticità strutturali», molti dei quali erano fragili come cartapesta e sono stati rasi al suolo dalla scossa del 6 aprile. E’ l’elenco del rischio previsto già dal 2006. La Regione lo ha oscurato sul proprio sito, il Centro lo ha recuperato, la procura lo acquisisce per l’inchiesta sull’allarme prima ignorato e poi insabbiato.

E’ all’ultimo posto della lista la Casa dello studente: 8 morti e cuore dell’inchiesta del procuratore Rossini e del sostituto Picuti.

LA MAPPA Gli edifici a rischio sisma e i danni subiti

ECCO LA PROVA. Nell’elenco «oscurato» si legge chiaramente che l’immobile di via XX Settembre presentava: «Criticità strutturali del cemento armato».

In un altro file, ripescato nel sito della Regione, compare anche una cifra: un milione e 470 mila euro. Era l’ingente somma consigliata per adeguare l’immobile: per farlo diventare a prova di sisma.

SI SAPEVA DA TRE ANNI. La fragilità del palazzo era nota già tre anni fa quando la società Abruzzo Engineering, ex Collabora Engineering, riconsegna alla Regione un vasto e costoso studio, richiesto dalla Protezione civile Abruzzo, sul «Sistema informatico per la gestione degli edifici e delle opere infrastrutturali strategiche», cioè su immobili pubblici frequentati da moltitudini di cittadini.

Erano palazzi da tenere sotto controllo, da tutelare, come la Casa dello studente che, nel sito, compare com’era prima del crollo, con i suoi 4 piani rasi al suolo dal terremoto delle 3.32.

ANCHE DUE FOTO. Era una bella giornata di sole quando il tecnico della società Abruzzo Engineering, all’epoca presieduta da Lamberto Quarta, ex segretario dell’ex presidente della Regione, Ottaviano Del Turco, scatta le due fotografie che pubblichiamo nella tabella di questa pagina e che la procura acquisirà insieme con le altre centinaia di informazioni contenute nel sito dei crolli annunciati, e tornate alla luce grazie all’indagine de “Il Centro”.

Informazioni come il file su palazzo Carli, di piazza Rivera, anch’esso ridotto a un cumulo di macerie. Anch’esso catalogato con gravi «criticità strutturali».

I LAVORI CONSIGLIATI.  Abruzzo-Collabora Engineering suggerisce, nel caso di palazzo Carli, di eseguire interventi di consolidamento per 5 milioni e 280 mila euro. Oppure l’ospedale San Salvatore che, nella tabella, riassumiamo per motivi di spazio in una sola riga, ma che nel documento di oltre 400 pagine ripescato da un server, che fino a tre giorni fa era inaccessibile, viene passata ai raggi X. Reparto per reparto, ciascuno dei quali ha lo stesso verdetto: criticità strutturali del cemento armato.

LA CIFRA RECORD. Sommando, sempre reparto per reparto, i costi dei lavori consigliati per l’ospedale si arriva alla cifra record di 50 milioni di euro. Con accanto una postilla che non è di poco conto, perché lo studio quantifica anche l’importo finanziabile per l’adeguamento della struttura, un importo pari a oltre la metà della somma che si sarebbe dovuto spendere. Ma a vederlo ora l’ospedale, con l’insegna precipitata, le crepe a forma di croce di Sant’Andrea su tutte le facciate e quelle 13 colonne tirate su con cemento depotenziato, ci si chiede perché il costoso studio sia rimasto un file oscurato.

Lo stesso discorso vale per tutte le sedi di facoltà universitarie, come l’edificio di via Assergi raso al suolo; la facoltà di Economia, crollata per metà; Ingegneria e Scienze della Formazione oppure Lettere, che aveva sede nel palazzo Camponeschi, sparita tra le macerie. Anche se in questi ultimi tre casi si scopre che lo studio commissionato alla società mista, pubblico e privato, che in Abruzzo si occupa di ambiente e territorio, ha il volto di una Cassandra distratta perché accanto alla frase «criticità del cemento armato» non c’è scritto «sì», anche se poi vengono consigliati lavori per 15 milioni di euro.

LE ALTRE GAFFE. Identica è la contraddizione che riguarda altre due strutture pubbliche ferite, spazzate via dal sisma: il palazzo del Governo e la Provincia. Il terremoto non ha dato scampo a entrambi, la prefettura è diventata l’immagine simbolo della devastazione. Ma se vai a leggere tra le righe della lista dei crolli annuciati scopri che in nessuno dei due casi venivano evidenziate «criticità strutturali».

E’ una sorta di giallo nel giallo, anzi nella catastrofe. Così come viene totalmente ignorato dalla studio di Abruzzo Engineering il palazzo di giustizia, il primo a essere stato sequestrato dalla procura dell’Aquila.

IL CAPITOLO DE AMICIS. E’ la scuola della strage evitata, leggendo la relazione scritta nel 2006 che la riguarda diventa anche la scuola del miracolo, della tragedia scampata per chissà quanti anni.

Sotto il titolo «Edilizia scolastica e rischi territoriali» infatti si legge: «Al momento del sopralluogo sulla struttura portante si è rilevato una fessura estesa per il 30 per cento del complesso scolastico e un livello massimo del danno valutato di grave entità (…) Si consiglia pertanto di tenere la scuola De Amicis sotto attento e costante controllo per evidenziare le evoluzioni delle lesioni». Sì, è stato proprio un miracolo.

Antimafia Duemila – Terremoto: Il satellite aveva previsto il sisma

Antimafia Duemila – Terremoto: Il satellite aveva previsto il sisma.


di Alessandro Farruggia – 28 aprile 2009

Le rivelazioni dei fisici russi Pulinets e Ouzounova: calore e gas sono le spie. Segnali chiarissimi dall”occhio’ in cielo, ma l’Italia non ha questo tipo di ricerca.
Che i fenomeni elettromagnetici associati all’attività sismica possano garantire una promettente linea di ricerca, tale forse da portare ad una previsione dei terremoti, è da tempo convinzione di un piccolo ma agguerrito gruppo di ricercatori. Tra loro i russi Pulinets — che ha avviato le ricerche nel 1994 e pubblicato i primi modelli nel 1998-2000— e Ouzounov, autori recentemente di studi pubblicati su “Physics and chemistry of the earth” (2006), su “Annals of Geophisics” (2007) e relazioni come quella presentata nel dicembre 2008 alla conferenza della American Geophisical Union. Sulle stesse linee di ricerca ci sono fisici americani, cinesi, indiani. E italiani. Ad esempio il gruppo di Valerio Tramutoli, dell’Università della Basilicata e dell’Imaa/Cnr, che nell’aprile 2008 ha pubblicato sul prestigioso “Annals of Geophisics” uno studio sulla rilevazione satellitare dei precursori termici in occasione del terremoto in Umbria-Marche del 1997. Trovando anche in questo caso correlazioni positive.

IL CAMPANELLO d’allarme era suonato eccome. Se fosse stata creata una rete di osservazione dei precursori sismici basata sulle tecniche di rilevazione satellitare sarebbe stato possibile “leggere”, anche in occasione del terremoto d’Abruzzo, dei chiari segnali precursori su scala regionale. Segnali ben più chiari del semplice radon rilevato da Giuliani e che avrebbero potuto utilmente allertare la Protezione civile.

Ma la rete non c’era e il segnale è andato tragicamente perso. A rivelarlo, dati alla mano, è il gruppo di fisici russi che ruota attorno a Sergey Pulinets (vicedirettore del centro di monitoraggio spaziale di Mosca, dopo essere stato all’Istituto di geofisica dell’università di Città del Messico e prima ancora all’Istituto per il magnetismo terrestre e la ionosfera Izmiran di Mosca) e a Dimitar Ouzounov (Nasa/Gsfc e Chapman university) che ieri ha presentato i dati in una comunicazione scientifica al congresso annuale della European Geosciences Union, in corso a Vienna.

DA ANNI — sottolinea Dimitar Ouzounov — osserviamo preventivamente alcune zone ad altissima sismicità come il Messico, la California, Taiwan, il Giappone e la penisola della Kamchatka (Siberia) per raffinare la nostra teoria sui precursori dei terremoti e inviamo molto riservatamente ad una rete di colleghi scienziati degli ‘alert’ preventivi. Tra queste zone sotto osservazione non c’è l’Italia, ma dopo il terremoto in Abruzzo del 6 aprile, anche alla luce dell’allarme lanciato da Giuliani, abbiamo però voluto analizzare in retrospettiva i dati del sensore del satellite americano Noaa-Avrr che misura la radiazione infrarossa”.

ABBIAMO studiato i dati dal primo marzo al 15 aprile — prosegue Ouzounov — e abbiamo effettivamente riscontrato un picco di radiazione infrarossa nella notte tra il 31 marzo e il primo aprile, che poi è crollato a partire dal 3 aprile. E’ un picco coerente con gli altri previsti dalla nostra teoria che abbiamo storicamente riscontrato da cinque a un giorno prima di altri forti terremoti e che interessa un’area di circa 300 chilometri di raggio tra Abruzzo e Lazio. E l’area nella quale si è poi verificato il terremoto è proprio al suo interno”. Il grafico, che pubblichiamo, parla da solo.

La radiazione termica (calore, ndr) — spiega il professor Sergey Pulinets — è causata durante la condensazione del vapore acqueo sugli ioni prodotti dalle emissioni di gas radon emesso dal sottosuolo in condizioni di stress sismico. Il riscaldamento raggiunge di media i 5 gradi Celsius ed è chiaramente osservabile dal satellite. Per evitare falsi allarmi, per esempio a causa di condizioni meteo particolari, noi integriamo i dati sul riscaldamento con tutta una serie di altri parametri, come il contenuto di elettroni nella ionosfera e la concentrazione di radon a terra. E i risultati sono molto buoni. Nel periodo marzo-giugno 2007, su 25 alert rilasciati, 21 erano esatti e 4 falsi allarmi”. Eppure i fisici russi sono cauti e non parlano ancora di previsione.

PER POTER avere una tecnica pienamente affidabile — osserva Ouzounov — dovremmo affinare ulteriormente il processo per almeno un paio d’anni. E farlo lavorando assieme ai colleghi italiani. Ce ne sono di molto qualificati”. Già, ma i soldi? “Non serve molto — ribatte Pulinets — per partire basta un laboratorio con 5 ricercatori, una linea dati ad alta velocità, un collegameto ai sensori già esistenti e dei team da inviare sul territorio”. Su 8 miliardi di euro già stanziati per l’emergenza Abruzzo, qualche spicciolo per avviare anche in Italia una linea di ricerca innovativa e promettente parrebbe cosa saggia. Ma chissà.

Cosa teme davvero chi attacca “Annozero” | BananaBis

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Contromano di Curzio Maltese

L’estate scorsa, in vacanza in California, ho assistito a un forte terremoto. La scossa era della stessa magnitudo di quella in Abruzzo, ma in un’area molto più popolata, San Diego e dintorni. Il bilancio è stato un morto, un anziano colpito da infarto. In California c’è un terremoto così quasi ogni anno. Nel Natale 2003 il sisma a nord di Los Angeles fu venti volte più potente di quello abruzzese, e vi furono due morti sotto le macerie.

Con questa esperienza alle spalle, ho seguito con incredulità i telegiornali e i talk show sul terremoto. Una passerella di politici e vip d’ogni genere, un libro Cuore di elogi alle autorità e alla Protezione Civile. Tanti comizi, poche domande, le mitiche battute del premier.

uno si aspetta che di questo si discuta, delle denunce fatte dalle vittime del terremoto. Ma no, naturalmente si discute di Santoro. L’oggetto della trasmissione, i fatti raccontati, sono già scomparsi. Santoro è fazioso, ecco il problema. E chi se ne frega. Sarà pure fazioso, ma ha mostrato facce, storie, scandali. E’ questo che conta. Che sia fazioso è un alibi. Nessuno davvero gli rimprovera di organizzare anche lui, come Vespa, Floris e tutti gli altri, i suoi salottini a tesi. Se da domani Santoro abolisse lo studio e non dicesse più una parola di commento ai servii, chiuderebbero davvero il programma.

A Santoro, a Gabanelli e a Icona si chiede di smettere di fare giornalismo, di andare in giro per il Paese a filmare fatti, luoghi e persone. Sono rimasti in tre, ma sono comunque troppi per un potere terrorizzato dall’idea che un giorno gli italiani riscoprano la realtà.

Cosa teme davvero chi attacca “Annozero” | BananaBis

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Contromano di Curzio Maltese

L’estate scorsa, in vacanza in California, ho assistito a un forte terremoto. La scossa era della stessa magnitudo di quella in Abruzzo, ma in un’area molto più popolata, San Diego e dintorni. Il bilancio è stato un morto, un anziano colpito da infarto. In California c’è un terremoto così quasi ogni anno. Nel Natale 2003 il sisma a nord di Los Angeles fu venti volte più potente di quello abruzzese, e vi furono due morti sotto le macerie.

Con questa esperienza alle spalle, ho seguito con incredulità i telegiornali e i talk show sul terremoto. Una passerella di politici e vip d’ogni genere, un libro Cuore di elogi alle autorità e alla Protezione Civile. Tanti comizi, poche domande, le mitiche battute del premier.

uno si aspetta che di questo si discuta, delle denunce fatte dalle vittime del terremoto. Ma no, naturalmente si discute di Santoro. L’oggetto della trasmissione, i fatti raccontati, sono già scomparsi. Santoro è fazioso, ecco il problema. E chi se ne frega. Sarà pure fazioso, ma ha mostrato facce, storie, scandali. E’ questo che conta. Che sia fazioso è un alibi. Nessuno davvero gli rimprovera di organizzare anche lui, come Vespa, Floris e tutti gli altri, i suoi salottini a tesi. Se da domani Santoro abolisse lo studio e non dicesse più una parola di commento ai servii, chiuderebbero davvero il programma.

A Santoro, a Gabanelli e a Icona si chiede di smettere di fare giornalismo, di andare in giro per il Paese a filmare fatti, luoghi e persone. Sono rimasti in tre, ma sono comunque troppi per un potere terrorizzato dall’idea che un giorno gli italiani riscoprano la realtà.

Antimafia Duemila – Dossier Abruzzo 4. 1992-93, Il biennio rosso

http://www.antimafiaduemila.com/index.php?option=com_content&task=view&id=15200&Itemid=48

di Alessio Magro – 24 aprile 2009
L’Abruzzo è investito dalla bufera giudiziaria che nel biennio ’92-’93 scuote il Paese. Mafia e politica, corruzione e affari, massoneria e infiltrazioni, al di là del dato giudiziario emergono intrecci perversi che fanno della regione un vero e proprio laboratorio politico-affaristico.

Lo rivelano le inchieste che partono da Milano, Firenze, Palermo, Palmi. Dalla Tangentopoli meneghina all’inchiestona sulle logge segrete del giudice Cordova a Palmi. Una bufera giudiziaria, quella del bienno ’92-’93, che investe in pieno l’Abruzzo.