ll Dott. de Magistris ha fatto delle scelte che io condivido, approvo e mi congratulo con lui e mi congratulo anche con il movimento politico che ha ritenuto di dare un segnale di grande dignità alla politica italiana e alla rappresentanza della politica italiana in Europa portando in quel consesso una persona che darà certamente lustro all’ Italia e che contribuirà a dare di questa magnifica nazione un’immagine un tantino più decente di quella che invece i nostri politici e i nostri rappresentanti di governo danno, danno non solo per le loro malefatte ma anche per il loro modo sconcio, scorretto, scurrile, volgare col quale si presentano in ogni consesso internazionale combinandone di tutti i colori in qualunque nazione del mondo. Io pensavo che il problema fosse solo in Svezia o in Francia, ma se va in Svezia, se va in Francia, se va in Inghilterra, ovunque va una volta fa le corna, una volta fa le pernacchie, una volta parla al telefono, un’altra volta dice una cosa che non dovrebbe dire e in ogni nazione ne combina una.
Mi riferisco a quel signore che bontà sua fa il presidente del Consiglio dei Ministri e che disse di me che io, io, mi vedete così, io ero il più grande scandalo della storia della Repubblica italiana. Lo disse nella pienezza delle sue funzioni, come rappresentante del governo italiano, del popolo italiano, del più grande partito politico che la storia della Repubblica italiana ha mai avuto, come capo della più grande coalizione di governo della storia delle Repubblica italiana. Lo ha detto in una manifestazione politica ed elettorale, in quella di Sassari e di Olbia determinando peraltro, con quella sua espressione la vittoria della coalizione politica che ha rappresentato ai danni del candidato del centro-sinistra Soru.
Il popolo sardo è stato preso in giro, il popolo italiano è stato preso in giro con un’ affermazione che è la più grande affermazione di falsità per un uomo come me che aveva avuto solo il coraggio di fare indagini su di lui, sui suoi sodali mafiosi, sul suo amico Marcello Dell’Utri e avere dato il mio contributo ai magistrati della procura della Repubblica di Palermo affinchè si affermasse la penale responsabilità nei confronti di un soggetto che è risultato colluso con la mafia, per aver contribuito nei processi in cui era imputato il suo amico e stalliere Vittorio Mangano che quest’ uomo ha portato a casa sua, che ha fatto sedere a tavola, che ha messo al cospetto dei propri figli, della propria moglie, della propria famiglia e che ha trattato come un pari un criminale e assassino condannato all’ergastolo per omicidio, che alla vigilia della campagna elettorale delle elezioni il presidente Berlusconi ha osato definire un esempio di moralità, un uomo di cui l’Italia doveva essere orgogliosa.
Io non faccio politica, non mi interesso di politica, non esercito il diritto di voto da diversi anni e peraltro a ben pensare penso proprio di si anche perché forse qualcuno mi ha dato l’opportunità per farlo e quindi è giunto il momento della rivolta. Non è retorica credetemi, chi ve lo dice, ve lo dice in una situazione di sofferenza e di prostrazione per avere visto colpita la propria vita, la propria carriera per delle accuse ingiuste, infamanti. Se io avessi commesso qualcosa, se avessi anche sbagliato, se avessi fatto anche un errore non dico con dolo, ma anche con colpa, se avessi fatto qualcosa che non dovevo fare, è giusto che io pagassi il mio prezzo alla giustizia. Non sono stati capaci nemmeno di imbastire delle accuse, se guardate i capi d’imputazione io sono stato accusato e perquisito dai carabinieri del Ros che sono venuti a casa mia, che sono entrati nella stanza di mia moglie che fa il magistrato al tribunale di Palermo, che cura i più importanti processi di mafia che si stanno facendo in questo momento nella città di Palermo nei confronti della cosca dei Lo Piccolo; perquisito dal Ros, perquisito da quegli uomini nei confronti dei quali avevo indagando, che avevo snidato come talpe alla Procura distrettuale antimafia di Palermo che si vendevano le informazioni alla mafia e che consentivano agli uomini della mafia come Guttadauro, come Bernardo Provenzano e altri di restare latitanti a vita, che informavano i politici corrotti e collusi con la mafia che nei loro confronti si stavano facendo delle intercettazioni telefoniche. Io sono quell’uomo che ha osato fare indagini a 360° senza mai guardare se l’indagato era un uomo di destra o di sinistra, rispettando comunque sempre tutti, dai pedofili, agli assassini, ai mafiosi, ai politici.
Credetemi non è una cosa bella subire quest’onta, non tanto perché subire un’indagine è una cosa normale, chi ha fatto indagini non soffre del fatto di essere indagato, chi ha fatto indagini soffre per il fatto che chi lo sta indagando si sa essere sicuramente molto più delinquente di chi viene indagato. Perché io avrei consentito a chiunque di fare delle indagini su di me ma non alle persone nei confronti dei quali stavo indagando. Io non posso consentire a un politico del quale stavo esaminando i suoi contati telefonici con i criminali, con i delinquenti, di cui stavo controllando per conto del Dott. de Magistris le intercettazioni dove si parlava chiaramente di tangenti. C’è un’intercettazione di Saladino, l’imprenditore, in cui si dice:” ricordati di metterti a disposizione di Rutellone” e poi quello gli dice :”ma non è meglio di Mastellone”. Questo che cosa significa secondo voi, mettersi a disposizione, quando gli dice “dai disposizioni alla Cristina” – che sarebbe la segretaria tesoriera – “di mettersi a disposizione di Rutellone o di Mastellone.”
Io stavo lavorando su quelle cose quando il Dott. de Magistris è stato fermato, è stato trasferito e quando quel signore che presiede il Copasir che si chiama Francesco Rutelli si è messo a capo, con l’accordo del centro, della destra e della sinistra per portarmi al linciaggio morale, me e tutta la famiglia, per estendere una perquisizione pure alla sede della Polizia di Stato senza nemmeno avere un mandato. Questi signori sono entrati in una caserma della Polizia di Stato e sono andati a perquisire gli uffici e persino l’armeria, dove io in venticinque di servizio non avevo mai messo piede, sapendo che non avrebbero mai trovato nulla, posto che quello che cercavano lo avevano già trovato e sequestrato presso il mio ufficio, dove non hanno nemmeno guardato i computer, dove non hanno nemmeno guardato le macchine, però dovevano andare in Polizia perché dovevano darmi lo sfregio, dovevano dare una tagliata di faccia alla Polizia di Stato, un’istituzione democratica di questa Repubblica che ancora sa alzare la schiena e sa, per quel grande controllo democratico che esiste all’interno della struttura della Polizia di Stato, ribellarsi e non consentire che il potere prevalga.
Sono stato pure sospeso dal servizio perché ho risposto in un blog agli insulti di un giornalista di Panorama che ha dato del bugiardo a me, ma ve l’immaginate dico il bue che da del cornuto all’asino? Perché io avrei fatto gli accessi all’anagrafe tributaria profittando della password di accesso che avevo avuto per fare le indagini sulla scomparsa della piccola Denise Pipitone, hanno pure avuto pure il coraggio di strumentalizzare la tragedia fra le più grandi tragedie della storia d’Italia della scomparsa di questa bambina, il dolore di una madre, il dolore di una famiglia, il dolore di una popolazione d’Italia che piange da quattro, da cinque anni appresso questa vicenda e strumentalizzarla per venirmi a perquisire e accusate ingiustamente, perché l’accusa era per aver interrogato delle persone di Milano perché non erano di Mazara, ma se noi la bambina l’abbiamo cercata ovunque, in qualunque parte d’Italia abbiamo cercato la bambina. A Milano abbiamo fatto le interrogazioni, vi ricordate la vicenda di quel video di quel metronotte, che aveva ripreso quella che sembrava essere la bambina, che poi si è dimostrato essere la figlia di una rom, e i rom sapete benissimo che hanno tutta una serie di telefonini non è che li vanno ad attivare con il passaporto, col codice fiscale ecc., sono insomma nomi così, spesso di fantasia. Per aver effettuato quegli accertamenti e verificare purtroppo, devo dire, che quella non era Denise io sono stato imputato, per aver verificato una vicenda, arrivò una telefonata a Federica Sciarelli a Chi l’ha visto,era una voce di una ragazza, una ragazza che diceva che aveva con lei Denise e faceva sentire la voce di una bambina. Immediatamente ci siamo messi in moto, tutta la macchina investigativa con i Carabinieri si è messa in moto per sapere chi era che aveva telefonato: quella voce era sicuramente di una bambina, quella ragazza diceva che aveva Denise. Grazie all’ aiuto di Federica Sciarelli siamo riusciti ad individuare il numero telefonico che aveva chiamato la segreteria di Chi l’ha visto, era un numero di Ragusa, era intestato a un extracomunitario, ho fatto subito gli accertamenti per vedere chi era quel soggetto di Ragusa, hanno fatto delle intercettazioni e le prime telefonate che si captano, che i Carabinieri sentono, dice no purtroppo è morta, è morta. Al che si precipitano tutti: il procuratore, i sostituti, i carabinieri e vanno a fare le perquisizioni a Ragusa e io gli faccio subito gli accertamenti per dove perquisito. Frattanto mi arrivano le intercettazioni, le sento bene, le guardo con più attenzione, mi sento quella prima e quella dopo: quelli stavano parlando di una pianta che era morta, non di una bambina, quella che aveva chiamato poveretta, era una povera handicappata, che così, in un momento forse di solitudine e disperazione ha visto comparire il numero della trasmissione Chi l’ha visto e aveva telefonato. Io li ho chiamati, gli ho detto fermatevi, ritornate, non perdete più tempo, purtroppo non è la bambina e fortunatamente quella che è morta è solo una pianta.
Bene, per avere fatto questi accertamenti i procuratori aggiunti di Roma, Nello Rossi e Achille Toro, soggetti che emergevano dalle intercettazioni delle indagini del Dott. Luigi de Magistris per fatti che riguardavano uno dei più grandi complotti, mi hanno ordinato la perquisizione dei carabinieri sulla base di atti totalmente infondati che il tribunale del Riesame di Roma ha dichiarato totalmente infondati. Nessun giornale ha osato scrivere queste cose, nessuna televisione ha osato dire queste cose e la mia disperazione non è che non l’abbia detto Emilio Fede in apertura del telegiornale, non che non l’abbia detto canale 5 in apertura perché io da loro non mi aspetto nulla e quando ci hanno provato a portarmi là per utilizzare, per strumentalizzarmi, per far comparire quella grande scritta che avete visto dietro di me:” Il più grande scandalo della storia della Repubblica”, quel giornalista Mentana che forse voleva fare un regalo al suo padrone, come io gli ho detto e gli ho ricordato, dopo avere fatto l’errore di intervistare Di Pietro nella puntata precedente e Saviano nella puntata precedente ancora, è saltato pure lui. Perché tutti coloro che ci hanno provato in questa vicenda sono saltati, tutti appena si sono avvicinati ai fili dell’alta tensione sono saltati. Io per quelle cose sono stato indagato, nonostante il Tribunale ha ordinato la nullità della perquisizione, i magistrati e i pubblici ministeri di Roma si rifiutano a restituire l’archivio, si rifiutano a restituire i dati dove c’è la storia di venti anni d’indagini, dove ci sono gli atti che li riguardano, dove ci sono le intercettazioni dove loro parlano per asservirsi al potere, per asservirsi al sistema, per barattare i posti ai Ministeri dove brigano sulle cose più sporche di questa repubblica. Io mi vergogno, io mi vergogno, io ho vomitato quando ho sentito quelle intercettazioni. Questa è la procura della Repubblica di Roma e chi la rappresenta.
Oggi il problema credetemi non è più solo la politica, non è più solo Berlusconi, oggi il problema è la Magistratura e l’informazione. Durante il fascismo nei sistemi dittatoriali c’erano le Veline, i giornalisti erano tenuti a dare le informazioni che il governo, che l’Ovra che era un reparto speciale della Polizia, l’organizzazione di vigilanza e repressione antifascista diffondeva, quantomeno c’era un sistema ordinatorio perché coloro che non stavano con il regime leggevano quelle veline e sapevano qual era il pensiero del regime. Oggi non c’è più nemmeno bisogno di questo, perché oggi sono gli stessi giornalisti che si censurano, si autocensurano nella speranza, nel tentativo di essere sempre più simpatici nei confronti del padrone, nei confronti del principe e alla fine la graduatoria si fa sulla base di chi è stato più bravo a censurare, a non fare passare le notizie che dispiacciono e a rendere sempre più magnifica, più bella l’inquadratura del principe. Persino i cameraman vengono bastonati o vengono premiati a seconda se la ripresa la fanno dal basso verso l’altro cosicché sembra più alto e slanciato o se la fanno di lato, se la fanno di profilo, se fanno vedere le rughe o i capelli finti perché pure nella testa i capelli sono finti.
Questa è l’Italia, questa qualcuno continua a chiamarla democrazia, gli Stati del mondo ci ridono tutti. Se non fosse per internet, se non fosse per la rete, se non fosse per i blog, se non fosse per la rivoluzione che network come Facebook e altri hanno fatto, io oggi sicuramente non sarei qua perché avrebbero osato fare qualunque e chissà quali altre cose pur di non consentirmi di esprimere. Io continuerò e continuo a fare il mio lavoro, io sono un uomo dello Stato, non mi sono mai sentito un uomo dello Stato come dal momento in cui mi hanno sospeso dal servizio della Polizia. In quel momento io mi sono reso conto che su di me c’era, nella mia piccola, nella mia modesta funzione la responsabilità di portare il riscatto dei tanti cittadini onesti, di quel popolo che non ne può più, che si ribella. Di quel popolo che in Italia, in Sicilia, a Palermo ebbe il coraggio all’indomani del 19 luglio 1992 di alzare la testa e di ribellarsi, di quel popolo che gridava nella cattedrale di Palermo, quando si organizzò quella scena ignobile dei funerali di Stato per i poveri agenti della scorta, dopo che la famiglia Borsellino aveva negato l’ assenso a che si facesse questa manifestazione e volle, e pretese che i funerali di Paolo Borsellino si facessero in privato. I politici riuscirono a convincere i poveri genitori dei poliziotti a fare i funerali di Stato per organizzare la passerella, poi dopo i funerali gli lasciarono le bare là e si dovettero pagare il conto loro, il papà di Emanuela Loi si è fatto il prestito alla Findomestic per pagare il trasporto della bara della figlia in Sardegna.
Questa è storia, questa è la storia d’ Italia, questa è la storia di questa nazione, di questo popolo che ha ucciso e ha fatto istaurare un sistema. Lasciamo perdere chi sono i mandanti occulti. Le indagini, vedrete nei prossimi mesi e nei prossimi anni quello che verrà fuori, le porcherie che hanno combinato in termini di azioni ed omissioni su quelle indagini. Non voglio parlare di cose delle quali parleremo dopo perché bisogna avere il coraggio anche quando si processa la mafia di processarla con le prove, con gli elementi, non con i finti pentiti altrimenti alle sentenze non ci crede nessuno, sono solo delle burle. Vi faccio una riflessione da poliziotto, da poliziotto semplice, da poliziotto di strada, di uno che è cresciuto facendo il proprio mestiere: se qui c’è una banca e c’è una rapina e i rapinatori scappano col bottino nella borsa, poi danno l’ allarme. A un chilometro da qua la Polizia ferma una macchina in corsa e trova un signore con la borsa e quelle sono le mazzette rubate nella banca perché c’è la matricola nella fascetta, secondo voi che prove più ci vogliono per stabilire che quello è il rapinatore? Ci vuole la dichiarazione del notaio, che cosa altro ci vuole? E’ chiaro che i ladri sono loro.
Bene, in Italia c’era una Repubblica, c’era un sistema, un sistema di corrotti, un sistema di delinquenti, di tangentisti ma c’era un sistema, c’era un Parlamento, c’era un Presidente della Repubblica che si chiamava Francesco Cossiga, che aveva rappresentato il peggio della politica italiana, il peggio della democrazia cristiana, il peggio nella scellerata gestione della lotta al terrorismo come Ministro dell’ Interno ma un uomo che giunto alla fine del settennato, della sua carriera, fulminato sulla via di Damasco aveva cominciato a picconare il sistema, a colpire a destra, a manca e i primi che colpiva erano proprio i suoi, quelli della democrazia cristiana. A quell’uomo fecero l’impeachement a quel punto perché quell’ uomo che avevano sostenuto, che avevano votato tutti, compresi quelli della sinistra e avevano appoggiato a diventare Presidente della Repubblica, quando cominciò a picconare lo fecero dimettere. Dovevano creare uno Stato nuovo, dovevano creare la seconda Repubblica e fecero le stragi. Chi c’è andato al governo dopo le stragi? Chi ha vinto le elezioni? Quale partito è nato dalle ceneri, dal sangue di quei del 23 maggio e del 19 luglio? A chi sono servite quelle due stragi? Non serve la prova della fotografia del rapinatore dentro la banca. Io lo avevo visto scappare a un chilometro da qua con la borsa in mano e con i soldi rubati dentro la banca, è la stessa cosa!
Questa è la verità, questa è la vera verità scomoda che hanno impedito di affermare in Italia e che vogliono impedire e quindi ogni scusa è buona. Io adesso mi scuso di avere rubato qualche minuto in più, ma devo fare una dichiarazione solenne. Io sono stato sentito l’altro giorno per una giornata intera a Caltanissetta, ho dato il mio contributo ai magistrati che stanno riaprendo le indagini su quelle stragi, io confido molto nella serietà e nell’onestà dei magistrati che in questo momento, sia a Palermo sia a Caltanissetta e sia a Firenze, stanno rivedendo alcuni aspetti di quelle vicende. Paolo Borsellino era entrato in un gioco più grande di lui, Paolo Borsellino aveva sentito Mutolo, Mutolo gli aveva fatto il nome di due persone, in particolare di Bruno Contrada e del giudice Signorino. Dopo che il giudice Signorino è stato interrogato a Caltanissetta per una giornata intera, siamo partiti insieme, lui con la sua macchina ovviamente e noi con la nostra. Lui andava più veloce, è arrivato a Palermo prima di noi, noi stavamo entrando a Palermo e ci hanno chiamato dicendoci che si era suicidato e per suicidarsi vuol dire che qualche motivo, poveretto, l’aveva, poveretto perché di fronte alla morte. Io ho assistito purtroppo alla sua di morte e poi ho assistito alla morte di un altro magistrato che è il procuratore di Cagliari, Luigi bombardini, anche quello suicidatosi dopo che lo abbiamo interrogato con gli elementi, con le prove in mano, coi contatti telefonici, coi tabulati che Caselli gli contestò uno per uno. Questi due magistrati, colpevoli o innocenti che fossero, i morti non si processano più e vanno rispettati, hanno avuto il coraggio di uccidersi e di suicidarsi.
I magistrati di Catanzaro su cui stavamo indagando col Dott. de Magistris, pur nostro malgrado il coraggio di suicidarsi non lo hanno avuto e hanno fatto pure carriera e il Dott. de Magistris è stato cacciato e io sono stato cacciato, inquisito e perquisito solo per avere fatto delle indagini su dei magistrati collusi con la politica. Questa è la verità. Paolo Borsellino aveva degli appunti, aveva delle annotazioni, Paolo Borsellino era andato al Ministero dell’ Interno dove c’era il capo della Polizia Parisi, Paolo Borsellino tentarono di fermarlo al Ministero dell’ Interno probabilmente non Parisi e probabilmente qualche altro che ricorda di non averlo incontrato, Paolo Borsellino non usava i computer a differenza di Falcone che provvederono a cancellare, Paolo Borsellino usava un’ agenda, un agenda rossa dell’ arma dei Carabinieri che gli aveva regalato Carmelo Canale puntualmente come ogni anno. Quell’ agenda è sparita dalla borsa in pelle che avete visto, quella borsa in pelle io l’ho esaminata, c’era intatto il costume di nylon blu, c’era il telefonino microtac, era incendiato perché era uscito dalla borsa, dentro la macchina era caduto durante l’ attentato. Di quel telefonino è rimasto un reperto che un familiare ha ricevuto, ha consegnato il telefonino alla procura perché era proprietà dello Stato, non lo era la batteria, la seconda batteria che il magistrato si era comprato. Questa è la batteria dello Star-Tac del Motorola che si è trovata intatta sul luogo della strage. La vedete ancora annerita – scusate mi commuovo perché ho visto quelle scene terribili che non dimenticherò mai -, questa è la batteria del cellulare microtac di Paolo Borsellino che porta ancora i segni di quell’incendio, di quella esplosione e che è resistita alla strage e che rappresenta oggi il riscatto degli italiani onesti. La batteria che è infiammabile è rimasta e l’agenda è sparita, in quell’ agenda ci sta lo schifo di questa nazione su cui hanno costruito i destini d’ Italia. Questo non può più essere consentito.